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Funzione socio-economica dell'Avvocatura

avvocavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOUn ordine professionale è molte cose ed una; parafrasando Giordano Bruno. Una struttura amministrativa, un istituto giuridico, un ordinamento, un centro di interessi, un soggetto politico, un fatto sociologico. Come in un blended, o se preferite in un Chianti; il mutare, anche solo di uno dei componenti la miscela; ne altera il sapore fino a renderla imbevibile. Nelle cose degli uomini poi, non è dato il nunc et semper; il gradimento, e l'efficacia cambiano con la storia, che non conosce progressi lineari ed infiniti. Se dunque l'Ordine è un ente pubblico associativo territoriale senza scopo di lucro, tuttavia è anche un associazione riconosciuta nella sua struttura. Come insegna P. Rescigno l'adesione dell'Avvocato all'Ordine mantiene "il carattere consensuale e quindi contrattuale, che è alla base dei gruppi, anche di quelli in cui ci troviamo inseriti con un carattere di necessità" (lectio: anno 2004/5 Univ. Suor O. Benincasa pag. 45). Storicamente infatti l'Ordine nasce nel 1804 e si consacra nel 1874 quando già gli Avvocati avevano una storia plurimillenaria di libertà e di servizio. Seguendo ancora Rescigno "Appartiene al nostro patrimonio costituzionale la regola che in linea di principio le formazioni sociali garantite non abbiano rivestire una particolare forma giuridica" (op. cit. 38); non è la personalità giuridica di diritto pubblico l'elemento ontologico. L'avvocatura svolge un lavoro intellettuale, ma certamente anche economicamente apprezzabile, poiché professionale e cioè a tempo prevalente e con impegno organizzativo, a volte anche minimo, ma certo stabile. È quindi portatrice di interessi che, con buona pace degli agitatori di cappi e similari; sono legittimi in una società democratica; come sostenuto anche da Dahrendorf (colpa però anche della nostra incapacità comunicativa se è ormai prevalente lo scemenziario della casta!!). Fermiamoci per ora alla percezione comune; è indiscutibile che l'avvocato svolga non solo la propria attività di prevalente interesse pubblico e di valenza costituzionale - già solo questo giustifica l'essere Ordine, ma anche una concorrente attività di assistenza e consulenza, a volte propriamente negoziale; che non essendo coperta da riserva può essere svolta da chiunque (forse qualcuno avrebbe dovuto spiegarcelo, invece di confondere la nostra speranza con la giurisprudenza costante; e spiegarlo anche all'esterno; chè gli avvocati in quanto tenuti al rispetto delle tariffe e della deontologia erano svantaggiati sul mercato. In breve l'Ordine regola sia l'agire pubblico riservato che quello economico privato dell'Avvocato, ma questa regola ha di fronte a se due distinte realtà disomogenee: il munus ed il libero mercato (che come insegna Irti non esiste in natura, ma è definito dalle regole date). Etsi ordinem non daretur; tuttavia non potrebbe negarsi agli Avvocati il diritto sancito dall'art. 2 Cost.; cosicché la loro organizzazione sarebbe comunque un soggetto socio-politico. Non v'è dubbio infine che l'Ordine, in quanto gruppo sociale, costituisce un ordinamento giuridico (Rescigno op. cit. pag. 39; S. Romano "L'ordinamento giuridico - Sansoni 1967"), cui sono ovviamente connaturati i tre poteri normativo, esecutivo e giudiziario; variamente atteggiati, ma certo separati essendo immanente nell'ordinamento costituzionale tale principio democratico. La domanda è dunque: come si pone oggi rispetto a tali concorrenti approcci l'Ordine definito dalle recenti norme? Madamina il catalogo è questo: incremento della burocratizzazione del rapporto con il cliente informative - ex privacy, mediazione - di varia natura scritte e sanzionate; delega gratuita di fasi del servizio giustizia, quali la gestione organizzativa del patrocinio dei non abbienti e della difesa d'ufficio. La recente sentenza SS.UU. (n. 1782 del 11/01/11-26/01/11 sulla natura tributaria dei nostri contributi associativi la dice lunga sulla burocratizzazione dell'Ordine nell'ambito dell'amministrazione; invadenza da parte dell'amministrazione sulla nostra organizzazione interna, con lo strumento del "parere vincolante" favorevole del Ministro in varie e delicate decisioni e l'offensivo potere attribuite al Presidente del Tribunale di scegliere i nostri "giudici" (qui e nel tirocinio si crea una zona opaca, che amplia quella dei consigli giudiziari; essi si bisognevoli di riforma) e prefigura la futura corvè; abolizione delle tariffe, ma non del tutto sostitute da uno strano marchingegno di cui è ancor presto dire (cfr: Condello, "I nuovi compensi... Guida al diritto sett. 2012); riduzione degli spazi di autonormazione con la continua integrazione a volte ridicolmente inutile, ex lege dei canoni deontologici; quanto alla riforma della fase territoriale del procedimento disciplinare basti qui dire che dimostra una totale sconoscenza di fatto e diritto dell'Istituto e, lunghi dal risolverne le vere strettoie (P. Sandulli - I nuovi percorsi della tutela, pag. 407ss. - Aracne 2006) se possibile le aggrava. Quanto all'organizzazione generale del servizio giustizia il messaggio è chiaro; tramite la riscrittura d'imperio delle circoscrizioni e l'istituzione di sezioni specializzate si è in grado di determinare unilateralmente la sorte socio economica dell'avvocatura e selezionare la qualità/quantità del servizio per territori e categorie. Per sintetizzare l'Ordine è oggi ridotto ad un ufficio tra i tanti, nei quali è articolata l'organizzazione del processo; in particolare la gestione e controllo di quel soggetto ineliminabile (almeno allo stato) che è il difensore. È tragica l'ipocrisia che stilla dall'art. 2, 3° del DPR 137/12; quando è proprio il Ministero, tra pareri vincolanti, riscritturazioni, tasse, tariffe fuori mercato, riserve ecc...; in grado di espungere selettivamente, sia pure a posteriori, gli Avvocati dall'Albo e dal mercato. Quel che qui rileva è ancora una volta l'insoluta commistione in unica normazione di due attività qualitativamente diverse, esercitate con unica struttura spazio-tempo dalla stessa persona. Figlia di tali confusioni è l'invadenza del consumerismo nel rapporto professione e nella giustizia come attività intellettuale. Aspettiamo la prima class action ex Lg 198/09 o l'inibitoria ex art. 37bis codice del consumo, aggiunto dall'art. 5 Lg 27/12. Si accelera dunque un processo porterà all'adozione di un modello di giustizia economicistico di tipo anglo-sassone; fondamentale tassello ne è la previsione di società professionali con soci di puro capitale. La mancata attuazione poi dell'OdG Calvi e del pregevole ddl Flick rende ancor oggi applicabile all'astensione forense le stesse regole incongrue dello sciopero economico-politico. Ma il vero "trappolone" sta nella formazione continua. La formazione riguarda allo stato 230.000 persone il che comporterà un onere organizzativo "continuo" insopportabile per gli ordini territoriali; aggravato da evidenti asimmetrie tra ordini metropolitani e ordini distrettuali, malgrado la loro riduzione in atto. Il CNF è ridotto ad un ufficio ministeriale addetto ai programmi scolastici soggetti al previo parere favorevole del Ministro. Tanto questo è vero che il previo parere favorevole diventa parere vincolante nella scelta degli enti terzi, anche di non iscritti all'albo che ex art. 7, 2° DPR 137/12 possono essere autorizzati all'organizzazione dei corsi. Il mega-business è in pieno sviluppo! agli ordini non resterà che aumentare la tassa annuale e realizzare ex art. 7, 5°, corsi in cooperazione o convenzione "con altri soggetti" (?). Già in una conferenza presso l'Università di Bologna nel 2008 avevo affrontato il problema, evidenziando come i redditi medi dei colleghi fossero nel 75% c/a dei casi incompatibili con i costi dei corsi di qualità e con la loro durata. Poiché però la violazione dell'obbligo di formazione è assistita da sanzione disciplinare avremo un evidente conflitto tra un Ordine che non può assicurare un servizio qualitativo e calmierato all'Avvocato precario, e che pure, lo stesso Ordine, dovrà sanzionare. Si profila un laissez-faire che aumenterà la distanza tra Baroni e contadini del diritto destinati ad un precariato perpetus. Affidarsi alle Regioni infine ex art. 117 Cost. e vana speranza come posso personalmente testimoniare. Alla società binaria corrisponde un'avvocatura binaria; la giustizia già lo è! La vicenda andrà letta quindi nell'ambito della crisi delle classi medie; qui non è possibile l'editore non ci da spazio. Eppure, se si avranno coraggio e lungimiranza qualcosa si potrà ancora fare per l'avvocatura e per la tutela effettiva dei diritti e degli interessi; e con le nostre sole forze. Ne parliamo alla prossima. Sursum corda. (Parte prima).

Avv. Roberto Zazza

Presidente del Forum delle Professioni

Delegato di Roma al Congresso di Bari

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