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Ingente quantità di stupefacenti

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOSin dall'entrata in vigore del Testo Unico sugli stupefacenti (d.lgs.309/90) si è discusso circa la necessità di definire l'ambito di applicazione della circostanza aggravante ad effetto speciale, comunemente ricordata, dell' "ingente quantità". Ed invero, l'art. 80 del T.U., (rubricato "Aggravanti Specifiche"), prevede la pena di anni trenta di reclusione nell'ipotesi in cui l'ingente quantità della partita illecita sequestrata, presumibilmente finalizzata allo spaccio, contenga, oltre la quantità di principio attivo vietata, anche sostanze che ne accentuino la potenzialità lesiva; in caso contrario la pena è aumentata dalla metà a due terzi. La genericità del dettato normativo, l'importanza dell'interesse tutelato e l'attenzione al principio di tassatività e determinatezza di ogni fattispecie penale, hanno imposto l'intervento sia della dottrina che della giurisprudenza e la conseguente elaborazione di diversi parametri di riferimento, entro i quali coordinare il concetto di ingente quantità. Sul punto, le teorie che, storicamente, hanno riscontrato maggiore aderenza, nonostante altri orientamenti "minoritari", sono state quelle della Saturazione e quella Nominalistica. In linea con la prima si pone la Sent. della Corte di Cassazione, IV sez. Penale, 10/04/2003 n. 29072, che, facendo proprio il principio della idoneità di ogni singola partita di droga rinvenuta a saturare una determinata area di mercato, estende l'intervento discrezionale del giudice di merito alla specificazione tassativa dei parametri territoriali, sociali, economici nonché temporali razionalmente seguiti per addivenire a quella pronuncia. Parametri che, intersecandosi tra loro, hanno dato vita ad un mercato illecito di sostanze stupefacenti, finalizzato allo spaccio, protratto per un cospicuo lasso di tempo, capace di soddisfare un numero elevato di fruitori. La teoria nominalistica, invece, fa riferimento alla attitudine della singola partita di droga, caratterizzata da un'eccezionale quantitativo rispetto a transazioni simili, a soddisfare un elevato numero di tossicomani. Anche se la teoria nominalistica, rispetto a quella della saturazione, è risultata, negli anni, quella maggiormente seguita, non si possono negare evidenti punti di interferenze reciproche; cosicché, essa, pur cercando di disancorarsi da criteri geo-economici, non ne prescinde totalmente; tanto è che arriva a fare riferimento a criteri costitutivi della teoria concorrente, quale l'ambito territoriale nel quale il giudice del fatto opera e l'eccezionalità della situazione concreta rispetto ad usuali transazioni, seppure illecite (in tal senso, Corte d'Appello di Milano, sez. II, 29 giugno 2006). Probabilmente, se si pensa al presupposto di ogni norma penale, la tutela di interessi costituzionalmente protetti, punti di contatto, non potevano mancare. Così, nella fattispecie considerata dal legislatore della droga, la tutela della salute pubblica, richiede una costante considerazione della pericolosità sociale connessa all'effetto diffusivo di una sostanza vietata su una determinata area di mercato. La contraddittorietà dei risultati raggiunti rispetto a fattispecie concrete pressoché identiche e la costante tendenza, sia legislativa che giurisprudenziale, a trattare e a risolvere con maggiore rigore questioni inerenti la produzione, il traffico e la detenzione di sostanze stupefacenti, rispetto a questioni relative a reati diversi seppure di eguale gravità o allarme sociale, hanno stimolato l'intervento, a più riprese, della Suprema Corte di Cassazione. In particolare, con Sent. 26/05/2010 le SS.UU della Corte di Cassazione, nel tentativo di fornire una esaustiva soluzione al problema, cristallizzano in termini aritmetici e scientifici i parametri di riferimento arrivando a ritiene realizzata, in concreto, la fattispecie di produzione, traffico e detenzione di sostanze illecite, aggravata dall'ingente quantità, tutte le volte in cui il valore ponderale di sostanze stupefacenti sequestrate superi il limite di kg due o di kg cinquanta se trattasi, rispettivamente, di hashish e/o marijuana ovvero di cocaina e/o eroina. Peraltro, nel rispetto delle indicazioni fornite, nel D.M. dell' 11/04/2006, cd. legge Fini, dalla Commissione istituita con decreto del Ministero della Salute, la pronuncia delle SS.UU. si sofferma anche sull' imprescindibile interdipendenza tra peso della sostanza e quantitativo di principio attivo presente nella stessa, idonea a qualificare quella partita come realmente lesiva delle capacità psicomotorie o comportamentali, quindi illecita. Nonostante il richiamo a concetti logicamente esatti, non sono mancate soluzioni di merito antitetiche e difficoltà applicative. Del citato dettato normativo ed orientamento giurisprudenziale. Del resto, la stessa Commissione, nell'accingersi a ridefinire le Tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, allegate al T.U. 309/1990, aveva evidenziato la necessità di un approfondimento scientifico del concetto di principio attivo in rapporto alle caratteristiche e ai bisogni specifici di ogni singolo assuntore. Le SS.UU. della Corte di Cassazione, con Sentenza 24/05/2012, chiamate a risolvere il prospettato contrasto della disciplina in esame con il dettato costituzionale ed a coordinare lo stesso con l'art 112 c.p., se, per un verso, confermano il precedente indirizzo giurisprudenziale, ribadendo il limite quantitativo espresso in kg 2 e kg 50, a ridosso del quale si delinea la fattispecie semplice od aggravata, per altro verso, attribuiscono alla discrezionalità del giudice del merito ogni idonea considerazione quando tale quantità venga superata. Sembrerebbe opportuno concludere che, a più di vent' anni dall'entrata in vigore del Testo Unico in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, nonostante i meritevoli tentativi offerti dalla dottrina di fornire adeguati parametri direttivi e l'intenzione della giurisprudenza di approdare ad una condivisa soluzione definitiva, permane il senso di incertezza o di smarrimento dell'interprete. Pertanto, sarebbe necessario l'intervento del legislatore che, muovendo dalla importanza degli interessi in gioco, tassativizzi i parametri dell'ingente quantità e cristallizzi l'ambito di intervento dell'organo giudicante, non affidando la risoluzione della "questione" alla giurisprudenza della Suprema Corte, chiamata – come visto – a colmare le lacune normative mediante interventi "ortopedici".

Francesca Guerriero

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