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Liquidazione dei difensori d'ufficio

uffavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLO"La difesa tecnica nel processo penale è obbligatoria". Questa è l'interpretazione principale del testo dell'art. 24 della Costituzione della Repubblica Italiana. Un principio basilare di democrazia ed assistenza, nonché di garantismo che mira a tutelare il soggetto primo dei rapporti sociali: il cittadino. Su questo assunto costituzionale nasce il ruolo del difensore d'ufficio che non è, come sembra esser considerato dai più (anche tra i cittadini) un difensore di seconda categoria od un giovanotto in cerca di formazione pratica e clientela facile, bensì un libero professionista qualificato che garantisce al cittadino una corretta e completa difesa in sede processuale. Molto spesso questa considerazione dei difensori d'ufficio appare però purtroppo condivisa da una larga parte della magistratura giudicante che invece dovrebbe per prima riconoscerne il fondamentale apporto che anche ad essa stessa ne deriva: quanti rinvii evitati, quanti fatti perché in aula, nel momento del bisogno un avvocato iscritto alle liste dei difensori d'ufficio ha prestato la propria opera professionale! Un avvocato! Una persona che ha studiato per anni all'Università, ha svolto il tirocinio formativo, spesse volte a titolo totalmente gratuito, ha sostenuto un complicato, anche sotto il profilo fisico e psicologico, esame di Stato, ha prestato un giuramento ed infine ha seguito un corso di abilitazione all'esercizio della difesa d'ufficio sostenendo un esame finale di valutazione e costantemente si mantiene aggiornato grazie all'offerta formativa di ordini forensi ed associazioni. Eppure, quando si tratta di riconoscere il ruolo del difensore d'ufficio e di rispettare la Carta Costituzionale ove afferma l'inviolabilità del principio di remunerazione sì rapportata all'apporto prestato,ma sempre e comunque obbligatoria ove svolta un'attività professionale o di altra natura, ecco che il rispetto per la formazione di questo professionista passa al vaglio esclusivo di quella stessa magistratura, che pur avvalendosene si permette di rigettare l'istanza formulata dal citato professionista "stante la scarsa attività prestata". Insomma:

- dopo esser stati giudicati dai professori, dai dominus, dai commissari in sede di abilitazione, dai componenti del Consiglio dell'Ordine di appartenenza per poter essere iscritti nelle liste dei difensori d'ufficio;

- dopo aver prestato la propria attività come difensore di ufficio garantendo una difesa "tecnica" del cittadino e quindi consentendo al processo di seguire il proprio percorso;

- dopo aver esperito le – spesso vane- ricerche del proprio assistito avendo cura di:

- inviare raccomandata con ricevuta di ritorno all'indirizzo di residenza;

- inviare raccomandata con ricevuta di ritorno all'eventuale domicilio dichiarato;

- aver esperito i controlli su residenza, matrimoni, separazione dei beni, presso i servizi anagrafici;

- aver esperito gli ulteriori controlli sulla capacità economica, se straniero, all'estero;

- dopo aver ricercato, richiesto e ritirato l'intera documentazione probante l'attività svolta in aula;

- dopo aver inoltrato un fax al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria per scoprire se il proprio assistito sia detenuto presso un carcere nazionale;

- dopo aver redatto un'istanza per l'emissione del decreto di irreperibilità di fatto, qualora tutte le precedenti ricerche siano risultate vane;

- dopo aver esperito ogni tentativo di recupero, anche in sede giudiziale, del proprio credito ove reperito l'assistito (che, spesse volte, se risponde, candidamente dichiara "io non le ho conferito alcun mandato perché ora dovrei pagarla?");

- dopo aver redatto la parcella di liquidazione degli onorari avendo cura di stare attenti se l'attività sia stata prestata durante la vigenza del c.d. "tariffario forense" ovvero durante quella dei nuovi parametri;

- dopo aver presentato l' istanza per l'emissione del decreto di irreperibilità e la contestuale istanza per l'emissione del decreto di liquidazione degli onorari;

- dopo aver atteso un tempo variabile tra i 3 mesi ed i 2 anni da tale deposito;

- dopo aver dedicato un tempo quindi nettamente superiore al valore dello stesso ove si fosse operato per conto di un assistito di fiducia;  

Dopo tutte queste attività (non rimborsate), si scopre che si è giudicati dai magistrati che magari hanno pronunciato la fatidica frase "avvocato è iscritto alle liste d'ufficio? Me la da una mano, così andiamo avanti con il ruolo?" e poi quella mano diventa una "scarsa attività prestata" che giustifica il rigetto integrale della istanza di liquidazione. Ma non va meglio a coloro che se la vedono accogliere. Nella migliore delle ipotesi, infatti, l'intero importo richiesto viene decurtato in ragione di una media del 50% secondo i nuovi parametri e la somma così conseguita viene, spesso immotivatamente, ridotta di un ulteriore 50%. È questa la Giustizia che noi avvocati quotidianamente difendiamo dagli attacchi dei più critici accettando anche di esser visti sempre come la "mela marcia" della Giustizia italiana? Sappiano quei critici che a seguito di decisioni di rigetto come quelle esposte, così come in ipotesi di accoglimento con immotivata riduzione dei compensi per l'attività svolta dagli avvocati, quegli stessi avvocati sono costretti a ricorrere presso altri magistrati che, forse, daranno loro ragione oppure confermeranno la ragione dei loro colleghi. Chissà,magari di quello stesso collega con cui hanno condiviso un comune passato in qualche remota sezione distaccata di altro ufficio giudiziario o con cui un domani potrebbero trovarsi a dover collaborare. Ma questo è un altro discorso ed a me rimane ancora la speranza di far bene a confidare nell'imparzialità della magistratura quando si tratta di giudicare l'operato di loro colleghi.

Roberto Maria Meola*

Avvocato del Foro di Roma

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