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Automatic lawyer

automaticavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOProbabilmente molti di noi che hanno superato gli ... "anta" ricorderanno che ballavamo, all'epoca della disco-music, la canzone di Dee Dee Jackson Automatic lover. Bene, oggi con la stessa colonna sonora potremo ancora ballare, cambiando solo poche parole, e dire di essere diventati "AUTOMATIC LAWYER". E purtroppo non mi riferisco agli strumenti informatici o telematici che talvolta ci aiutano nella professione. Come penso tutti voi, ricevo con sempre più allarmante frequenza offerte di società, enti, siti e quant'altro, che offrono i loro servizi per incrementare la mia clientela. Offerte per pubblicità, convenzioni, promozioni via web tramite siti, pagine di giornali, essere inseriti in liste di avvocati specializzati o che offrono sconti per le più svariate categorie di potenziali clienti. La più recente, è che mi ha sinceramente sconcertato, è quella di una compagnia telefonica che offre il contatto diretto. Mi spiego meglio per coloro che hanno avuto la fortuna di non avere ricevuto questa offerta e coloro che, opportunamente, non hanno sprecato tempo ad ascoltarla. Il servizio proposto (ovviamente non gratis, ma pur sempre fiscalmente deducibile), consiste nella possibilità per l'avvocato di essere inserito tra i primi nominativi in una lista e messo direttamente in linea con il cliente, da un operatore telefonico, sulla base della località scelta, o della specializzazione che l'utente telefonico richiede. Il tutto con un servizio 24 ore su 24. Immagino la scena, così come mi è stata presentata dalla gentile operatrice. Nel più totale dubbio su come scegliere un avvocato (perché gli hanno arrestato il figlio o deve impugnare un'assemblea di condomino; oppure opporsi ad una cartella esattoriale o far interdire un genitore troppo prodigo che ha sposato la badante) un qualsiasi italiano medio si rivolge al servizio, messo a disposizione dall'operatore telefonico (N.B. lo stesso con cui sceglie il ristorante o l'albergo più vicino; oppure un idraulico o un fiorista), e un gentile operatore lo metto in contatto diretto con lo studio legale che prontamente risponderà alla richiesta. Quindi coloro che tra i nostri colleghi sceglieranno questo servizio dovranno essere sempre a portata di telefono, o comunque avere tra i propri collaboratori qualcuno che possa rispondere prontamente al quesito. Anche nelle ore notturne, ho chiesto. Mi hanno risposto affermativamente! Forse sono strano, ma io pensavo che un avvocato fosse scelto sulla base della conoscenza diretta, del passaparola tra i clienti soddisfatti, per la notorietà, per la bravura. Oggi saremo scelti da questa micidiale versione della roulette russa! Ma il professionista che risponde e, fiducioso nella riconoscenza umana, elargisce il proprio parere telefonico, che possibilità ha di essere remunerato? E se l'utente telefonico, che ha bisogno di un parere legale in maniera tanto impellente da rivolgersi ad un operatore telefonico, dovesse parlare con una segretaria per fissare un appuntamento o con un praticante non in grado di rispondere? Immagino chiederebbe all'operatore un altro avvocato disponibile. Al di là della possibile facile ironia che questa nuova forma di procacciamento clienti può generare, appare evidente come la figura professionale stia andando verso forme di mercato che non sono più quelle di una volta, in cui il ruolo del legale era di dispensatore di saggezza. Ricordiamo che nello studio di S. Ivo avvocato, patrono della categoria, il cliente bussava con i piedi per portare con le mani i doni con cui ricambiava il sapere elargito dal dottore. Dietrologia a parte, oggi sappiamo bene che dobbiamo combattere con leggi di mercato diverse ed una clientela decisamente più informata di quella con cui si confrontavano i nostri predecessori, oltre a doverci adeguare a dinamiche concorrenziali difficilmente immaginabili quando abbiamo iniziato la professione. Oggi possiamo farci pubblicità e usare strumenti sempre più nuovi e comunque estranei alla datata e forse obsoleta immagine della toga indossata da Azzeccagarbugli. A proposito, ricordiamoci che il pavido personaggio manzoniano restituì a Renzo i famosi capponi, comportamento che non sono in grado di dire se oggi troverebbe emuli. In ogni caso, francamente, immaginare che per avere clienti dobbiamo attendere la chiamata di un operatore di un call center, essere scelti solo base della vicinanza a casa o dell'investimento nel servizio telefonico, perdonatemi, lo trovo avvilente. E considero offensivo il "prodotto" che mi è stato proposto. A livello personale e di categoria. Da molte parti, giustamente, si dice che siamo sotto attacco. Istituzioni, politica, mediatori, magistrati, consulenti, periti, notai attaccano la nostra categoria. Lasciamo i nostri rappresentanti a difenderci. Quelli istituzionali e quelli delle associazioni. Ma per favore non combattiamoci anche noi, da soli, dal nostro interno, svilendoci con l'accettazione di mezzi di pubblicità e procacciamento clienti che fanno venire definitivamente meno ogni criterio logico per la scelta di un avvocato, da sempre, e giustamente, basato sulla fiducia, sul rapporto personale, sulle competenze di un professionista. In questa direzione viene da riflettere sulle certificazioni di qualità, ISO 9001 che molti studi, come le normali imprese, ottengono per certificare il loro operato. Sui corsi di specializzazione. Sui crediti formativi. Sui master. Ma forse già sul nostro titolo di studio e l'abilitazione alla professione. Perché non cominciare da questo? Guardiamo, ad esempio, gli studi legali stranieri dove, vicino al nome di ciascun professionista, anche nel caso di un piccolo studio unipersonale, aggiungono l'università di laurea, i titoli e le specializzazioni riconosciute ufficialmente (non quelle prese in pseudo scuole o istituti che nascono come funghi). E tralascio in questa sede di fare approfonditi riferimenti ai noti fenomeni di abilitazioni conseguite all'estero, adeguatamente e ben pubblicizzate come metodi per evitare un esame ostico, ma non insuperabile come dimostra il sempre crescente numero di iscritti all'albo. Questi sistemi hanno sostituito il precedente turismo per la sede di svolgimento dell'esame. E prima ancora qualcuno viaggiava alla ricerca di una sede universitaria meno ostica. Attrarrò strali e polemiche, ma sono fatti notori. Forse per riflettere la qualità del nostro lavoro e del nostro operato potremmo pensare proprio a questo e ripartire dal piccolo. Senza dover ricorrere a roboanti pubblicità, pagine di giornali, oppure il procacciamento clienti tramite operatori telefonici, potrebbe bastare, come strumento di autocertificazione e pubblicità, veritiera e corretta, indicare nelle nostre carte intestate, l'università di laurea e la sede di Corte di Appello dove è stato superato l'esame di abilitazione. Come per le imprese, del resto, è prevista la pubblicità di molti, forse troppi, elementi e dati identificativi, anche per i professionisti ben potrebbe essere prevista la messa a conoscenza di alcuni semplici dati, peraltro rilevanti. Chissà che anche a livello di autodisciplina i consigli dell'ordine non possano chiedere ai propri iscritti di indicare nelle loro carte intestate, oppure pubblicarli sull'albo, la sede di laurea e la Corte di appello dove l'esame è stato superato. O forse qualcuno deciderà di iniziare questa semplice, ma veritiera, forma di pubblicità.

Gianni Dell'Aiuto*

Avvocato del Foro di Roma

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