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Perchè Severino

Paola Severino è una donna che pratica la politica, ma non è organica ad alcun partito. E' l'unico Ministro del Governo Monti che non si è piegata agli interessi di una parte. Il suo agire è stato lineare e concreto per il tempo, le risorse e le condizioni presenti. Non ha privilegiato questa o quella agenda. Nuova agenda, diversa agenda, agenda fattibile, praticabile, eseguibile. La scelta nel lavoro politico è stata nel metodo non nelle persone, che pure contano. Il metodo per l'agire politico comporta due scelte: l'abbandono del "dovrebbe essere" (occorrerebbe, bisognerebbe) ed il ricorso al "come è", alla realtà dei fenomeni e dei problemi così come si presentano. La seconda scelta consiste nel porre alla base dell'agire politico il sistema, che si nutre degli elementi che lo compongono e della forza dei sottosistemi e subisce il condizionamento delle aggregazioni politiche e sociali, dei vincoli delle norme che si generano al suo interno. Forse è l'unica che conosca il Sistema Giustizia Italia o che, comunque, ne tiene conto quando deve assume un provvedimento. Diverso è conoscere il diritto e frequentare i Tribunali come difensore o Magistrato. Nell'agire politico Paola Severino Di Benedetto ha saputo calibrare il volume e la dimensione di ogni intervento per mantenere il sistema in equilibrio dinamico. Le agende, i programmi costituiscono un elenco di buone intenzioni, che ripetono l'errore del "dovrebbe essere", mentre va privilegiato il metodo. L'azione del Ministro Severino si potrebbe sintetizzare, No al "dovrebbe essere", Sì al "come è", secondo il principio che le colpe e le debolezze degli uomini possono attenuare quelle del sistema, ma non le escludono né le riducono a misura trascurabile. Paola Severino sembra aver raccolto quanto sosteneva Dahrendorf, la crescita economica è essenziale per risolvere i problemi reali, eppure è una condizione necessaria, ma non sufficiente a risolverli. Perché da sola la crescita economica tende a lasciare privo dei diritti di cittadinanza chi è da troppo tempo povero e chi è disoccupato a lungo. Togliere i diritti dei singoli attribuendoli alle collettività, piccole o grandi, apre la strada ad un mondo di privilegi e di oligarchi che, oltre a non rispettare la libertà, funziona al peggio. Per di più, la pretesa dell'economia di fare da sola finisce per minare perfino la sua stessa capacità di svolgere bene le sue funzioni. Non sfugge al Ministro Paola Severino che in Italia è proprio il problema irrisolto del Sistema Giustizia che impedisce la crescita economica e, comunque, la limita anche in fase di ripresa globale. Non si tratta solo dell'incapacità ad individuare e perseguire i reati di corruzione, ma, più generalmente, dell'incapacità a far rispettare le regole. Un mercato dove il rispetto delle regole non sia garantito, e dove l'infrangerle non avvenga sotto la realistica e tempestiva minaccia di una punizione, è un mercato che si corrompe e non dà garanzie all'impresa. La Giustizia italiana con 10 milioni di processi in corso d'opera danneggia 20 milioni di cittadini, imprese, enti, associazioni, lavoratori, creditori che non vedranno rispettati i loro diritti. Gli investitori stranieri si guardano bene da impiantare una attività nel nostro Paese; vedrebbero vanificati i loro crediti, si troverebbero coinvolti in estenuanti processi con i propri dipendenti, subirebbero l'inerzia di una burocrazia assurda, ostacolo alle dinamiche del processo produttivo. La superfetazione legislativa e regolamentare finisce con l'essere una tortura per chi vuole rispettare le norme, mentre diventa un utile strumento per coloro che violano le norme. I processi durano anni, tanto che si fa in tempo anche a dimenticarsene. I risarcimenti sono una chimera. Paola Severino conosce bene quali sono le condizioni per la crescita economica e considerato che sono le imprese, con i loro investimenti, a far aumentare il reddito nazionale e creare nuovi posti di lavoro, l'obiettivo non può che essere quello della grande riforma del Sistema Giustizia e contemporaneamente dell'abbattimento della burocrazia, che può farlo solo chi conosce il diritto. Ancora ci è di aiuto Dahrendorf che ha rilevato come i grandi gruppi bancari e le burocrazie finanziarie, pensano solo a loro stessi, mutando la natura del capitalismo. Prima c'era il capitalismo di risparmio, fondato sullo spirito di responsabilità nel lavoro innovativo e sul limitare i consumi immediati, così da poter disporre di un domani soddisfacente. Dopo si è passati in modo sempre più spensierato al capitalismo di debito, ispirato allo sganciare il denaro circolante dal lavoro o dai prodotti realmente innovativi e al consumare nell'immediato senza freni, così da poter accaparrarsi subito il massimo possibile in barba agli altri. Dahrendorf sottolineava che sperimentalmente il capitalismo di debito indipendente dal debito non può reggere. Cioè non può reggere un capitalismo distaccato dal tempo e dalle persone. Occorre escogitare un rinnovato sistema che inglobi sì la volontà consumistica indotta appunto dal risparmio, ma che ci preservi dalla selvaggia logica fuori del tempo del capitalismo di debito. Perciò ancora una volta non può esserci un modello rigido, quindi, la ricerca di un metodo che guidi l'agire politico. Ora più che mai occorre la rinascita di un mercato funzionante, che attinga alla libera inventiva di ciascuno, che venga regolato da una partecipazione prodotta dal conflitto democratico e che sia attenta non solo agli interessi dei possessori di un determinato bene, ma anche agli interessi dei cittadini che vivono attorno a quello stesso bene e dal cui processo produttivo sono influenzati. Niente di tutto questo si può fare in una logica che prescinda dalla libertà individuale e che voglia puntare ad un modello statico illudendo di poter agire senza il pericolo di sbagliare. Pericolo di sbagliare che è insito ed inscindibile nella attività umana. Con Dahrendorf, siamo costretti a registrare che per alcuni, la libertà rimane una pura e semplice espressione verbale di comodo che, nonostante priva di contenuti politici, assolve quanti ritengono di militare in formazioni ideali che ad essa si richiamano, svolgendo così il poco nobile ruolo d'utili asserviti al neo capitalismo autoritario da cui ricevono l'ordine perentorio di smetterla di pensare, riuscendovi, per altro senza sforzo, alla perfezione. Speriamo che i 1.007 grandi elettori possano scegliere con la dovuta saggezza e la necessaria responsabilità Presidente della Repubblica Paola Severino Di Benedetto.

Carlo Priolo*

Avvocato del Foro di Roma

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