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Romolo Reboa intervista Nitto Palma, Presidente della Commissione Giustizia del Senato: Leggi né ad personam né contra personam

palmaavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOL'incidenza del "fattore B" su ogni decisione in materia di giustizia - Si, ma con correttivi, alla abolizione di sezioni staccate e piccoli tribunali ed alla mediazione – Il "decreto del fare" ed il ruolo degli avvocati.

D. Presidente, in merito ai nuovi provvedimenti sulla giustizia, l'Avvocatura è, a torto o ragione, in subbuglio. Quale la sua posizione sul taglio dei tribunali e sulla mediazione?

R. Si tratta di una riforma del Governo Berlusconi, nel cui adempimento il Ministro Severino a mio avviso ha commesso degli errori. Non condivido l'abolizione totale delle sezioni distaccate, poiché così si gravano ad oltre misura alcuni tribunali già sovraccarichi di lavoro. Con riferimento ai tribunali "minori" aboliti, sarebbe stato meglio tenerne in vita alcuni o per la forte presenza della criminalità organizzata (ad esempio Rossano Calabro) o per le condizioni infrastrutturali delle zone in cui si trovano (ad esempio Ariano Irpino). Comunque, la riforma entrerà in vigore il 13 settembre ed il Ministro avrà due anni a disposizione per fare le dovute correzioni. Sulla mediazione si è già pronunciata la Corte Costituzionale e bisogna tenerne conto. Sicuramente tale istituto nei fatti ha costituito un apprezzabile filtro rispetto alla strada squisitamente giudiziaria (statisticamente si è registrato un calo di sopravvenienze). Tale calo però è derivato anche dall'aumento del contributo unificato che ha messo un freno alla richiesta di giustizia. A mio avviso, ciò che dovrebbe far indignare di più l'Avvocatura è il comma 12 dell'art. 73 contenuto nel Decreto del Fare, ove si prevede che "lo stage presso gli uffici giudiziari costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrati ordinari e che titolo idoneo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario sarebbe costituito anche dallo svolgimento del tirocinio professionale per 18 mesi presso l'Avvocatura dello Stato". Si crea una incomprensibile disparità di trattamento tra chi fa il tirocinio presso l'Avvocatura dello Stato e chi presso gli avvocati del libero foro. Ciò anche considerato che i 18 mesi costituiscono un requisito per l'ingresso in magistratura e che, in un regime universitario libero, il requisito dell'alto voto di laurea richiesto per l'accesso all'Avvocatura dello Stato, stante la diversa difficoltà delle varie università, non costituisce un univoco dato di merito. La norma richiede un intervento poiché va sostanzialmente ad incidere sulle aspirazioni dei giovani di partecipare al mondo del lavoro.

D. La ratio di questa norma non è dettata dal fatto che purtroppo vi è anche il malcostume da parte di molti avvocati di attestare l'esistenza di tirocini fittizi?

Non possiamo disciplinare la fisiologia, facendo attenzione alla patologia. Una patologia non deve essere fonte di discriminazioni inutili, ma di interventi su ciò che sia apprezzabile penalmente o disciplinarmente: ad esempio, se ci sono false attestazioni si faccia ciò che si deve fare, ma non le si utilizzino per discriminare.

D. Passiamo a temi più caldi. Nella sua esperienza di avvocato e magistrato quanti processi, in termini numerici, si sono prescritti nel percorso fra la decisione della Corte di Appello e l'udienza di discussione della Cassazione?

Non ho un'esperienza di questo genere poiché non ho mai esercitato la professione forense e né ho intenzione di farlo. Anche la mia esperienza di Procuratore della Repubblica è stata limitata al primo grado, sicché non sono portatore di una testimonianza personale. Il problema delle prescrizioni (sono circa 170 mila i procedimenti prescritti all'anno) è per lo più dovuto agli eccessi dei carichi di lavoro ed al fatto che in passato, per il mancato funzionamento del sistema sanzionatorio - amministrativo, si è ricercata la strada della criminalizzazione di alcuni comportamenti, ritenendo che la giurisdizione penale potesse sopperire alla mancata giurisdizione deontologica o amministrativa. L'ultima amnistia risale a 23 anni fa. In tale contesto i magistrati, a fronte di un carico di lavoro enorme, sono costretti ad operare scelte che li portano a lavorare su processi che hanno possibilità di arrivare ad una sentenza definitiva, lasciando così da parte quelli che non hanno tale possibilità in ragione della pena e dei meccanismi della prescrizione. Tutto ciò però comporta un'anomala discrezionalità dei magistrati che incide sul principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale. Sarebbe necessaria una serie di interventi mirati ad alleggerire i carichi di lavoro (accelerazione del processo penale, depenalizzazioni, introduzione della minima rilevanza del fatto, etc). Un ausilio in tal senso potrebbe derivare anche dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie che, al di là dei risparmi di spesa, tende alla specializzazione dei magistrati. Almeno così io l'avevo immaginata da Ministro. Poiché, specialmente nel processo civile, quando ci si imbatte in cause particolarmente difficili (quali, ad. es. cause societarie o fallimentari) l'unico acceleratore è l'elevata specializzazione dei magistrati giudicanti. In tal senso, nell'alveo della revisione delle circoscrizioni, si innesta il tribunale delle imprese, che è una forma di concentrazione e di specializzazione degli uffici.

D. La tutela di cui alla c.d. Legge Pinto in tema di lungaggini processuali è stata di fatto azzerata con la modifica Monti in vigore dal Settembre 2012 e con i recenti provvedimenti relativi alla fase esecutiva. Non crede che, non potendo più agire sino alla conclusione del processo, magari dopo 20 anni, e poi negando il risarcimento per mancanza di fondi, non si previene il delitto, ma lo si stimola?.

La Legge Pinto è una dimostrazione dell'inefficienza del sistema giudiziario italiano. Secondo me, per poter accelerare i procedimenti nella fase dell'adempimento sarebbe opportuno, fermo restando un'azione di coordinamento del Ministero, che il tutto venisse lasciato alle singole Corti di Appello se non anche ai Tribunali distrettuali o ai Tribunali. Ha ragione che l'assenza di fondi vanifica la Legge Pinto e la necessità di aspettare il termine del processo costituisce una beffa che si aggiunge al danno.

D. Si può parlare in Italia di giustizia senza parlare di Berlusconi? Ovvero il fatto stesso che Berlusconi esiste, con le problematiche che tutti conosciamo, non costituisce un ostacolo ad ogni provvedimento sulla giustizia?

In Italia si dovrebbe parlare di giustizia, prescindendo completamente dalla figura del Presidente Berlusconi. Sinora, tutti i tentativi di riforma della giustizia che sono stati operati dal centrodestra si sono sostanzialmente arenati per l'opposizione sia del centrosinistra sia, in parte, per fuoco amico dal centrodestra. Proprio in ragione del fatto che, quelle riforme potessero in qualche modo favorire o danneggiare il presidente Berlusconi. Parlo di riforme strutturali, non delle c.d leggi ad personam. E' giunto il momento di riformare la giustizia e ciò deve avvenire in due direzioni: l'efficienza del servizio giustizia e il principio di neutralità del giudice. L'attuale disciplina, che consente l'ingresso in politica e il suo ritorno in magistratura dei magistrati fa dubitare della neutralità del giudice. Questo è un punto su cui bisogna intervenire, così sulla separazione delle carriere. Quando nella XIV legislatura facemmo la riforma dell'ordinamento giudiziario in termini assolutamente sintonici con quelli che erano le sentenze della Corte Costituzionale, vennero ridotti al minimo i passaggi di funzione tra pubblico ministero a giudice. Il primo atto del governo Prodi nel 2006 fu quello di abrogare quelle norme: il che la dice lunga su come sia difficile intervenire sul mondo della giustizia e in particolare sul mondo dei magistrati, quasi che vi sia una forma di incomprensibile timore reverenziale da parte della politica nei confronti della magistratura. Anche in tema di efficienza del servizio giustizia è estremamente complicato intervenire, quando l'intervento è valutato solo se esso sia pro o contro il Presidente Berlusconi. Morale della favola, l'Italia ha un sistema giustizia antico che non risponde più alle esigenze del cittadino. Questa è la ragione sostanziale per la quale il Popolo della Libertà, appoggia i referendum di Pannella: per dare la possibilità al popolo italiano di scegliere come debba essere il sistema giustizia. Nella speranza poi, che il Legislatore futuro recepisca la scelta dei cittadini invece di adoperarsi per vanificarla come fece dopo il referendum sulla responsabilità civile.

D. A proposito dei referendum, ritiene che quello che amo definire "il fattore B." influenzerà prima l'iter per la raccolta delle firme e, poi, il risultato?

Penso di no. Io credo che la gente sia stanca di un sistema giustizia inefficiente e di tutte le polemiche che accompagnano l'assenza di neutralità di qualche piccola frangia della magistratura (l'operato del 95% dei magistrati è silenzioso e scevro di polemiche mediatiche). Io credo che il popolo italiano, qualsiasi sia la sua preferenza di voto, quando viene posto di fronte ad una decisione che investe i problema vissuti in prima persona sappia benissimo come votare e non si lascerà influenzare da nessuno.

Ha collaborato

Carmen Langellotto

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