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Sinistro mortale

siniavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOCon la pronuncia n. 22909/12 la Suprema Corte coglie l'occasione per una breve disamina dei criteri di liquidazione del danno a seguito di un investimento mortale di una casalinga. In particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno censurato la sentenza di secondo grado, ritenendo che non vi sia stata una corretta personalizzazione del danno. In effetti, la Corte d'Appello aveva proceduto a liquidare il danno morale in una percentuale del danno biologico, ricorrendo al classico automatismo che è stato più volte censurato in sede di legittimità "perché tale criterio non rende evidente e controllabile l'iter logico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo". E' quindi necessario che il Giudicante tenga conto delle condizioni personali e soggettive del danneggiato, della gravità delle conseguenze pregiudizievoli e delle particolarità del caso concreto, al fine di valutare in termini il più possibile equilibrati e realistici, l'effettiva entità del danno. Nel caso di specie, tra l'altro, la Corte di merito aveva quantificato i danni non patrimoniali addirittura tramite un doppio automatismo, poiché il danno subito da coniuge, figli e madre della vittima è stato calcolato in una percentuale del danno non patrimoniale ipotizzabile a carico di quest'ultima, che a sua volta è stato determinato in una percentuale del danno biologico ad essa riferibile. In secondo luogo, la Cassazione si sofferma sulle conseguenze pregiudizievoli a carico della famiglia della vittima, la quale svolgeva il fondamentale ruolo di casalinga. Su punto, la Suprema Corte ribadisce come la stessa abbia più volte deciso che "in caso di morte di una casalinga i congiunti conviventi hanno diritto al risarcimento del danno subito per la perdita delle prestazioni attinenti alla cura ed assistenza dalla stessa fornita, le quali, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente, o facendo riferimento al criterio del triplo della pensione sociale o ponendo riguardo al reddito di una collaboratrice familiare (con gli opportuni adattamenti per la maggiore ampiezza di compiti esercitati dalla casalinga) (Cass. civ. Sez. 3, 12 settembre 2005 n. 18092; Idem, 24 agosto 2007 n. 17977; Idem). Ha soggiunto che il diritto al risarcimento spetta anche nei casi in cui la vittima si avvalesse di aiuti o collaboratori domestici, perché comunque i suoi compiti risultano di maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un prestatore d'opera dipendente (Cass. civ. Sez. 3, n. 17977, cit; Idem, 20 luglio 2010 n. 16896)".

Daniele Costa

Avvocato del Foro di Roma

Ius in Action

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