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Alla Consulta il taglio ferie dei giudici

TRIBUNALE DI RAGUSA

N. 1019/2012 R.G.N.R. ex Trib. Modica

N. 1119/2014 R.G.Trib.

Il Giudice, dott. Elio Manenti,

premesso

che nell'ambito del presente procedimento penale, con ordinanza emessa in data odierna, è stata fissata l'udienza dell'08-09-2015 per l'assunzione della prova testimoniale;

che il giudizio in oggetto, attinente all'ipotesi di reato di cui all'art. 187 c.d.s. ed in fase dibattimentale, non rientra nei casi di cui agli artt. 91 e 92 ord. giud., 2 e 2 bis della l. 742/1969;

che, sulla base della disciplina anteriore alla novella di cui all'art. 16 del d.l. 132/2014, non sarebbe stata possibile la fissazione di un'udienza istruttoria in data 08-09-2015;

che si ritiene rilevante e non manifestamente infondata - nei termini di seguito evidenziati - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del d.l. 132/2014, per violazione degli art. 3 e 77 Cost.;

OSSERVA

1. L'art. 16 del d.l. 132/2014 (modifiche alla legge 7 ottobre 1969 n. 742 e riduzione delle ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato) dispone quanto segue:

"1. All'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 le parole dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno sono sostituite dalle seguenti: dal 6 al 31 agosto di ciascun anno.

2. Alla legge 2 aprile 1979, n. 97, dopo l'articolo 8, e' aggiunto il seguente:

Art. 8-bis (Ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato). - Fermo quanto disposto dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1977, n. 937, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonche' gli avvocati e procuratori dello Stato hanno un periodo annuale di ferie di trenta giorni..

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 acquistano efficacia a decorrere dall'anno 2015.

4. Gli organi di autogoverno delle magistrature e l'organo dell'avvocatura dello Stato competente provvedono ad adottare misure organizzative conseguenti all'applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2.

E' opportuno premettere come la disposizione in oggetto non abbia, in realtà, modificato l'art. 90 c.1 dell'Ordinamento Giudiziario di cui al R.D. 12/1941 (ferie dei magistrati durante l'anno giudiziario), secondo cui i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di quarantacinque giorni. Si potrebbe, astrattamente, ipotizzare che la riduzione delle ferie attenga unicamente ai magistrati ordinari in tirocinio e non a quelli con funzioni.

Senonché, la volontà del legislatore di procedere ad una riduzione delle ferie per tutti i magistrati (ordinari, amministrativi, contabili e militari) - con o senza funzioni - nonché per gli avvocati e procuratori dello Stato e la correlata tacita abrogazione dell'art. 90 c.1 ord. giud. sono evidenziate, oltre che dai non equivoci comunicati del Governo, dalla inscindibile correlazione tra il primo ed il secondo comma del citato art. 16.

In altri termini, non sarebbe stata in alcun modo efficace - nell'ottica di una più rapida definizione dei procedimenti e di uno smaltimento dell'arretrato - la riduzione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali (precedentemente prevista dal 1° agosto al 15 settembre e, come noto, determinata dalla distinta esigenza di assicurare riposo agli avvocati e procuratori legali: Corte Cost., 29-07-1992 n. 380, ord. n. 61/1992, sent. n. 255/1987) senza una contestuale riduzione del periodo di congedo ordinario riconosciuto ai magistrati.

L'obiettivo perseguito dal legislatore si concreta, invero, in un (ulteriore) aumento di produttività in sede giurisdizionale, finalità anzitutto connessa al numero di udienze tenute e di procedimenti definiti nel corso dell'anno giudiziario: è, allora, palese come l'eventuale mancata riduzione delle ferie riconosciute alla magistratura avrebbe reso infruttuosa la contestuale riduzione del periodo di sospensione feriale dal 6 al 31 agosto (l'art. 1 c.1 della l. 742/1969 disponeva che il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo).

Siffatto rilievo, che discende in primis da mere ragioni aritmetiche, risulta ulteriormente avvalorato dalla tendenziale coincidenza - più volte ribadita dal C.S.M. - del congedo ordinario goduto dal magistrato con il periodo feriale fissato al principio di ogni anno (nell'ambito della stagione estiva) ai sensi dell'art. 90 ord. giud. (delibera dell'11 gennaio 1995; risposta a quesito del 21 luglio 1999; v. anche la Circolare del 20 aprile 2011), a sua volta tendenzialmente coincidente con il periodo di sospensione feriale dei termini processuali.

Il primo ed il secondo comma del richiamato art. 16, se pur attinenti a profili distinti, sono pertanto mossi da una ratio unitaria. In presenza di una riduzione della sospensione feriale dei termini è sì possibile garantire, con opportuna turnazione, la presenza di alcuni magistrati sul posto di lavoro durante il periodo in oggetto (v. Corte Cost., ord. 18-02-1992 n. 61); e tuttavia, laddove non fosse stato contestualmente ridotto il periodo di congedo ordinario riconosciuto ai magistrati, si sarebbe pervenuti all'irragionevole risultato di dover necessariamente distribuire i quarantacinque giorni di cui all'art. 90 ord. giud. anche nell'ambito di assai più ampi (rispetto a quelli attuali) periodi dell'anno esclusi dalla sospensione feriale dei termini processuali, in contrasto con la finalità perseguita.

Ed è, allora, il combinato disposto di siffatte previsioni a collidere - ad avviso di questo Giudice - con i principi di cui agli artt. 3 e 77 Cost. La fissazione dell'udienza di assunzione della prova testimoniale in data 8 settembre 2015 discende, peraltro, anzitutto dalla riduzione del periodo di congedo ordinario di cui all'art. 90 ord. giud. - in relazione al disposto del successivo art. 91 (secondo cui, durante il periodo feriale dei magistrati, le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause penali relative ad imputati detenuti o a reati che possono prescriversi o che, comunque, presentano carattere di urgenza) - prima ancora che dalla connessa contrazione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali.

2. La questione è, senz'altro, rilevante nel procedimento penale in trattazione. Va, al riguardo, sottolineato come - proprio nell'ambito di una questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della l. 742/1969 - la Consulta abbia già ritenuto rilevante il profilo concernente la data di trattazione del procedimento: "1. - Il G.I. del Tribunale di Roma, in un procedimento in corso di istruzione contro più imputati, tutti liberi, con ordinanza emessa l'8 settembre 1975, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742, ritenendone il contrasto con gli art. 3 Cost., primo comma, e art. 24 Cost., secondo comma. Ciò perché le disposizioni di legge denunziate attribuiscono all'imputato detenuto ed al suo difensore e non anche all'imputato libero, alle altre parti ed ai loro difensori la facoltà di rinunziare alla sospensione dei termini processuali e non prevedono l'effetto estensivo della detta rinunzia effettuata da una delle parti alle altre parti che detta rinunzia non hanno effettuato. 2. - In punto di rilevanza, il giudice a quo afferma che la definizione del procedimento dipende, allo stato, dalla risoluzione delle prospettate questioni e che il giudizio della Corte Costituzionale «non può ovviamente trovare ostacolo nella periodica delimitazione temporale dell'efficacia della legge 1969, n. 742 e nel fatto che dal 16 settembre riprenderanno a decorrere i termini processuali, ché altrimenti si arriverebbe all'assurdo di considerare la legge in esame, che pure incide su diritti sanciti dalla Costituzione, una legge insuscettibile di verificazione di legittimità costituzionale. A sua volta, l'Avvocatura generale dello Stato sul punto medesimo, osserva che nell'ordinanza di rinvio è stato omesso il giudizio di rilevanza, essendo stata ritenuta necessaria la risoluzione della questione di legittimità costituzionale per ragioni diverse dalla definizione del giudizio a quo. L'eccezione di inammissibilità in questo modo avanzata non può essere accolta, per quanto concerne la questione proposta con riferimento all'art. 3 Cost. Se, infatti, è indiscutibile che il giudice a quo, nel momento in cui sollevava la questione di legittimità costituzionale (8 settembre 1975), ben sapeva essere impossibile, non solo materialmente, ma anche giuridicamente, che essa venisse decisa prima della scadenza del termine finale di sospensione dei termini processuali (15 settembre 1975), non è meno vero che in quel momento egli era chiamato a fare applicazione delle disposizioni di legge della cui legittimità costituzionale dubitava. Ora dal sistema normativo risultante dall'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e dall'art. 23 della legge n. 87 del 1953 si deduce che la pregiudizialità necessaria della questione di costituzionalità rispetto alla decisione del giudizio a quo va intesa considerando tale decisione come conclusiva di un itinerario logico ciascuno dei cui passaggi necessari può dar luogo ad un incidente di costituzionalità, ogni qualvolta il giudice dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni normative che, in quel momento, è chiamato ad applicare per la prosecuzione e-o la definizione del giudizio. La prospettata "irrilevanza di fatto e sopravvenuta" della questione di legittimità costituzionale, anche se conoscibile a priori, non implica, pertanto, che la questione medesima non debba essere presa in esame (come già si desume dalla sentenza n. 109 del 1981 di questa Corte)" (Corte Cost., 03-03-1982 n. 53). Nella vicenda in esame, del resto, la questione viene sollevata successivamente all'emissione dell'ordinanza di ammissione della prova testimoniale e di fissazione dell'udienza ma anteriormente alla data prevista per la sua assunzione (08-09-2015), ipotesi che renderà in concreto determinante la decisione della Corte. Deve, per mera completezza, essere rimarcata l'opportunità di una tempestiva pronuncia nel merito anche sotto una differente prospettiva: qualora, ad esempio, si ritenesse rilevante la questione prospettata unicamente nell'ambito di un (diverso) giudizio amministrativo vertente sull'applicazione dell'art. 16 c.2 del d.l.132/2014, i maggiori tempi certamente occorrenti - in via amministrativa potranno, in concreto, sollevarsi contestazioni solo a partire dalla seconda metà dell'anno 2015 - determinerebbero (nell'ipotesi di dichiarazione di illegittimità della norma) la necessità di un tardivo recupero del consistente periodo di ferie arretrate, con inevitabili gravi pregiudizi proprio dal punto di vista dell'organizzazione giudiziaria.

3. Violazione dell'art. 77 c.2 Cost.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, "il sindacato sull'esistenza e sull'adeguatezza dei presupposti della necessità e dell'urgenza che legittimano il Governo ad emanare decreti legge, può essere esercitato - a prescindere dai problemi relativi all'identificazione dei suoi limiti - solo in caso di 'evidente mancanza' dei requisiti stessi (sentenze n. 29 e n. 161 del 1995, n. 330 del 1996, n. 398 del 1998, nonché ordinanze n. 432 del 1996 e n. 90 del 1997)" (Corte Costituzionale 2002 n. 16).

Il terzo comma dell'art. 16 del d.l. 132/2014 prevede che "le disposizioni di cui ai commi 1 e 2" - accomunate anche sotto il profilo dell'entrata in vigore, circostanza che ne corrobora l'inscindibile connessione - "acquistano efficacia a decorrere dall'anno 2015".

Ritiene questo Giudice che una decretazione d'urgenza adottata il 12 settembre 2014 ed avente ad oggetto - in relazione al citato art. 16 - una riduzione dei periodi di sospensione feriale dei termini processuali e di ferie dei magistrati, con effetto a decorrere dall'anno 2015, si ponga in contrasto manifesto con il presupposto dell'urgenza di provvedere.

Si tratta, invero, di disposizione destinata a produrre i propri effetti non prima dei mesi di luglio e agosto 2015, viepiù laddove si considerino: a) l'inizio del periodo di sospensione feriale dei termini in data 6 agosto 2015; b) l'esigenza, relativa a ragioni di buona organizzazione del servizio Giustizia, che i magistrati godano di regola delle proprie ferie in via continuativa e durante il periodo di sospensione feriale dei termini (se pur, come è ovvio, con apposita turnazione volta a garantire la trattazione dei procedimenti esclusi dalla predetta sospensione); c) la tendenziale e già richiamata coincidenza del congedo ordinario goduto dal magistrato con il periodo feriale fissato al principio di ogni anno (nell'ambito della stagione estiva), ai sensi dell'art. 90 ord. giud. (C.S.M., delibera dell'11 gennaio 1995 e risposta a quesito del 21 luglio 1999; v. anche la Circolare del 20 aprile 2011); d) la necessità di fruire in data anteriore delle ferie non godute relative all'anno 2014, non essendo quasi mai possibile - per esigenze di servizio - fruire per intero dei previsti giorni di congedo nell'anno di riferimento.

Si tratta, chiaramente, di tempi assolutamente compatibili - anche qualora si volesse attribuire rilievo ad una preventiva calendarizzazione delle udienze - con la deliberazione delle due Camere ed il processo ordinario di formazione delle leggi.

4. Violazione dei princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.

L'art. 16 del d.l. 132/2014 ha di fatto parificato il periodo di congedo ordinario riconosciuto ai magistrati con quello degli altri impiegati civili dello Stato.

L'art. 36 c.1 del D.P.R. 3/1957 (congedo ordinario) prevede, infatti, che "l'impiegato ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un congedo ordinario retribuito di un mese da usufruire in un solo periodo continuativo, compatibilmente con le esigenze di servizio. Egli può chiedere di distribuire il congedo in periodi di minore durata che non eccedano nel complesso la durata di un mese" (la previsione è volta ad attuare il principio di cui all'art. 36 c.3 Cost., trattandosi di un diritto soggettivo del lavoratore, la cui disponibilità è esclusa dalla norma costituzionale; v. anche C.Conti sent. 01-12-1970 n. 1039).

L'art. 15 della l. 312/1980 ha, successivamente, previsto che "il congedo ordinario è stabilito in trenta giorni lavorativi da fruirsi irrinunciabilmente nel corso dello stesso anno solare in non più di due soluzioni, salvo eventuali motivate esigenze di servizio, nel qual caso l'impiegato ha diritto al cumulo dei congedi entro il primo semestre dell'anno successivo" (v. anche l'art. 10 c.1 del d.lgs. 66/2003 e la direttiva n. 2003/88/CE).

Nella specie ricorre, nondimeno, una parificazione solo apparente, poiché la riforma non ha derogato alla necessità che il giudice rispetti i termini per il deposito dei provvedimenti anche qualora gli stessi scadano nel periodo di sospensione feriale e nel corso del periodo di congedo ordinario (in ordine alla necessità che il magistrato adempia ai propri obblighi - ove occorra - perfino durante il congedo ordinario, v. C.S.M. S.D. sent. n. 61/2006, pronuncia relativa ad un caso in cui al giudice era stato concesso un periodo di ferie proprio per lo smaltimento dell'arretrato).

Il magistrato sarà, dunque, tenuto - come in passato - a prestare la propria attività lavorativa anche durante il periodo di congedo ordinario, non potendo sottrarsi all'obbligo di predisporre e depositare gli atti i cui termini scadano nel corso delle proprie ferie o, com'è intuibile, nei primi giorni dal rientro in servizio: il principio è applicabile tanto laddove siano previsti termini meramente ordinatori (la cui violazione può, tuttavia, comportare sanzioni di tipo civile, penale e disciplinare) quanto, a fortiori, per i termini previsti a pena di decadenza (si pensi, a titolo esemplificativo, ad una riserva assunta all'esito dell'udienza di convalida dell'arresto; art. 391 c.7 c.p.p.) ovvero relativi ad ipotesi in cui sussiste l'urgenza di provvedere (quali i provvedimenti cautelari civili e penali).

Viene, in tal modo, delineato dal legislatore un assetto normativo - relativo a professione particolarmente delicata, sol che si pensi agli effetti prodotti dall'attività giurisdizionale nell'esercizio di un potere dello Stato, nella quale sarebbe per converso ragionevole la garanzia di una maggiore ponderazione delle decisioni (profilo al quale si rivela strettamente correlato un congruo riposo assicurato al magistrato, tanto più in presenza di carichi di lavoro notoriamente sproporzionati per eccesso) - che non potrà per definizione assicurare la concreta ed integrale fruizione dei trenta giorni di congedo ordinario riconosciuti agli impiegati civili dello Stato (si omette, per ragioni di mera semplificazione, un esame di taluni ordinamenti speciali improntati al riconoscimento di più ampie tutele): disparità di trattamento non giustificata e non ragionevole.

A ciò si aggiunga la persistente necessità di garantire una turnazione nel periodo di sospensione feriale dei termini, circostanza che - unitamente alla frequente impossibilità di fruire del periodo residuo di congedo al termine della pausa estiva, per esigenze di servizio relative alla ripresa dell'attività giurisdizionale e ricorrenti nella predisposizione delle tabelle feriali nonché dei provvedimenti organizzativi da parte dei capi degli uffici - continuerà a favorire, pur nel differente contesto normativo (caratterizzato da una notevole compressione dello stesso congedo), la prassi del recupero delle ferie non fruite soltanto nell'anno successivo a quello di riferimento.

L'omessa previsione, sia nella normativa primaria che in quella secondaria, di carichi massimi di lavoro per la magistratura ordinaria ha peraltro attribuito alla sospensione feriale dei termini (volta a garantire, anzitutto, un periodo di riposo per gli avvocati) e al periodo di congedo riconosciuto ai magistrati ordinari ex art. 90 c.1 ord. giud. (più ampio di quello degli altri impiegati civili dello Stato) la concreta funzione di una congrua pausa nell'esercizio dell'attività giurisdizionale (per tutte le parti del processo, salve le prescritte eccezioni): un'attività nella quale, per ragioni sistemiche cui si è rivelata del tutto estranea la (elevata) produttività dei magistrati italiani, i flussi in entrata hanno costantemente superato da un punto di vista quantitativo la capacità annua di definizione dei procedimenti e di smaltimento dell'arretrato.

E', in merito, purtroppo nota unicamente agli addetti ai lavori la prassi - seguita per spirito di abnegazione prima ancora che per le citate motivazioni attinenti al maturare dei termini di deposito degli atti - di espletare la propria attività lavorativa, da parte dei magistrati, anche nel corso dei giorni festivi nonché dei periodi di congedo ordinario e di sospensione feriale dei termini.

Va, ancora, posto l'accento su ulteriori peculiarità dell'attività giudiziaria, soggetta per i magistrati al perseguimento di obiettivi di rendimento - nell'adempimento di funzioni di rilievo costituzionale - ma non al rispetto di orari massimi di lavoro, che per converso garantiscono la generalità dei lavoratori dipendenti (art. 36 c.2 Cost).

Essendo immutato il contesto di riferimento (basti citare la cronica e rilevante scopertura nell'organico della magistratura ordinaria), la drastica riduzione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali e la considerevole riduzione del periodo di congedo ordinario riconosciuto ai magistrati producono - potenzialmente - l'effetto di aumentare i provvedimenti in riserva di decisione a parità di risorse umane e materiali, pur essendo già notevoli tanto i rendimenti garantiti in termini assoluti (ai vertici tra le Nazioni europee: v. il rapporto della CEPEJ dell'ottobre 2010) quanto i carichi di lavoro e gli standards pretesi (si pensi, ad esempio, alle numerose riforme intervenute nel corso degli ultimi decenni in materia di responsabilità civile, valutazioni di professionalità, programmi ex art. 37 del d.l. 98/2011).

Dei rilievi sopra formulati era, evidentemente, consapevole il legislatore nell'originale formulazione dell'art. 90 c.1 ord. giud. (poi modificato dagli artt. 2 l. 704/1961 e 8 l. 97/1979), ove si disponeva che "i magistrati delle corti e dei tribunali hanno un periodo annuale di ferie di giorni sessanta. Nei primi quindici giorni definiscono gli affari e gli atti in corso".

5. Qualora - in sede di conversione - il Parlamento introducesse un'ipotesi di sospensione del decorso dei termini previsti per il deposito degli atti da parte del magistrato durante il periodo di congedo ordinario fruito, al fine di superare parte delle criticità emerse, sussisterebbero ulteriori profili di violazione dell'art. 3 Cost. in ordine alle citate previsioni dell'art. 16 del d.l. 132/2014.

Per un verso, sarebbe giuridicamente inammissibile ovvero del tutto irragionevole immaginare simili ipotesi di sospensione per l'adozione di provvedimenti sottoposti al rispetto di rigorosi termini di decadenza (è il caso, ad esempio, delle riserve assunte nelle udienze di convalida dell'arresto in flagranza di reato o del fermo di indiziato di delitto, laddove viene in rilievo un principio riconducibile alle tutele di cui all'art. 13 c.3 Cost.) o comunque urgenti (perché, ad esempio, aventi natura cautelare).

D'altro canto, l'eventuale esclusione dall'ambito di una siffatta sospensione di tali e analoghe fattispecie nonché di tutte le ipotesi già escluse dalla sospensione feriale dei termini processuali - per il ragionevole intento di non paralizzare il processo decisionale proprio nelle materie trattate nel periodo di sospensione feriale - riproporrebbe le censure sopra motivate sub 4), per la violazione del principio di eguaglianza: il magistrato sarebbe, infatti, in ogni caso tenuto ad impiegare parte del proprio periodo di congedo ordinario (ora parificato a quello, in via generale, previsto per gli impiegati civili dello Stato) al fine di provvedere al tempestivo deposito degli atti, in tal modo fruendo di fatto di un periodo di ferie inferiore a quello di un mese garantito agli altri lavoratori.

Sotto altro profilo, l'eventuale previsione di una - se pur parziale - sospensione dei termini per il deposito degli atti da parte del magistrato produrrebbe l'effetto di legittimare, rispetto al contesto normativo riformato, il ritardato deposito dei provvedimenti; se, ad esempio, sulla base dell'attuale ordinamento il giudice è tenuto a depositare un atto entro il 31 agosto (ancorché tale data ricada all'interno del periodo di sospensione feriale e, in ipotesi, del proprio periodo di congedo ordinario), una sospensione di trenta giorni del termine - in linea con i trenta giorni di congedo ordinario ora riconosciuti dall'art. 16 c.2 d.l. 132/2014 - legittimerebbe il deposito del provvedimento entro la successiva data del 30 settembre.

Per tal via, una disciplina volta a garantire una più rapida definizione dei procedimenti ed una riduzione dell'arretrato produrrebbe l'effetto contrario, in violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.

P.Q.M.

solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del d.l. 132/2014, per violazione degli artt. 3 e 77 Cost.;

dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del processo;

manda alla Cancelleria perché la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Ragusa, 23 settembre 2014.

Il Giudice

dott. Elio Manenti

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