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Riforma della giustizia: bravo Renzi

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOLe cause civili non devono durare più di un anno. Bravo Renzi !!! Anche quelle di appello che hanno durata variabile dai tre ai cinque anni ed oltre? E come si fa? La strada è quella indicata dai politici con progetti parzialmente condivisi dalla magistratura: gli interessi infatti convergono parzialmente. Si tratta di ridurre l'accesso al contenzioso attraverso procedure alternative o comportamenti persuasivi; poco importa se le statistiche dimostrano che questi strumenti sono falliti: la mediazione e le procedure alternative non bastano; gli arbitrati non servono a niente. Gli uni e le altre non incidono in modo apprezzabile sul contenzioso civile pendente, di oltre cinque milioni di cause. Il coinvolgimento dell'avvocatura nella "negoziazione assistita" non darà alcun risultato come già accade per la mediazione. Come è largamente noto a chi frequenta i Tribunali, quella delle parti che ha torto e ne è consapevole difficilmente collabora alla soluzione conciliativa o negoziata; preferisce invece, come è stato largamente sperimentato, tirarla alle lunghe e guadagnare tempo. Non meno irrilevanti, in termini di effetto dissuasivo, sono gli arbitrati che, a prescindere dalla tipologia che sarà prescelta, sono impugnabili ai sensi degli artt. 827 sgg. c.p.c Così pure la cosiddetta negoziazione assistita di separazioni e divorzi davanti all'Ufficiale dello Stato Civile quando non vi siano figli minori o maggiorenni portatori di handicap. Questa trovata non muta affatto la attuale brevità e semplificazione delle separazioni consensuali e dei divorzi congiunti all'udienza presidenziale. Anche qui se non c'è accordo tra le parti l'istituto, all'apparenza innovativo, non serve a nulla. Si pretende addirittura di spacciare come nuova, nelle proposte alternative messe a punto dal Governo, la condanna della parte soccombente alle spese !!! Del resto gli stessi dati sull'effetto riduttivo del contenzioso per merito dei nuovi (in realtà vecchi) istituti e cioè la immaginata riduzione delle cause in ragione di 140.000 processi è frutto di ottimismo se non di pura invenzione ed è comunque irrilevante rispetto al volume del contenzioso civile di 5.200.000 cause. Quanto alla tutela del creditore nelle procedure esecutive, lo sbandierato accesso on line alle banche (del quale la regolamentazione sarà necessariamente assai rigorosa e circoscritta) non muta gran che l'assetto attuale di cui all'art. 492 comma VII e VIII cpc in ragione del quale il creditore può attingere notizie sugli assetti economico - patrimoniali del debitore. Meglio non parlare poi della responsabilità dei magistrati che è una finta e inutile innovazione salvo per la entità della improbabile e rarissima condanna che, si suppone, dovrà essere pronunciata anche questa ovviamente con tre gradi di giudizio e dunque in tempi complessivamente secolari. Senza dire che l'aumento della responsabilità seppure indiretta e improbabile del magistrato lo renderà ancora più lento ed incline ai rigetti. Questo il quadro delle innovazioni legislative. Quel che meraviglia è leggere che alcune nostre organizzazioni di categoria si dichiarano soddisfatte delle novità legislative annunciate, novità peraltro consistenti all'evidenza nel nulla. Vi sono però strategie dissuasive del contenzioso molto più convincenti, già in atto, che promettono risultati migliori .L'aumento costante e feroce del contributo unificato, la pesante condanna alle spese (agevolata dalla nuova, confusa tariffa professionale); al bisogno la condanna per lite temeraria sono strumenti certamente più persuasivi, segnatamente se sono rivolti non solo contro le parti ma anche, al caso, contro i difensori. Questo indurrà, si suppone, le parti e soprattutto gli avvocati, a un più prudente contenzioso che d'altra parte è già fortemente scoraggiato dalla durata del processo. Si sta dunque rapidamente alimentando una cultura delle inutilità e addirittura della "punibilità" del ricorso alla giustizia civile. Fa da operoso deterrente una cultura ormai largamente punitiva alimentata dalla stessa magistratura che, agli accorti artifici di pseudo-motivazioni spesso solo apparenti e apodittiche, ha ormai va moltiplicando le pronuncie su questioni pregiudiziali e preliminari che, prescindendo dal torto e dalla ragione, consentono agli operatori, a differenza delle pronuncie di merito, di accontentare la statistica con motivazioni brevi se non lapidarie. In questo eccelle la Suprema Corte che, dopo avere dato il meglio di sè col defunto quesito di diritto, insiste con impegno crescente nella trovata dell'autosufficienza del ricorso; tra l'altro contraddicendo se stessa quando esorta gli avvocati (con un autorevole messaggio al nostro Alpa) a non superare nei ricorsi le 20 pagine, impresa questa ardua proprio in ragione del trabocchetto dell'autosufficienza. La lotta al contenzioso civile trova concordi dunque la magistratura e i politici: la magistratura perché le consente di evitare addebiti di ritardi e inadempienza accampando a scusante la nota insufficienza di uomini e di mezzi; la casta politica e i grandi operatori economici perché per essi meno la giustizia funziona meglio è. Anche le banche e persino autorevoli economisti ne sono convinti. Siamo tornati dunque al "laissez faire, laissez passer". Intanto i nostri rappresentanti si occupano della crisi dell'avvocatura perché, si legge, si è ridotto del 30% il reddito degli avvocati, circostanza questa che non interessa nessuno anzi alimenta ulteriormente la cultura punitiva dell'accesso alla giustizia come manifestazione di litigiosità e non, come è invece, di civiltà. Il problema è, lo dico ancora una volta, che il ceto forense che ci rappresenta, non ha, con rare eccezioni, coscienza politica. Come altrimenti restare in silenzio davanti allo scempio del diritto del lavoro, alla cinica aggressione ai pensionati, al ceto medio sia professionale che commerciale, scempio e aggressione che dovrebbero servire a rimediare alle devastazioni compiute dalla classe politica? Come d'altra parte può l'avvocatura italiana aspettarsi coraggiose battaglie da anziani rappresentanti carichi di importanti legami e perfino di prestigiose decorazioni, del tutto ignari del ruolo civile dell'Avvocatura. In conclusione, caro Renzi, l'idea che il processo civile debba durare un anno è suggestiva e brillante solo che non può essere realizzata se non con l'incremento di uomini e di mezzi. Il riconoscimento e il soddisfacimento dei diritti deve passare attraverso l'Autorità del giudice con la sentenza seguita da una esecuzione rapida e severa. Questo più che mai in un Paese come il nostro nel quale è diffusa purtroppo la abitudine a non adempiere ai propri obblighi. Ogni altra strada viola il diritto dei cittadini a una giustizia rapida ed efficace ed è solo un messaggio destinato alla pubblicità

Avvocato del Foro di Roma

Giorgio della Valle

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