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Trust e tutela del patrimonio familiare

L'istituto del trust non è direttamente disciplinato dalla legge italiana ma può essere dalla stessa riconosciuto, in presenza di certe condizioni, avendo l'Italia sottoscritto la Convenzione de L'Aja, del 1° luglio 1985, ratificata con la legge 16 ottobre 1989, n. 364, entrata in vigore il 1° gennaio 1992. La legge Finanziaria per l'anno 2007, ha introdotto una specifica disciplina in materia di trattamento tributario del trust ai fini delle imposte dirette. Il trust viene spesso costituito come strumento di pianificazione patrimoniale per imprese e famiglie. Mediante il trust un soggetto (detto settlor o disponente) trasferisce ad un altro soggetto (detto trustee) beni o diritti con l'obbligo di amministrarli nell'interesse del disponente o di altro soggetto (beneficiario) oppure per il perseguimento di uno scopo specifico, sotto l'eventuale vigilanza di un terzo (protector o guardiano), secondo le regole stabilite dal disponente nell'atto istitutivo di trust e dalla legge regolatrice dello stesso (che deve essere necessariamente straniera). L'atto istitutivo di regola prevede che, alla scadenza del trust, i beni conferiti nel trust vengano trasferiti al beneficiario del trust (che può anche essere lo stesso disponente). E' ipotizzabile che il trust nasca anche mediante una dichiarazione unilaterale del disponente, che si dichiara anche trustee di beni o diritti nell'interesse del beneficiario o per il perseguimento di uno scopo (in questo caso il trust viene detto auto-dichiarato). I trust possono essere istituiti per diverse finalità: liberali - caritatevoli, commerciali, finanziarie, successorie. La giurisprudenza si è pronunziata più volte in materia di trust nel corso degli ultimi anni arrivando a sancire la non esclusiva tipicità degli atti trascrivibili e, quindi, la trascrivibilità del trust in forza della legge nazionale di ratifica e l'ampia possibilità per i privati di derogare l'art. 2740 c.c., con il conseguente effetto segregativo che viene a prodursi sui beni costituiti in trust. La trascrivibilità (senza riserve) di atti di trust recanti trasferimenti di beni immobili dal disponente al trustee è ormai pacificamente affermata dalla giurisprudenza di merito in quanto "proprietà qualificata" trascrivibile ai sensi della legge di ratifica della Convenzione, e in particolare dall'articolo 12. La trascrivibilità del trust rappresenta elemento essenziale ai fini della decisione del soggetto disponente di servirsi dello strumento. Infatti, l'utilità del trust, ove ne fosse preclusa la trascrivibilità, sarebbe nulla, poiché l'effetto segregativo, voluto dalla stessa Convenzione dell'Aja, risulterebbe inopponibile ai terzi. Ai sensi della Convenzione dell'Aja e della legge nazionale di ratifica, qualsiasi vicenda di tipo personale e patrimoniale del disponente non colpirà mai i beni, i quali risulteranno "assicurati" da un vincolo di segregazione. I beni conferiti in trust attraverso l'atto di dotazione entrano nel patrimonio del trustee, costituendo un patrimonio separato, distinto dai restanti beni personali di quest'ultimo ed insensibile alle vicende di questi. La segregazione patrimoniale è l'aspetto fondamentale che caratterizza il trust; essa comporta che i beni in trust rappresentino un patrimonio separato rispetto ai beni del disponente e del trustee e, pertanto, come prima accennato, qualunque vicenda personale e patrimoniale che riguardi tali soggetti non colpisce i beni in trust. I beni in trust, quindi, non possano essere aggrediti dai creditori personali del trustee, del disponente e dei beneficiari ed il loro eventuale fallimento non vedrà mai ricompresa nella massa attiva fallimentare i beni in trust (opera il cosiddetto vincolo di destinazione e di separazione). La Convenzione dell'Aja all'articolo 11 sancisce il riconoscimento del trust costituito in conformità ad una legge specifica. L'articolo 13 attribuisce il potere, allo Stato che dovrebbe provvedere al riconoscimento, di rifiutarlo se gli elementi costitutivi del trust, all'infuori della legge regolatrice richiamata, rimandano ad un diverso ordinamento che non conosca l'istituto. La legge regolatrice del trust deve essere necessariamente straniera, stante la mancanza nell'ordinamento italiano di norme specifiche in materia. Ove l'atto istitutivo del trust contenga disposizioni che siano in contrasto con norme inderogabili o con principi di ordine pubblico previsti dalla legge Italiana, sarà quest'ultima a dover essere applicata. In materia di inquadramento fiscale del trust esistono due orientamenti. Il primo ritiene che si applichi al momento dell'istituzione del trust, l'imposta sulle donazioni in quanto, il trasferimento della proprietà dei beni in trust dal disponente (settlor) al trustee, determinerebbe una diminuzione del patrimonio del primo a vantaggio del secondo, ravvisandosi, pertanto, l'animus donandi del settlor. Il secondo orientamento ritiene che non vi sia l'animus donandi del settlor e che l'imposta ritenuta applicabile sarà quella di registro, in misura fissa, prevista per gli atti a titolo gratuito. La tesi più accreditata, anche in Giurisprudenza, è quella che considera l'atto istitutivo del trust come atto non equiparabile ad un trasferimento a titolo oneroso, perché non vi è corrispettivo, né ad una donazione difettandone la causa, ma ad un atto a titolo gratuito, neutro dal punto di vista fiscale, soggetto ad imposizione indiretta (imposta di registro, ipotecaria e catastale) in misura fissa, attraverso il quale il disponente realizza il proprio intento di arricchire spontaneamente un terzo, facendo affidamento sul trustee e sull'obbligo da costui assunto di adempiere alla direttive impartite dal beneficiante medesimo. Il successivo atto di trasferimento ai beneficiari, atto che realizza il vero risultato economico perseguito dal settlor, sarà soggetto, invece, all'imposta prevista per la transazione propria del negozio a cui corrisponde, da individuarsi caso per caso, ma che normalmente sarà quella di donazione. Infine, per quanto riguarda le imposte ipotecarie e catastali, se dovute, si applicheranno sia in relazione agli atti di trasferimento dal disponente al trustee, in misura fissa, sia in relazione ai successivi atti traslativi effettuati dal trustee in favore dei beneficiari, in misura proporzionale. Ai fini fiscali il Trust si considera residente nel territorio dello Stato al verificarsi di almeno una delle condizioni indicate per la maggior parte del periodo di imposta:

• sede legale nel territorio dello Stato

• sede dell'amministrazione nel territorio dello Stato

• oggetto principale dell'attività svolta nel territorio dello Stato.

L'art. 73 del TUIR (comma 3), prevede due casi di attrazione della residenza del trust in Italia: a) Si considerano residenti nel territorio dello stato, salva prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni quando almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. b) Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni, quando, successivamente alla costituzione, un soggetto residente trasferisca a favore del trust la proprietà di un bene immobile o di diritti reali immobiliari ovvero costituisca a favore del trust dei vincoli di destinazione sugli stessi beni e diritti. In tal caso, è proprio l'ubicazione degli immobili che crea il collegamento territoriale e giustifica la residenza in Italia.

Matteo Santini

Avvocato del Foro di Roma

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