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Una Notte sul Monte Calvo...nel jazz club!

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Abbiamo incontrato all’Alexanderplatz (storico tempio del jazz di Roma fondato nel 1984 da Giampiero Rubei e oggi guidato dal figlio Eugenio, che lo ha riaperto da poco) il contrabbassista Valerio Serangeli, ideatore e arrangiatore dell’interessante e bellissimo progetto Russian Crossover Project con Luca Ruggero Jacovella al pianoforte, Alberto D'Alfonso al flauto e sax, e Alberto Botta alla batteria.

D: Iniziamo dal titolo. Puoi dirci il significato di queste tre parole? Russian, Crossover e Project?                                               

R: Russian perché noi facciamo un repertorio che sono delle rielaborazioni di brani di compositori russi, per cui abbiamo Borodin, Tchaikovsky, Rimskij-Korsakov, Musorgskij e Rachmaninov. (n.d.r. tranne Tchaikovsky e Rachmaninov, gli altri appartanevano al Gruppo dei Cinque il cui ideale era creare una musica che fosse autenticamente russa e rispettosa delle proprie radici culturali). Il progetto l’ho elaborato in occasione della mia tesi di laurea in jazz al Conservatorio di Santa Cecilia. Nasce quindi come esperimento di studio e di ricerca. La discussione, prevedendo una parte “suonata”, è stata lo spunto per approfondire i punti di contatto tra la musica classica e il jazz. Ho pensato ad un arrangiamento jazz di Shahrazād di Rimskij-Korsakov, che già faceva parte dei miei ascolti giovanili. Ho sempre amato la musica classica russa e la sua capacità di coinvolgimento emotivo. Così Shahrazād l’ho voluto riascoltare, studiare e soprattutto eseguire, e da qui è iniziata questa avventura musicale.

D: Sono comunque musiche che hanno una grande eco anche tra un pubblico molto vasto ed eterogeneo. Puoi dirci qualche particolare?

R: Sì, infatti un’altra opera fondamentale del progetto è “Danze Polovesiane” da “Il Principe Igor”, da cui è stata tratta la famosa canzone “Stranger in Paradise”.          
Le melodie, oltre ad essere bellissime, si sono rivelate adatte ad essere arrangiate. “Una Notte sul Monte Calvo” di Mussorskij è stata addirittura ripresa dai gruppi progressive negli anni ‘70, la ritroviamo nel film d’animazione “Fantasia” di Walt Disney. 

D: La creatività può essere una combinazione inedita, soprattutto in musica come abbiamo ascoltato questa sera.

R: Parliamo quindi di Crossover: per quanto riguarda questa parola, il jazz stesso è crossover perché è un incontro di culture, la cultura africana che a forza ha incontrato la cultura occidentale purtroppo con la schiavitù; il jazz quindi è già una ibridazione perché all’interno troviamo temi religiosi africani, c’è la musica classica, c’è il vaudeville. Anche i compositori russi erano degli IBRIDATORI, perché prendevano la musica popolare russa per recuperarla e trovare le proprie radici, come aveva già fatto Michail Ivanovič Glinkanoi quindi non siamo altro che dei crossover di altri crossover di altri crossover ancora!

D: Interessante il termine IBRIDAZIONE che hai utilizzato e non CONTAMINAZIONE. Contaminazione viene spesso usata e abusata in ambito artistico. Contaminare significa “infettare”, ibridare forse allude al mantenere le radici e avere l’anelito all’incontro dal diverso da sé.

R: Un po’ come hanno fatto gli antichi romani con i Greci, migliorando la loro cultura. Se fossero rimasti ognuno nei propri confini non si sarebbero evoluti. L’ibridazione in genere migliora: A e B sono gli ibridatori, C è il risultato del meglio di A e B insieme.

D: “Project” perché?

R: I brani che suoniamo non sono a caso, oltre ad essere russi, all’interno ci mettiamo tutto il nostro background, ci mettiamo il jazz soprattutto, l’improvvisazione, il linguaggio jazzistico quindi, ma anche il latin, ci mettiamo per quanto mi riguarda finanche il progressive. Sono un po’ malato di progressive!! Io amo il jazz ma ascolto i Genesis, gli Yes, e quando li ascolto li paragono ai grandi jazzisti perché improvvisano in modo straordinario.

D: Il gruppo è formato da musicisti di estrazione jazzistica. Quanto spazio c’è, dal momento che parli di arrangiamenti, all’interno del Russian Crossover Project, per l’improvvisazione o anche per l’estemporizzazione, secondo la definizione che ne da il musicologo Vincenzo Caporaletti.

R: Per quanto riguarda gli arrangiamenti, ho letto che Mingus, anche Duke Ellington, portavano gli arrangiamenti “aperti”. C’era un pezzo nuovo per l’orchestra, ma non era mai tutto scritto e già definito, perché sapeva chi erano i musicisti, le capacità che avevano e lasciava che si suonasse con la consapevolezza che ognuno di loro potesse dare il proprio personale contributo. In questo lavoro il 90% è frutto dei miei arrangiamenti ma, durante le prove, si sprigionano le attitudini e le suggestioni ritmico-melodiche di ogni componente del gruppo. Diventa quindi una prova in divenire, tutto deve essere aperto, forse questi stessi brani che abbiamo suonato stasera, al prossimo concerto li suoneremo diversamente, in un altro modo, perchè non ci piacciono più o perchè siamo cambiati anche noi. L’improvvisazione per noi è naturale. I Weather Report è un gruppo che io amo e c’è poca improvvisazione. Per tutta la vita hanno improvvisato e poi hanno deciso di non farlo più. Hanno detto “facciamo un gruppo dove tutto è stabilito o quasi”. Invece noi presentiamo il tema, sempre “estemporizzandolo” ovviamente, poi si improvvisa, dopo ancora c'è un altro pezzo del tema e di nuovo si improvvisa, e così via…inframmezziamo i vari momenti.

R: Hai parlato di ibridazione e ti chiedo allora se prevedi l’incursione di una voce all’interno di questa formazione.

D: Sarebbe una incursione interessante e molto forte; sai che ci sto pensando? A quel punto scriverei arrangiamenti anche per la voce, magari  non per tutto il repertorio, ma vorrei una voce particolare che intervenisse come un ospite gradito. Il progetto Russian è aperto e favorevole alle sperimentazioni e a scoprire cosa si può realizzare.

D: Avete anche inciso un primo album dal titolo omonimo.

R: Abbiamo realizzato il CD, che attende di essere distribuito digitalmente, nel quale hanno suonato il pianista Luca Ruggero Jacovella, il sassofonista Alessandro Tomei (sostituito questa sera da D'Alfonso) il batterista Alberto Botta e Valeria Serangeli, primo clarinetto dell'Orchestra Sinfonica del Carlo Felice. Con questa formazione siamo stati invitati a suonare in luoghi prestigiosi come l'Istituto di Scienza e Cultura Russa a Roma e al Teatro Carlo Felice di Genova.

Prossimi appuntamenti?

R: Ci stiamo organizzando per proporre all’estero questo progetto con i miei bravissimi compagni di viaggio e dopo averlo suonato in Italia, cercheremo di portarlo proprio in Russia!

Claudia Cotti Zelati

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