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Monna Lisa Gorga

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E’ andata in scena, ieri sera, 6 marzo, al Teatro Lo Spazio di Roma, l’ultima replica dello spettacolo Monna Lisa unplugged di Pino Ammendola e Carla Cucchiarelli che ha come protagonista Maria Letizia Gorga, accompagnata al pianoforte dalla brava, attenta e simbiotica compositrice e direttrice d’orchestra Cinzia Pennesi, che ha curato anche gli arrangiamenti. Video art di Claudio Ammendola e Sara Angelucci. Liberamente tratto dal libro di Carla Cucchiarelli “Così parlò la Gioconda”, lo spettacolo comincia a parlarci già dalla sua locandina: la Gioconda è fuori dalla sua cornice, a mezzo busto, come nell’originale, ma ha le unghie smaltate di rosso e poggia il suo avambraccio sinistro non più sul bracciolo di una sedia, ma su alcuni libri. Questa immagine pop non rappresenta una operazione di demitizzazione come fu per le reinterpretazioni fatte da Andy Warhol o Fernando Botero o addirittura da Jean-Michel Basquiat, piuttosto rivela una suggestione, un proposito del regista, capace di creare una sorpresa per la mente dello spettatore e umanizzare la protagonista.

La Gioconda è il ritratto più famoso al mondo, opera del genio Leonardo da Vinci e “vive” al Museo del Louvre di Parigi, è dipinto su una tavola di pioppo alta 77 cm e larga 53, la superficie del quadro è attraversata da mezzo milione di piccolissime screpolature che rivelano la sua età; fu realizzata, infatti, intorno al 1504 e lo strato del dipinto si è conservato quasi integralmente. La donna rappresentata è Lisa Gherardini, vale a dire Monna Lisa, moglie del mercante Francesco del Giocondo.

Il capolavoro si antropomorfizza e appare sulla scena attraverso l’interpretazione intensa e vibrante dell’attrice e cantante Maria Letizia Gorga. “Nella mia prigione dorata la musica è una così grande consolazione…” dice Monna Lisa. Il monologo è altresì arricchito da brani come Muovesi l’Amante dello stesso Leonardo da Vinci, Les feuilles mortes di Joseph Kosma su parole di Jacques Prévert, Mona Lisa di Ray Evans e Jay Livingston, Come Monnalisa di Mango, Monna Lisa di Ivan Graziani e altri, eseguiti dalla voce profonda della Gorga che racconta la storia di uno sguardo femminile che percorre cinquecento anni della sua vita. Monna Lisa diventa un io narrante consapevole e, attraverso la gestualità, la vocalità, lo sguardo, le mani, i piedi nudi e perfino i capelli lunghi dell’attrice che si animano, dà voce alla propria umanità.

E’ la storia di una donna rivolta ad uno “ieri e allora”, per arrivare al contemporaneo e più esattamente al presente indicativo e, quindi, al suo “qui ed ora”. “Anche io sono stata oltraggiata”, ricorda Monna Lisa, riferendosi al lancio di una pietra da parte di uno squilibrato nel 1956, o quando una donna in Giappone le spruzzò vernice rossa, per fortuna, senza centrarla, oppure quando il suo dipinto venne rubato. Conosciamo così, a poco a poco, la storia rocambolesca, avvincente, del ritratto più famoso al mondo, da un altro punto di vista, pensando al tempo stesso a ogni singola donna che, ogni giorno, in ogni parte del mondo, subisce un atto di violenza psicologica o fisica.

Misterioso ed enigmatico il suo sorriso quanto profondi e vivi i suoi occhi, che ti seguono ovunque. L’attitudine voyeuristica di Monna Lisa-Gorga ci rivela l’avventura di uno sguardo sulla Storia, ma anche di uno sguardo che guarda lo sguardo. Interessante come attraverso il focus su  questa figura femminile cinquecentesca, in realtà Maria Letizia Gorga parli di una Gioconda invisibile, non percepita, che può essere presente in tutte le donne: quando una donna si allontana dalla propria essenza o centro vitale, quando viene scrutata troppo nella sua intimità, quando una donna viene piacevolmente sedotta, ma anche quando una donna viene riconosciuta e accolta per la sua intelligenza, per le sue capacità, per quello che lei è e per quello che fa.

Monna Lisa fu immortalata da Leonardo da Vinci, chissà per quanto tempo l’avrà osservata e studiata, ma anche lei osservava lui. È la storia di sguardi che si guardano, poi, concluso il tempo di posa, diventa l’avventura di uno sguardo sul mondo: “…dietro quei vetri non sono fuori dal mondo, sento tutto, da anni: i commenti di chi mi guarda, i rumori dei carrimobili sulla strada…”. E’ come se Monnalisa diventasse sguardo-guardato. Può valere qui la lezione di Jean Paul Sartre: “Infatti io fisso in oggetti la gente che vedo, e sono, in rapporto ad essi, come l’altro in rapporto in me; guardandoli, misuro la mia potenza. Ma se altri li vede e mi vede, il mio sguardo perde il suo potere; non può trasformare quelle persone in oggetti per altri, perché esse sono già oggetti del suo sguardo. Il mio sguardo manifesta semplicemente una relazione, in mezzo al mondo, dell’oggetto-io all’oggetto-guardato, qualcosa come l’attrazione che due masse esercitano l’una sull’altra a distanza. Lo sguardo d’altri mi conferisce la spazialità. Sentirsi osservato, è cogliersi come spazializzante-spazializzato”.

Monna Lisa unplugged suscita quindi due sentimenti: l’attenzione per gli eventi legata alla sua storia, ma anche la sorpresa di cogliere, ascoltare e interpretare quello che di attuale, afferente al nostro presente indicativo, Monna Lisa può dirci. “Le donne mi guardano, mi amano e mi odiano…ma anche io le guardo e osservo. Ho imparato da loro a riconoscere le stagioni, il caldo che arriva…le piogge..”. Umanizzandosi, uscendo fuori dal proprio mito, attraverso la corporeità, la voce e la gestualità dell’attrice, Monna Lisa si arricchisce di nuovi stati d’animo, non è solo il sorriso imperscrutabile, misterioso, enigamatico, ma diventa una donna capace di vivere, ascoltare, vedere, pensare, sorridere ed essere anche ironica. Prende le distanze dal proprio mito per scoprire la propria identità e per capire chi è, non per come gli altri vogliono e pensano che sia, ma per quello che è a misura di se stessa e di quello che sente di essere. Monna Lisa quindi manifesta una empatia con il mondo, è in costante attività emotiva con chi la visita e la studia. “Io sono colei che mi si crede” potrebbe dire, parafransando Pirandello, “ma rimango una donna con le mie emozioni e con  il mio corpo dentro la storia”, potrebbe pensare.

“Finito il mio sorriso, scompare la Gioconda, pian piano in tutto il pianeta la gente smette di sorridere, scompaiono secoli di storia…il mio sorriso sovrapposto alle rovine di una città siriana distrutta dalla guerra civile..”. Dalla sedia, vicino al proscenio, Monna Lisa-Gorga si alza, continua a raccontarsi e a raccontarci, in modo elegante ed affascinante, di quando, con una lacrima apposta sulla sua immagine, è diventata una cartolina storica, testimone dei quattro anni di assedio a Sarajevo. La protagonista, per la sapiente regìa di Pino Ammendola, attraverso una voce a tratti impalpabile, densa e sospesa, diventa coscienza, diventa riflessione, diventa uno sguardo-madre con un sorriso non più indecifrabile ma trattenuto, imploso per l’impronunciabilità di qualsasi parola di fronte all’orrore dei bambini in guerra che scappano sotto le bombe.

Dal ritratto si passa infine, in tutta la composizione dello spettacolo, alla costruzione di un duplice “autoritratto”: quello della Monna Lisa, che si affranca dal suo essere solo opera d’arte mitica, per divenire corpo, identità, reattività, resistenza, pensiero, azione ed affettività in cui ogni donna può riconoscersi, e quello della Monna Lisa-Gorga attrice che ha, in modo efficace e sensibile, dato vita al personaggio.

Claudia Cotti Zelati

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