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Facile è dire integrazione degli ex-detenuti, ma i tempi cambiano e con essi la società e le soluzioni di ieri non sono più adatte alle situazioni odierne. Così gli Statunitensi si trovano ad affrontare problemi del tutto simili ai carceri sovraffollati, microcriminalità diffusa, processi lenti e sommari, ed ecco che (loro!) pensano ad una riforma. E’ infatti di pochi giorni fa la notizia del “New York Times” che, con questo proposito e consenso bipartisan, il Senatore democratico Jim Webb vuole instaurare un’apposita commissione per rivedere il sistema penale da cima a fondo.
Questa infatti è un’emergenza in tutti i sensi, visto che è proprio il settore della giustizia che, con l’impiego di fondi crescenti, sta dando nel tempo risultati progressivamente più deludenti: se Obama vorrà realmente attuare tutti quei costosi progetti che l’hanno portato con tanta forza alla Casa Bianca in tema di istruzione e assistenza sanitaria, certo non potrà esimersi dall’ottimizzare anche la giustizia. La strada che ha già preso per il settore auto sembra essere proprio questa. Ma allora il nuovo presidente USA è come quello disegnato dai bambini americani, vestito da supereroe e con il potere di fermare ciò che finora è sembrata una valanga? In realtà, a parte una legittimazione popolare senza confronti, Obama non può né più né meno dei suoi predecessori e la sua ricetta è quella ormai nota: investire in servizi sociali, con conseguente diminuzione del tasso di criminalità che, specie in un periodo di crisi come quello attuale, è presumibilmente costituito in buona parte da gente costretta a vivere ai margini della società. Così da una parte il welfare americano fa un passo avanti, dall’altra gli abusi legalizzati sui carcerati e i diritti, ormai frequentemente negati, troveranno le loro ragioni (con buon compiacimento dell’opinione pubblica e delle organizzazioni mondiali per i diritti umani) e da un’altra ancora si provvederà ad un’armonizzazione complessiva del sistema penale americano.
Massimo Reboa
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