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Revirement della Cassazione

Nel 2006, una donna di 39 anni è stata condannata al pagamento di un multa di euro 600 per aver occupato abusivamente, assieme al figlio minore, un’immobile di proprietà dell’IACP.

 

Occupare una casa per stato di necessità non è più reato.

Con una pronuncia del Settembre 2007 (la n. 35580), la Corte di Cassazione ha difatti sancito che la scriminante dello stato di necessità (art. 54 c.p.) opera anche nel caso in cui il danno grave alla persona attenga non soltanto la lesione della vita o dell’integrità personale ma anche situazioni che “attentino alla sfera dei diritti fondamentali della persona, secondo la previsione contenuta nell’art. 2 della Costituzione” (Cass. pen., sez. II, 27.6.07, sent. n. 35580).

Rientrerebbero pertanto - secondo la Corte - nel concetto di stato di necessità anche quelle situazioni che “minacciano solo indirettamente l'integrità fisica del soggetto in quanto si riferiscono alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, fra i quali deve essere ricompresso il diritto all'abitazione in quanto l'esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona”.

Nella sentenza in esame, la Cassazione non manca comunque di ribadire il principio, già presente in altre pronunce (Cass. pen., 18.03.83), secondo il quale, nel momento in cui si giustifica un’interpretazione “estensiva” del danno grave alla persona, è al contempo essenziale una più attenta, analitica e penetrante indagine giudiziaria diretta a circoscrivere la sfera di azione della esimente ai soli casi in cui sia indiscutibile l’esistenza degli altri elementi costitutivi della stessa, in particolare la necessità e l'inevitabilità, “tenuto conto delle complesse esigenze di tutela dei beni dei terzi, che, coinvolti involontariamente dallo stato di necessità, non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali, chiaramente comprovate” (in tal senso anche Cass. pen., 19.03.03, n. 24290).

Con queste motivazioni il Supremo Collegio ha annullato con rinvio la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma aveva condannato, nel 2006, una donna di 39 anni al pagamento di un multa di euro 600 per aver occupato abusivamente, assieme al figlio minore, un’immobile di proprietà dell’IACP.

La recente pronuncia della Cassazione costituisce inoltre, sul piano interpretativo, un’importante novità in materia di determinazione dei limiti e del contenuto dell’esimente dello stato di necessità.

Può difatti considerarsi oramai superata la tesi per cui lo stato di necessità sarebbe invocabile solo ed esclusivamente in caso di danno “alla persona” come, erroneamente, sostenuto, fino a qualche anno fa, dalla stessa giurisprudenza di legittimità la quale arrivò a sostenere che: “La necessità di ottenere un alloggio non rientrerebbe nella causa di giustificazione prevista dall'art. 54 c.p., il cui presupposto sarebbe solo la concreta imminenza di un grave pericolo "alla persona", non altrimenti evitabile”.

(Cassazione penale , sez. VI, 03 maggio 1988).

A metà strada fra la sentenza del 2007 ed il precedente orientamento, si collocano invece alcune pronunce attraverso le quali la Corte di Cassazione, seppur in maniera più attenuata rispetto al passato, continuava comunque a ribadire che, al fine di consentire una corretta applicazione dello causa di giustificazione dello stato di necessità, “occorrerebbe pur sempre poter escludere in modo assoluto la sussistenza di ogni altra concreta possibilità, priva di disvalore penale, di evitare il danno” (Cass. pen., 06.10.00, n. 12429). Pertanto “gli estremi della scriminante non sarebbero ipotizzabili quando il pericolo di restare senza abitazione risulti concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato o dello Stato sociale”.

(Cass. pen., 26.01.06, n. 19811).

La sentenza del Settembre 2007, accogliendo un’accezione “ampliata” dello stato di necessità, costituisce, inoltre, un’autorevole fonte di legittimazione e riconoscimento del cd. “diritto ad un alloggio adeguato”, presente in numerosi trattati internazionali sui diritti umani fra i quali la stessa Dichiarazione universale dei diritti umani secondo la quale: “Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo (..) all'abitazione” (articolo 25).

 

 

Francesco Salamone

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