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Il diritto internazionale umanitario

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOL'evoluzione della dottrina

 

Il diritto internazionale umanitario (D.I.U.) dal punto di vista della dottrina si suddivide in “diritto dell’Aja” o “diritto della violenza” e “diritto di Ginevra” o “diritto dell’assistenza”.

Il primo regolamenta la condotta delle ostilità e limita i mezzi per nuocere al nemico, avendo come presupposto centrale la conservazione dello Stato e le sue esigenze di difesa e mediando tra necessità militare ed esigenze di umanità, il secondo ha lo scopo di proteggere e tutelare le vittime (feriti, malati, naufraghi, prigionieri di guerra e popolazione civile) dalla violenza e dalle conseguenze del conflitto armato.

La suddetta classificazione, però, ha perso di significato con i Protocolli aggiuntivi del 1977 che trattano contemporaneamente sia dei mezzi e metodi di combattimento che della tutela delle persone.

Per D.I.U., pertanto, si intende l’insieme delle norme internazionali volte a circoscrivere e a limitare la violenza bellica e a regolare la condotta delle ostilità, avendo come obiettivo la tutela della vita, della dignità e dei beni di individui e gruppi che versano in situazioni di necessità e pericolo. Da un punto di vista storico, il diritto internazionale umanitario, ispira i propri principi, umanità-proporzionalità-distinzione, a documenti che risalgono al XVIII e al XIX sec.

Il principio di umanità fu formulato, dapprima, da Jean-Jacques Rousseau, ne il Contratto sociale, 1792: “La guerra è una relazione […] tra Stato e Stato e gli uomini sono nemici solo accidentalmente […] come soldati […]Lo scopo della guerra essendo la distruzione dello Stato nemico, si ha il diritto di ucciderne i difensori finché sono armati, ma appena questi posano le armi e si arrendono, cessano di essere nemici o strumenti del nemico e ritornano ad essere semplicemente uomini, la cui vita nessuno ha il diritto di prendere”, per essere poi ripreso, nel 1899, da Fyodor Martens che elaborò la seguente regola destinata a valere nei casi non considerati dalle convenzioni di diritto umanitario: “(...) i civili e i combattenti rimangono sotto la protezione e l’imperio dei principi del diritto delle genti quali risultano dalle consuetudini stabilite, dai principi di umanità e dai precetti della pubblica coscienza”.

Il principio di proporzionalità viene sancito con la Dichiarazione di S. Pietroburgo del 1868: “il solo fine legittimo che gli Stati devono prefiggersi durante la guerra è l’indebolimento delle forze militari del nemico; a tal fine è sufficiente mettere fuori combattimento il maggior numero possibile di nemici; si va al di là dello scopo anzidetto se si impiegano armi che aggravano inutilmente le sofferenze degli uomini messi fuori combattimento o ne rendono la morte inevitabile”.

Il principio di distinzione, tra obiettivi militari, contro i quali è possibile concentrare la violenza bellica, e persone e beni civili, che debbono, invece, essere risparmiati dalla stessa (ad eccezione dei casi di necessità militare assoluta, imperiosa ed ineluttabile).

Nella seconda metà dell’800, a seguito della vasta eco suscitata dall’opera di denuncia e sensibilizzazione svolta da Dunant con “Un souvenir da Solferino”, inizia la codificazione, che permise di superare i limiti legati alle incertezze, alle ambiguità ed alle problematiche interpretative insite nelle norme consuetudinarie e che rispose alla esigenza di universalità che costituisce uno dei punti di forza del D.I.U.

Dunant, in particolare, suggerì, in primo luogo, di organizzare in tutta Europa società di soccorso con il compito di portare aiuto e assistenza ai feriti sui campi di battaglia senza distinzioni di nazionalità; mentre, in seconda battuta, di impegnare gli Stati all’elaborazione di una convenzione che, sancendo il principio dell’obbligo di protezione dei servizi sanitari e dei feriti ad essi affidati, servisse da fondamento per l’attività delle suddette organizzazioni.

Il 22 agosto 1864 la Conferenza dei Plenipotenziari, all’uopo convocata, adottò la Convenzione di Ginevra per il miglioramento delle condizioni dei feriti delle forze armate in campagna, con la quale si sancivano i principi fondamentali del diritto umanitario imponendo agli Stati, in occasione di un conflitto armato, l’assistenza imparziale dei feriti e dei malati (art. 6), il riconoscimento del simbolo della Croce Rossa (art. 7) e la neutralità del personale incaricato del soccorso sanitario oltreché del materiale, delle strutture e dei mezzi da questo impiegati (artt. 1 e 2).

Momenti di particolare importanza, nell’evoluzione del D.I.U., furono le Conferenze di pace dell’Aja del 1899 e del 1907 dove vennero elaborati una serie di strumenti internazionali volti a disciplinare la condotta delle ostilità disponendo limiti all’impiego di taluni mezzi e metodi di combattimento, il Protocollo concernente il divieto dell’impiego di gas asfissianti, tossici o simili, e di mezzi batteriologici, firmato a Ginevra nel 1925 (primo strumento, seppur imperfetto, volto a limitare l’impiego di armi bio-chimiche); la Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti e malati delle armate in campagna e la Convenzione relativa al trattamento dei prigionieri di guerra, firmate entrambe e Ginevra nel luglio del 1929.

La II Guerra mondiale, però, rivelò tutti i limiti e le lacune della normativa adottata fin lì in materia. Si impose, quindi, all’indomani del conflitto, la necessità di aggiornare i contenuti degli strumenti a disposizione degli Stati, in un momento storico che vedeva nascere la codificazione dei Diritti Umani (1948) oltreché l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ispirata al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.

Il 12 agosto 1949 la Conferenza diplomatica convocata a Ginevra su iniziativa del Comitato internazionale della Croce Rossa, adottò quattro Convenzioni: la I per il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna; la II per il miglioramento delle condizioni dei feriti, malati e naufraghi delle forze armate sul mare; la III relativa al trattamento dei prigionieri di guerra; la IV relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra.

La codificazione del 1949 introduce alcune importanti novità, quali: un principio di disciplina dei conflitti non internazionali, contenuta nell’art. 3 comune alle quattro Convenzioni, che detta il regime normativo minimo applicabile ai conflitti armati non internazionali: esso rappresenterà, fino ai Protocolli addizionali del 1977, l’unica fonte legislativa in materia; l’ampliamento della nozione di guerra, includendovi ogni caso di conflitto armato e anche l’occupazione; la IV Convenzione, strumento che, per la prima volta, interviene a dettare norme a tutela e protezione della popolazione civile in occasione di un conflitto armato. Le Convenzioni del 1949 vengono oggi considerate diritto consuetudinario.

L’estendersi, nel secondo dopoguerra, di conflitti armati di tipo non internazionale, spinse la comunità degli Stati a riflettere sull’esigenza di rendere più completa la disciplina dei conflitti interni e di assicurare una maggiore protezione del personale sanitario, della popolazione civile e dei beni coinvolti nelle ostilità belliche di qualunque natura.

L’8 giugno 1977 a Ginevra, vengono approvati due nuovi trattati: il I Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949 sulla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali; il II Protocollo aggiuntivo sulla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali.

I due nuovi strumenti introducono importanti novità in merito all’estensione della normativa alle guerre di liberazione nazionale, che vengono equiparate ai conflitti internazionali; all’aggiornamento della nozione di combattente; alla disciplina dello status di mercenario e di spia; alla puntualizzazione delle norme sulla condotta materiale delle ostilità; alla disciplina più dettagliata per i conflitti armati non internazionali. Dal 1977 in poi, l’attività in tema di protezione delle vittime dei conflitti armati, ha avuto un rallentamento, lasciando invece spazio alla codificazione in materia di armamenti; in questo senso i profili di diritto internazionale umanitario hanno intersecato quelli di diritto del disarmo. Un momento particolarmente rilevante, dal punto di vista della repressione delle violazioni alle regole del D.I.U., si è avuto con l’adozione a Roma, nel 1998, dello Statuto della Corte Penale Internazionale Permanente, la quale ha competenza a giudicare i crimini di guerra, in particolare: “le infrazioni gravi alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 (art. 8, par. 2, lett. a); “altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili nei conflitti armati internazionali, nel quadro consolidato del diritto internazionale” (art. 8, par. 2, lett. b); “nel caso di un conflitto armato non avente carattere internazionale, le violazioni gravi dell’articolo 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949” (art. 8, par. 2, lett. c); “le altre violazioni gravi delle leggi e degli usi applicabili ai conflitti armati non aventi carattere internazionale, nel quadro consolidato del diritto internazionale” (art. 8, par. 2, lett. e).

 

S.lla Anastasia SIENA* Delegata Nazionale D.I.U. del Corpo II.VV. C.R.I

 

 

 

  

 

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