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Ma qual è il giudice competente?

Processi al lavoro.

 

Il Decreto Legislativo 80 del 1998 ha attribuito al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, la competenza in materia di controversie relative ai rapporti di lavoro del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni comprese quelle concernenti l’assunzione al lavoro, lasciando alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Tale norma, successivamente inserita nel Testo Unico sul Pubblico Impiego, è stata oggetto di contrastanti interpretazioni che hanno dato origine a due “scuole di pensiero”, la prima delle quali ritiene che al giudice amministrativo sia devoluta la competenza delle sole procedure concorsuali cosiddette “esterne”, tese cioè all’assunzione di nuovi dipendenti e che al giudice ordinario spetterebbe quella relativa alle procedure concorsuali cosiddette “interne” finalizzate alla promozione e progressione di dipendenti già assunti.

Secondo, invece, l’altro orientamento, la norma in parola va interpretata in senso estensivo essendo chiaro che il legislatore ha voluto attribuire ad un unico giudice, quello amministrativo, tutte le procedure concorsuali sia cosiddette interne che esterne vuoi perché la materia dei concorsi pubblici attiene a interessi legittimi e non, invece, ad interessi soggettivi da sempre di competenza del Giudice Ordinario, ma anche perché, in caso di più impugnative di un concorso nazionale, varrebbe la competenza esclusiva del TAR Lazio e non di vari giudici ordinari dislocati su tutto il territorio nazionale che, in relazione alla medesima fattispecie, potrebbero pronunciarsi in modo differente.

La prima tesi trova fondamento in alcune pronunce della Corte di Cassazione che ripercorrono il contenuto della sentenza 128 del 22 marzo 2001 affermativa del principio della generale giurisdizione della magistratura ordinaria con le eccezioni previste per le procedure concorsuali cosiddette “interne” di competenza del giudice amministrativo.

La seconda tesi trova fondamento nell’ordinanza numero 2 del 2001 della Corte Costituzionale che ritiene, invece, la materia di esclusiva competenza della giustizia amministrativa.

Proprio in virtù di tali dispute dottrinarie, in questi ultimi anni si è scatenata una vera e propria “psicosi da competenza” che ha finito per danneggiare l’anello più debole della catena: il pubblico dipendente.

La soluzione sembra essere il ricorso straordinario al Capo dello Stato. Più avvocati, infatti, in presenza di un rigetto della domanda da parte del giudice ordinario, si stanno orientando verso tale tipo di ricorso che, oltretutto, non necessita di grosse spese di giudizio e viene deciso in tempi ragionevoli.

Ma, proprio nel momento della massima confusione, ecco che una voce isolata si è levata da questo coro stonato: una recente sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Lucca del 23 gennaio 2002 che sembra segnare una strada per il futuro.

Il magistrato, infatti, chiamato a pronunciarsi sull’attribuzione di un punteggio non assegnato dalla commissione esaminatrice di un concorso per dirigenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in totale controtendenza all’orientamento della Corte di Cassazione, ha dichiarato la propria incompetenza per materia a giudicare ritenendo che la giurisdizione di legittimità, in relazione alle procedure concorsuali, spetti sempre al giudice amministrativo.

Nella lunga e articolata sentenza di cui per brevità si riporta solo il contenuto delle parti più salienti, il giudice parte dal terzo comma dell’articolo 97 della Costituzione secondo cui “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge” norma che la Corte Costituzionale ha interpretato come riferita tanto al primo accesso quanto alla qualifica funzionale superiore (intesa come accesso ad un diverso posto della pianta organica, comportante lo svolgimento di mansioni e funzioni nuove e superiori) ed anzi, quest’ultimo passaggio va correttamente equiparato al primo accesso; ne consegue che il passaggio ad una fascia funzionale superiore, poiché comporta l’accesso ad un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni più elevate, è da equiparare al primo accesso all’impiego comportando funzioni differenziate rispetto a quelle in precedenza esercitate in relazione alle quali è necessario un nuovo e diverso accertamento di idoneità.

Ne consegue, secondo il predetto magistrato, che l’accesso ad un nuovo posto di lavoro, diversamente a quanto ritenuto dalla Corte di Cassazione, “…comporta sempre una novazione del rapporto di lavoro, modificandosi l’oggetto e le connesse responsabilità, fermo restando la continuità del rapporto ai fini contributivi e previdenziali”.

In conclusione, in presenza di procedure selettive dirette all’accesso ad un posto della dotazione organica, stante la previsione dell’articolo 97 della Costituzione, “…non vengono e non possono venire in rilievo diritti soggettivi, ma soltanto interessi legittimi.

E tale conclusione giustifica di per sé l’attribuzione alla giurisdizione di legittimità dell’A.G.A. delle controversie in parola, essendo riservato costituzionalmente al giudice amministrativo la cognizione degli interessi legittimi”.

Alla luce di tale decisione di un giudice ordinario che, schierandosi contro una consolidata giurisprudenza “di parte” della Cassazione, dichiara la propria incompetenza in favore del giudice amministrativo (di concorrenza), si spera che sia stato aperto un “varco” nell’intricata questione.

 

Sergio Trinchella

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