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Lo squilibrio delle Istituzioni

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOSocietà civile dell’oggi?

 

La specie umana, nella ovvia insostituibile antropologia dello stare insieme, nella progressione storica per star meglio, si scompensa e produce  una cultura che intacca la qualità della vita migliore   che dovrebbe produrre e che  invece nel concreto ovvia. Infatti i ritardi socioculturali dell’umanità, nella somma delle complessità socio economiche non risolte nella accelerazioni dei tempi mercificati e tecnologici , pervadono ed inquinano le   dinamiche  e le strutture della società e l’insofferenza alla socialità emerge a tal punto da alimentare  lo scontro visibile anche nelle  stesse forme delle istituzioni. Queste, nelle quotidiane vicende che svolgiamo, sono il territorio in cui si sono radicalizzati e  radicalizzano  confronti sociali, nella insofferenza del loro antagonismo. Queste, sono insufficienti a essere base e fonte di quell’equilibrio di confronto secondo un dialogo riconoscibile e quindi riconosciuto, nella storicistica insufficienza  di corrispondere alle motivazioni che le sostanziarono nella verità fattuale del loro  tempo. In queste contraddizioni, che la società vive nella sua pienezza, l’organizzazione della polis  esprime quel diritto al cambiamento  che può ottenersi solo con una piena innovazione della “forma mentis” in cui ogni cittadino,nessuno escluso,può ritrovarsi legittimato. In Italia lo scoordinamento dei rapporti tra le funzioni della società civile, pur in una democrazia di facciata matura, produce questo conflitto attuale che morde i fianchi alla stessa Costituzione. Questa è l’istituzione cardine e di certezza nella quale possono ruotare con spazio di legittimità, nell’alternarsi di governi necessari, le aggregazioni politiche partitiche omologate, dalla e nella  temporalità del loro riconoscimento, nelle elezioni. Per questo sono necessari però nuovi paradigmi per tutte le conseguenze che,punto per punto,giorno dopo giorno dovranno verificarsi. Ovviamente. Il corpo dell’umanità è pilotata nel mare delle indifferenze mediatiche ed informatiche, le scialuppe di salvataggio  sono state acquistate dalla finanza mondiale e la crisi dei sistemi scompensa, in ogni luogo, i ritmi di un buon cabotaggio nelle tempeste della storia presenti e all’orizzonte. Quante bilance della Giustizia, sentenze di rispetto dell’uomo sociale, divengono, anche nei luoghi deputati, stadere, dove il peso è denaro che consuma nel piatto risorse ed energie per capitalizzare l’ignoranza delle differenze a proprio vantaggio? La vertigine del potere  rende immobili nelle superfetazioni degli egoismi, massimi in un quadro dove  l’alterazione della realtà (attraverso i mezzi che la scienza ha prodotto e produce in una straordinaria  raffinata asettica  progressione  di trasformazioni) permette, a chi entra sprovveduto in questa polis schizofrenica (e sono le nuove generazioni), solo un’ansia  di verità, se non è guidato per quel sentiero del sapere (armonia della vita) che non si perde in se stesso. Pesante il respiro in un paesaggio in cui la prima immagine è un mondo inquinato che vive  nei teoremi della sua supponenza. Qui il confronto tra la Politica e la Giustizia (forme e funzioni  della polis) dimentica che le bilancine dei  rapporti sono guidati, nel maggior peso che una vuole avere su l’altra, nella incapacità dei cambiamenti che dovrebbero essere misura e misurazione di un reciproco rispetto della realtà politica sociale. Le opportune distanze e competenze hanno, è ovvio(!), una necessaria, continua, verifica realizzata nel contesto di una partecipata forma di democrazia che i cittadini formano eleggendo il quadro sociale che li motiva. Nel fermento dei cambiamenti necessari: la Politica e la Giustizia sono imprigionate nelle forme mentis degli operatori che navigano nei loro rispettivi mari. Proprio là  dove riemerge  evidente, vestita della sua assolutezza, la morale come etica ecologica per il rispetto degli equilibri che non possiamo sconfessare. Questi sono nelle radici del vivere comune dell’uomo. In questa socialità complessa, dove, ai margini, si ipotizzano realtà prossime future di intelligenze artificiali, il computer già travalica, acquisendole nelle  singolarità di immagini mediatiche virtuali , necessità costruttive ed operative di una società in trasformazione. In questo siderale vuoto di reale informazione dell’oggi  quale futuro potremo dare alle nuove generazioni? Quello che solo (all’orizzonte è Hiroscima) con un rigore ecologico potrà controllare le variazioni della realtà prodotta dalla Intelligenza Artificiale. La dignità umana nella pienezza del dare ed avere è la regola, nell’ordine del mondo. Oggi riconosciuto in ogni caratura di rispetto nelle indagini di lavoro degli scienziati. Attraverso questa verità,  da oggi per l’oggi,nel passaggio alla terza repubblica in Italia, possiamo indicare, quali possibili geometrie dovrebbero articolarsi e dinamizzarsi efficacemente tra la Politica e la Giustizia. Sul ring infatti, anche in Italia, la società è all’angolo, e la democrazia, (il popolo tutto) è  imbizzarrita per i colpi ricevuti dal confronto, giuridicamente, culturalmente ed eticamente   anomalo, tra magistrati e politici. Allora nell’articolazione dei rapporti tra la Politica e la Giustizia, in un quadro costituzionale corretto, il Magistrato dovrà essere  ricostituito responsabile dei valori nella funzione che deve esprimere  e per questo reso  responsabile, in proprio e direttamente degli “errori”che compie. Naturalmente col filtro delle garanzie dovute e, per questo, il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà essere efficiente e riformato. La riforma del C.S.M., con la partecipazione di una buona quota di giudici direttamente eletti dai cittadini, da liste verificate per capacità e doti onorevoli dei candidati, può ridare, pur con l’autonomia dovuta alla  struttura,un  quadro manifesto di piena responsabilità. I canoni dell’interpretazione del lavoro dei magistrati  è così riportato infatti al vaglio di un giudizio esterno di controllo, oltre l’auto giustificazione che è sempre in agguato, oltre il servizio, in ogni nicchia di potere. Naturalmente dovrà realizzarsi la separazione delle carriere,così il Magistrato sarà inquirente nella sua funzione distaccata dal  Giudicante. Il Giudicante  infatti deve essere terzo, nel confronto riconosciuto, reale e dovuto, oggi necessario, con le parti. Naturalmente l’Avvocato è fuori ed è pure dentro il quadro del confronto per riportare dignità a quel principio che lo motiva nella Giustizia : la difesa del più debole, comunque. La Giustizia ha così,  nell’avvocato di nuovo ritrovato nella sua funzione, il  sostegno della libertà creativa che la modella nel percorso della storia per quell’equilibrio  che il presente virtuale sta perdendo. Il Politico è riconosciuto tale (ora poi da individuare e da eleggere con nuove modalità - che esprimono quel certo qual ordine della  democrazia) dai cittadini  per il suo lavoro di servizio per la società, nella funzione e nella qualità,anche quando “governa”. Per questo può essere sottoposto a verifica, anche  preliminare, e questo  anche per la maggior libertà che l’informazione, può dare  per la dialettica propria della polis, più trasparente. Naturalmente,nel maggior mare magnum in cui  veleggia, devono esserci le garanzie delle difese costituzionali che gli competono ,gradate come scudo della democrazia stessa. Un nuovo modo di vivere potrà avere luce, nell’ impegno dei politici e dei magistrati richiamati all’ “ordine”, per la funzione che svolgono. dove l’ “obbligatorietà della responsabilità” viene dal rispetto (ecco la ragione epistemologica) delle nuove regole che stiamo scrivendo, comprese, accettate e non rifiutate. Regole quadro che hanno evidentemente bisogno del contributo di chi è maestro, nei settori, nello svolgimento del filo d’Arianna che ci tiene insieme nel divenire della Polis.    L’onda più lunga della storia porta, all’oggi,  confronti che verifichiamo e consumiamo per  le nuove forme di aggregazioni che sono, già dal presente necessarie, per quel nuovo mondo migliore  che dovremo lasciare alla future generazioni.

Giovanni Lombardi*

Avvocato del Foro di Roma

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