Metro di confronto culturale della politica italiana.
Oggi più di ieri l’orizzonte della storia, nel disordinato evolversi della umanità, sembra naufragare verso un impossibile futuro che si nutre soltanto di arcobaleni di speranza.
La storia, in una realtà dissipatrice di certezze e di equilibri, sta per giungere alle colonne di Ercole dove la polis si ingarbuglia, ritmata nelle accelerazioni di tempi informatici.
La straordinaria, geometrica, progressione dei mezzi offerti dalla scienza debbono essere “domati”, compresi e riproposti nell’ordine delle utilità conseguenti alla legalità del loro uso.
Infatti nel loro mal uso producono quelle crisi evidenti in tutto il pianeta, che, sentinella di guardia e cartina di tornasole pone iperbolici guadi alla nostra coscienza.
Infatti la frontiera delle responsabilità sociali e personali è erosa in una risacca inconcludente per radicate, pervadenti, ideologie discriminatorie, mentre la persona, come cittadino, deve vivere la dialettica dei diritti-doveri nella “riconoscenza” consapevole dello Stato che li formalizza con gli equilibri conquistati dalla convivenza sociale.
Questa forma e in forma proprio là dove la legalità sembra subire uno iato o una offesa, anche nella gradazione della loro imputabilità, (testamento biologico).
Il diritto alla vita si manifesta, alle radici della sua essenza, nella volontà fisiologica di auto sufficienza della persona.
Dalla nascita sino alla morte questo diritto, primario ed elementare ad esistere, si arricchisce di tutti gli attributi che formeranno, nello svolgersi della coscienza, l’identità della persona e questo anche, attraverso il riconoscimento sociale in cui si articola la società nella sua più ampia relativa pienezza antropologica culturale.
Questa oggi si alimenta al limite del possibile,in una prioritaria contraddizione, per una sintesi impossibile nell’inesprimibile rapporto tra la vita e la morte.
Orgoglio, paura o fede,costituiti nel tempo della storia, sono in agguato, ai margini di questo campo che dobbiamo coltivare nel rispetto della legalità.
Questo è ritmato nella originalità del suo tempo che esclude “interferenze di stato”, ed in questo vale riscoprire, nella sua assolutezza, il rispetto della persona in un mondo che si incurva e cede di fronte a questa necessità, paurosamente,come oggi vediamo.
Il riconoscimento di questo, comunque, è un paradigma necessario, nella antropologia della specie umana, per quel sempre miglior mondo che vorremmo esplicare, nel vivere.
In questo segmento di tempo si svolge il filo della convivenza e della cultura dell’uomo (coscienza, sapienza?) secondo un ordine che tende a quell’armonia, anche sociale, che poi nel concreto,di volta in volta , dibatte o disattende.
Il testamento biologico, per altra via, è quindi termine opportuno e necessario per verificare la capacità politica di una società che vuole rendere palese e realizzare quel principio d’ordine, di legalità e di libertà, nei limiti e nei modi in cui l’individuo, nel suo crescere in società, può esprimere, rispettato, rispettandolo.
Questo laddove, nel cittadino come individuo, si fronteggia, il diritto alla sacralità della vita che non è discutibile, ed il suo diritto all’autosufficenza della scelta delle cure e delle terapie, nel rispetto, appunto e proprio, della vita.
Questa anche quando è relativizzata alla autonomia di ciascuno che nel caso è il passaggio dalla vita alla morte biologica.
Rimangono, agli estremi limiti del passaggio,lungo o breve che sia, le consapevolezze solo di colui che le ha vissuto e le vive,con la sua persona.
Rimangono all’esterno, capisaldi di fortini fuori luogo e tempo, le incommensurabili ideologie di un linguaggio su un campo finito che non consente violazioni e contraddizioni.
L’arida verità di un campo dove è dato a te solo il diritto che non hai (vivere ancora) e non puoi concedere ad altri (accanimento terapeutico).
Sino a che punto il cittadino può decidere allora, oggi, nel rispetto della solidarietà che ogni forma di intervento sociale -le cure mediche - dovrebbe offrire, della sua vita con il testamento biologico?
La vita è, nella sua fondamentale indisponibilità, sacra ,ma la sacralità della vita, come bene concesso dal mistero che viviamo ogni giorno, è nella riconoscenza di questa nei limiti del rispetto che ci conquistiamo l’un l’altro.
Anche con la solidarietà cosciente che si suggella con il canone che il testamento biologico dovrebbe esprimere e deve concedersi in una società che ha nella legge di uno Stato le forme della convivenza “civile”, armoniche ed equilibrate.
Altrimenti questo lungo percorso dell’umanità, per ritrovarsi anche in quei luoghi dove possiamo ancora dare dignità alla nostra vita, con affermare l’umanità conquistata nell’equilibrio dei suoi valori, sarebbe perso.
Chiaramente allora il testamento può esprimere e formalizzare, nei suoi limiti dati, il valore di una cultura , (che si rinnova con la scienza, che può e deve dare aiuto tecnico organico e professionale) nel rispetto però della persona riconosciuta ancora nei suoi diritti civili che, nella coscienza della solidarietà nelle forme maturate dalla nostra identità politica, deve trovare .
La solidarietà sociale si realizzerà così in concreto, fattiva politicamente e culturalmente valida, senza quelle distonie di intervento che sarebbero prevaricatrici in un’area ed un tempo in cui non vi è più linguaggio.
“Impossibilia nemo tenetur”in questa saggezza aforistica sarebbe opportuno, proprio per il rispetto della vita, ancorarsi.
Giovanni Lombardi
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