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Negli scorsi mesi il Consiglio comunale romano approvava il regolamento per l’esecuzione del decentramento amministrativo, cioè quel complesso di norme destinate alla definizione delle competenze delle circoscrizioni capitoline. La delibera, che era una conseguenza di una legge dell’Aprile 1976, sembrava essere un importante passo avanti per far si che le circoscrizioni assumessero i propri tratti somatici e perdessero quell’aspetto i oggetto misterioso che hanno ancora oggi per molti cittadini non “addetti ai lavori”. La realtà, come spesso in queste cose, era ovviamente diversa: infatti il regolamento, senza il trasferimento dei poteri decisionali e la conseguente elezione diretta dei consiglieri circoscrizionali, é praticamente acefalo, o, in parole più crude, non serve pressoché a niente.
Abbiamo voluto iniziare il nostro discorso con questa precisazione perché l’Ufficio Stampa del Comune di Roma ha dedicato, nei primi due numeri del suo nuovo notiziario mensile, ROMA COMUNE, ampio spazio a questa delibera, illustrandola come un grande passo in avanti per la definitiva realizzazione di quel decentramento per il quale i partiti che attualmente formano la Giunta capitolina si sono, e ne diamo atto, battuti da anni. Ora ciò che ha fortemente colpito é che l’Ufficio Stampa, mentre dedicava ampio spazio, lodandola, a questa delibera, faceva notare, in un inciso di quattro righe di piombo, che “per la piena efficacia del regolamento sarà necessario preparare, con una lunga serie di apposite delibere, il trasferimento dei poteri decisionali alle venti circoscrizioni”.
Ovvero, dopo tante chiacchiere, come si dice a Roma, siamo “da capo a dodici”: infatti, poco tempo dopo, la notizia che le elezioni circoscrizionali, prima fissate alla primavera del 1977, poi spostate a Novembre per effettuarle, si é detto, in concomitanza di elezioni in altre città italiane, sono state definitivamente procrastinate alla primavera del 1978.
A stretti rigori di logica questo comportamento della Giunta capitolina è incomprensibile: come é possibile che partiti, che hanno voluto il decentramento e continuano a dire di volerlo, nella pratica ne ostacolano o ne ritardano la realizzazione?
Ma se in termini di logica la risposta può risultare incomprensibile, in termini politici é chiara: i partiti che attualmente formano la Giunta, se prima volevano il decentramento per prendere delle fettine di potere in quei quartieri in cui sono elettoralmente più seguiti, ora che lo gestiscono per intero non hanno alcun interesse a rischiare di perderne altre fette. Ma questo discorso, come lo abbiamo rifiutato ieri allorché a farlo erano altri partiti, spesso altrettanto spudoratamente, lo condanniamo oggi, non in nome di un simbolo partitocratico, ma in nome di quella correttezza democratica che i partiti italiani citano sempre dai banchi dell’opposizione e dimenticano spesso sulle poltrone del potere.
Romolo Reboa*
Avvocato del Foro di Roma
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