E’ su tutti i media la notizia dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, della manovra finanziaria. Il titolo VI ovvero, “disposizioni per lo sviluppo”, prevede tra le altre cose, un preoccupante aumento del contributo unificato; aumento che sarebbe giustificato dalla necessità di deflazionare i procedimenti giudiziari e porre rimedio all’intasamento della giustizia civile.
“Processo civile e altre disposizioni per la maggiore efficienza della giustizia”. Ma è questo il giusto rimedio ai problemi della giustizia?
Per smaltire l’arretrato giurisdizionale, il governo non decide di destinare maggiori risorse alla giustizia (magari per assumere nuovi magistrati e cancellieri), ma preferisce limitare l’accesso dei cittadini alla giustizia! Evviva la democrazia e l’articolo 24 della Costituzione sul diritto all’accesso alla giustizia.
E a chi risponde che comunque i cittadini possono comunque agire in giudizio, seppure sostenendo maggiori costi, rispondo che esiste anche un altro articolo della Costituzione, il quale rientrando tra i principi fondamentali sui quali si fonda il nostro ordinamento sancisce il principio di uguaglianza sostanziale affermando che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Prima la media conciliazione obbligatoria, poi l’aumento del contributo unificato, ed il problema giustizia è risolto!. Chi renderà edotto il cliente che per agire in giudizio, dovrà sostenere prima i costi della media conciliazione e poi di una tassa giudiziaria incomprensibile che aumenta a ritmi vertiginosi e che nulla ha a che vedere con gli onorari dell’avvocato? Non certo il CNF che da ben 7 anni è impegnatissimo nell’aggiornare le tariffe forensi degli avvocati (ferme al 2004 nonostante la previsione normativa stabilisca che debbano essere aggiornate ogni due anni). La risposta è lapalissiana: il nobile compito spetterà all’avvocato.
Che succede poi se il difensore non indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ed il proprio numero di fax … ovvero qualora la parte ometta di indicare il proprio codice fiscale nell’atto introduttivo del giudizio ? tranquilli ! la manovra finanziaria ha pensato anche a questo: il contributo unificato è aumentato della metà.
Sicuramente per migliorare l’efficienza del sistema giustizia (sia sotto il profilo dell’aumento dell’organico degli operatori sia sotto quello dell’implementazione degli strumenti e dei servizi), è necessario un sacrificio (anche di natura economica) da parte di tutti i cittadini (avvocati compresi). Purtroppo, l’aspetto critico e lacunoso della manovra finanziaria è rappresentato anche dal fatto che le maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato, saranno destinate al Ministero dell’Economia il quale, le utilizzerà solo in minima parte (e comunque secondo criteri non noti e non esplicati nella manovra) all’implementazione dei servizi per la giustizia. Si sopporta meglio qualunque onere se si è consapevoli che a fronte del sacrificio vi saranno tangibili vantaggi per il “contribuente”.
L’introduzione del processo telematico è ancora una chimera; ci aspettano anni di sacrifici, anche di natura economica; auspichiamo quantomeno che tali sforzi servano affinché un domani, la professione forense e la giustizia in genere, riacquistino la dignità che si meritano.
A chi spetta la tutela della categoria forense? Certamente ai nostri organi rappresentativi, quali i consigli dell’ordine, il CNF, l’Organismo Nazionale dell’Avvocatura; ma se poi chi siede in parlamento ignora i diritti della nostra categoria, approvando leggi e provvedimenti assolutamente distruttivi per l’avvocatura, allora si preannunziano tempi davvero bui. Eppure in parlamento, direi per fortuna, siedono moltissimi colleghi; anzi diciamo che il mestiere dell’avvocato è quello più comune in seno al parlamento.
Mi rivolgo pertanto a tutti i colleghi che hanno l’onere e l’onore di essere membri delle commissioni giustizia di Camera e Senato, chiedendo loro di intervenire affinché provvedimenti quali l’introduzione della media conciliazione obbligatoria, l’aumento sconsiderato del contributo unificato, l’introduzione del contributo anche per i procedimenti in materia di famiglia vengano neutralizzati, e ciò non solo nell’interesse della categoria forense ma anche e soprattutto a tutela dell’intera collettività. Non dimentichiamoci che tutti questi “fortunati” onorevoli colleghi siedono in parlamento perché qualcuno di noi li ha votati (e di colleghi elettori in Italia siamo in 250.000). E allora, chiediamo ai nostri amici colleghi onorevoli di attivarsi al più presto, perché se dovesse essere approvata (come auspicabile) la nuova legge elettorale, saremo anche noi “comuni” avvocati a decidere le loro sorti politiche.
E allora eccoli i nostri cari colleghi, con tanto di nome, cognome come pubblicato sui siti web di Camera e Senato; affinché non si parli genericamente di responsabilità della “politica”, dei “partiti” del “governo” delle “commissioni” ma si indichi nome e cognome di chi ha il sacrosanto dovere di attivarsi a tutela della nostra categoria e dell’intera collettività.
Matteo Santini*
Avvocato del Foro di Roma
Ecco i nostri colleghi che siedono in parlamento nelle commissioni giustizia: (dal sito web della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica)
- Giulia Bongiorno
- Ida D’Ippolito Vitale
- Elio Vittorio Belcastro
- Roberto Cassinelli
- Mario Cavallaro
- Manlio Contento
- Enrico Costa
- Antonio Di Pietro
- Niccolò Ghedini
- Nicola Molteni
- Luca Rodolfo Paolini
- Maurizio Paniz
- Giancarlo Pittelli
- Lorenzo Ria
- Anna Rossomando
- Marilena Samperi
- Maurizio Scelli
- Maria Grazia Siliquini
- Francesco Paolo Sisto
- Pietro Tidei
- Salvatore Torrisi
- Luigi Vitali
- Filippo Berselli
- Piero Longo
- Carlo Chiurazzi
- Albero Balboni
- Domenico Benedetti Valentini
- Franco Cardiello
- Sergio Divina
- Guido Galperti
- Luigi Li Gotti
- Sandro Mazzatorta
- Franco Mugnai
- Giuseppe Valentino
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