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La lotteria di Piazza Montecitorio

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOLa situazione di impasse a cui stiamo assistendo nei rapporti tra l'Avvocatura e la politica merita di essere esaminata più attentamente al fine di cercare di comprenderne le cause.
Certamente il dualismo a cui abbiamo purtroppo recentemente assistito nello svolgimento delle funzioni di rappresentanza dell'Avvocatura non ci ha aiutato;  l'atteggiamento, spesso morbidamente adagiato al dialogo, da parte del C.N.F., sia con il governo, sia nei confronti di  altri poteri forti, ha forse convinto le sfere dirigenti  della classe politica, sia di centro-destra, sia di centro-sinistra che gli avvocati non sono in grado di darsi una linea comune, condivisa e ferma, sui capisaldi irrinunciabili della professione forense.
L'avvocatura, invece di reagire eliminando questa dicotomia strutturale dovuta al predetto  dualismo, ha aggiunto un terzo  elemento distorsivo (giungendo ad un trialismo pernicioso) della sua rappresentanza: la posizione, spesso incautamente indipendente, dei grandi e medi Ordini e/o di qualche Unione territoriale. Perchè sia accaduto questo ( al contrario di quanto hanno fatto altre categorie professionali quali i Commercialisti, per non dire dei Notai,  che solo in parte sono liberi professionisti, avendo dalla loro il numero esiguo, la funzione di Pubblico Ufficiale e la funzione esattoriale) è, a mio sommesso parere, abbastanza chiaro.
L'avvocatura non è una ma almeno quattro: l'Avvocatura dei grandi studi o dei grandi nomi, che non risente  particolarmente dei problemi della giustizia, avendo dalla sua fatturati che assorbono oltre il 30% dell’intero PIL della categoria,  l’Avvocatura di  base, pur affermata, che lavora ogni giorno in una situazione degradata tentando di resistere al peggioramento della situazione della giustizia, dando lavoro ai giovani (segretarie e praticanti), creando indotto; l'avvocatura dei giovani avvocati, oggi totalmente allo sbando che non riesce spesso nemmeno a raggiungere i minimi redditi professionali richiesti ; l'Avvocatura penale, che pur rientrando nelle precedenti tre categorie, si è generalmente e miopicamente interessata solo delle precipue problematiche penalistiche, non partecipando, quando non addirittura interferendo con quella civilistica.
A queste quattro avvocature potrebbero essere aggiunte altre quali quelle di "nicchia": internazionale, tributaria, sportiva, ecc...
Ma oltre a questa disamina strutturale interna alla nostra, non univoca professione, deve essere esaminata quella ancora più importante che riguarda specificatamente la politica, intesa, latu sensu, come il coacervo di soggetti in grado di essere interlocutori dell'avvocatura. Attualmente tentare di allertare, sollecitare, convincere i singoli parlamentari, indipendentemente da quale schieramento appartengano, sulla bontà e ragione delle nostre richieste o istanze è molto difficile se non impossibile.
La vigente legge elettorale, assurdamente ingabbiante e centralista, comporta che  costoro non possano, di fatto, remare contro quello che la dirigenza del partito o dello schieramento a cui appartengono richiede, spesso con l'imposizione di voti di  fiducia a scatola chiusa. Possono a volte cambiare bandiera, passando però dalla padella sulla brace, perchè anche facendolo dovranno poi (generalmente) attenersi alle " istruzioni per l'uso"  della nuova dirigenza di approdo.
Con l'attuale legge elettorale e con il proliferare dei decreti legge e dei tanti decreti legislativi, viziati alla base da  mancanza o eccesso di delega, si è svuotato di fatto qualsiasi ruolo del Parlamento (e quando verrà attuato il Senato delle Regioni, secondo me sarà anche peggio) sull'attività legislativa ordinaria, e
spesso anche  straordinaria. Solamente qualche grande tema, spesso ritenuto tale a torto, passa formalmente per il normale esame parlamentare mentre l'ordinaria attività sulle cose che contano per i cittadini (sanità, giustizia, scuola, finanza, attività produttive, assicurazioni, controllo dei media, ecc.) viene deciso in altra sede e al parlamento, nella migliore delle ipotesi, tocca il solo compito di ratificare, con coatta fiducia, l'operato del governo o del ministro di turno. Non è quindi certo un problema di quale schieramento politico governa ma delle regole che, nel tempo, soprattutto dopo il battage mediatico di sostegno al sistema bipolare a suo tempo attuato in nome della “governabilità”, sono cambiate.
Troppo il potere legislativo concesso o delegato al governo, togliendogli persino quel sano controllo parlamentare che forse rendeva meno " snella"  la sua attività ma evitava troppe leggine sbagliate, incostituzionali o inutili, dovute all'ignoranza, alla incapacità, alla miopia, quando non alla mera arroganza dei loro fautori, conosciuti od occulti. Credo, in conclusione, che per il bene dell'Avvocatura e di quello che essa rappresenta per l'intera cittadinanza italiana e non, e persino per le stesse imprese, si debba al nostro interno cambiare modo di agire, magari con un grande e partecipato Congresso straordinario, ove si tenti di creare una rappresentanza forte ed armonica magari anche creando quel  CONSIGLIO SUPERIORE DELL'AVVOCATURA che abbia il consenso di tutta l'Avvocatura ma certamente e necessariamente di quello della grande base, grande non solo in termini numerici ma anche di aspirazioni ideali. La distinzione assoluta tra le funzioni rappresentative e quelle istituzionali-consultive è la base della futura auspicata concordia. Se non riusciremo in questo non troveremo interlocutori degni di questo nome nella politica e nei governi. Dovremo da subito comunque anche fare anche una proposta politica, mediaticamente fruibile ai cittadini, affinché  si ponga mano al più presto ad una nuova ( o vecchia?) legge elettorale democratica e funzionale al ruolo costituzionale del parlamento. E se da questo si potesse "rischiare" di perdere il bipolarismo.. ci consoleremo!

Settimio Catalisano

*Avvocato del Foro di Roma

 

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