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L'affidamento condiviso

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOE' ben noto agli operatori del diritto di famiglia che la legge 54/2006 ha avuto inadeguata applicazione. Il passaggio da una gestione monogenitoriale ad una bigenitoriale dei figli – indicata dal legislatore non solo come la più idonea a realizzare l'interesse del minore, ma come corrispondente a un suo indisponibile diritto - non si è compiuto. Prioritariamente la magistratura, ma in realtà la parte prevalente dell'intero sistema legale (avvocatura, servizi sociali, mondo accademico) si sono schierati a difesa del vecchio modello. Ciò ha reso necessario che i fautori della riforma si attivassero nuovamente per proporre al Parlamento un nuovo intervento che rendesse ineludibili le norme in vigore. A luglio 2008 veniva depositato in Senato il ddl 957. Le obiezioni al ddl in esame sono state con tutta evidenza – e come brevemente vedremo – del tutto inconsistenti e strumentali, mentre l'ansia degli oppositori, si è tradotta, a volte, in aggressività, in espressioni e toni fuori luogo e fuori misura. Da una parte varie organizzazioni di operatori del diritto di famiglia, coalizzate a favore del modello esclusivo, con secondarie differenze tra loro; dall'altra la società civile, stanca di illegittimi aggiramenti, concordemente a favore del pieno impegno per i figli di entrambi i genitori, smentendo implicitamente certe rappresentazioni di comodo ("una riforma voluta dai padri contro le madri") e soprattutto con il decisivo supporto dei figli di genitori separati che hanno finalmente potuto chiarire senza equivoci cosa vogliono e cosa meglio risponde allo strumentalizzatissimo "interesse del minore". E il muro di divisione tra le due posizioni non ha riguardato dettagli tecnici, ma l'impianto stesso della riforma del 2006, a suo tempo tenacemente avversata dagli stessi soggetti che oggi ne sostengono l'intangibilità. E' il modello monogenitoriale che piace a buona parte dell'avvocatura e della magistratura minorile; è la doppia responsabilità genitoriale che viene invocata dalla famiglia separata. Non esiste nello schieramento che rifiuta un nuovo intervento alcuna intenzione costruttiva, ma solo la volontà di bloccare un provvedimento che darebbe attuazione al modello equilibrato di affidamento, proprio per ostilità al modello stesso. Tutti gli operatori del diritto di famiglia sanno perfettamente – e di regola ammettono – che nell'attuale applicazione della legge 54/2006 sono rimaste inalterate le sostanziali differenze di ruolo e di poteri per i due genitori proprie dell'affidamento esclusivo; e sanno altrettanto bene che queste differenze accendono un pericoloso contenzioso come prima le differenze tra l'affidatario e il non affidatario. Dunque per abbatterlo è indispensabile realizzare autentiche pari opportunità, spazzando via a monte i principali oggetti del contendere. Si replica: ma questo è un approccio adulto-centrico, " significa leggere la bigenitorialità nel quadro dei principi di uguaglianza e di parità tra coniugi, ampiamente superata dal principio che è l'interesse del minore, e non la parità tra i genitori, che impone la condivisione delle responsabilità" (Osservatorio Naz. sul Dir. Fam., in "Avvocati di Famiglia", n. 2 2011, p. 2). Ma questa è solo teoria. A prescindere dalle innumerevoli positive ricadute, assolutamente apprezzabili, della uguaglianza tra i genitori, come può un figlio star bene se i suoi genitori sono in guerra? Tutto ciò che serve a ridurre, o a contenere, la loro litigiosità contribuisce, prioritariamente e imprescindibilmente, all'interesse del minore. I diversi approcci sono solo un esercizio di retorica forense, che alla famiglia separata non interessano, meno che mai ai figli. E se si vuole comprendere quanto sia abissale la distanza tra i professionisti e i principali interessati ai relativi problemi appare decisivo rileggere la relazione depositata in Senato dall'associazione "Figli per i figli", che rappresenta il punto di vista dei figli di separati. "la divergenza di valutazione tra noi e loro [i gruppi di cui sopra, N.d.A.] non riguarda dei dettagli, ma il cuore stesso del problema, ovvero la scelta del modello. E' chiarissima la loro preferenza per il vecchio sistema. Dire che l'avverbio "pariteticamente" deve essere cancellato equivale a dire che si vuole che la gestione dei figli sia squilibrata. Altrimenti che fastidio darebbe? Sostenere che il sistema migliore per organizzare le nostre giornate è che si stia sempre – o quasi – presso un genitore e che l'altro gli dia del denaro per provvedere alle nostre necessità significa non avere minimamente compreso le nostre esigenze e i motivi più profondi del nostro dolore. Significa ragionare da adulti e da adulti che hanno una visione di tipo aziendale della famiglia separata. Il criterio guida deve essere l'efficienza! Ma la famiglia non è un'azienda! Non si può dare la priorità alla stabilità logistica rispetto a quella affettiva. Forse a un certo tipo di genitori può anche convenire, ma non a noi. Per questo la cosa più grave è che questi gruppi hanno pure la pretesa di parlare a nome nostro! Per me non sarebbe stata affatto la stessa cosa che mio padre mi accompagnasse a scegliere un golfino, piuttosto che trovarmelo acquistato da mia madre insieme a tutto il resto del necessario. O che toccasse a lui portarmi a pallacanestro due volte la settimana. ........ Voler permettere a un genitore, in caso di affidamento esclusivo, di portarsi i figli dove vuole, senza né l'autorizzazione del giudice né il consenso dell'altro, significa non riuscire a ragionare in concreto né a liberarsi delle antiche gerarchie tra genitori. Si vorrebbe che il genitore possa solo rivolgersi al giudice dopo che la partenza è avvenuta. Quindi una madre che sia stata esclusa dall'affidamento perché di tanto in tanto beve dovrebbe lasciare che il padre si porti le bimbe in Marocco (o altro paese che non ha firmato la Convenzione dell'Aia). Dopo di che chi le ritrova, chi va laggiù a recuperarle? Sarebbe questo l' "interesse del minore"? No, grazie. E non ci stupisce, ma non siamo certo d'accordo, che ad alcuni operatori del diritto, abituati a giocare in tribunale con la "verità processuale", dia fastidio che si vogliano censurare e sanzionare le manipolazioni dei figli, in modo da scoraggiare i genitori dal tentarle. Noi, invece, siamo stanchi di essere assediati dalle polemiche degli adulti, alcuni dei quali si sforzano di convincerci che l'altro genitore è un mostro; in qualche caso riuscendoci, cosa che poi ci distruggerà per il rimorso. Questo secondo intervento - che renderebbe ineludibili le norme già in vigore, completandole e consolidandole, nel pieno spirito del primo intervento – è perciò da noi considerato indispensabile e ad esso l'associazione viene oggi a dare sostegno, sposando integralmente le tesi dei ddl in esame. ... In queste condizioni il Parlamento, se davvero intende realizzare l'interesse del minore, ovvero permettere ai figli di genitori separati di godere di quei diritti indisponibili che la Costituzione all'art. 30 e il codice civile agli articoli 147 e 155 riconosce loro, dando ad essi i contenuti per i quali si sono già battuti e si battono oggi, non può porsi in posizione intermedia tra ciò che chiedono i diretti interessati e ciò a cui aspirano altre categorie, per propri motivi di tornaconto". Ma allora si deve quanto meno ammettere che se passa un "vero" affidamento condiviso per gli avvocati di famiglia non c'è più lavoro? Non siamo d'accordo, è una previsione sbagliata. Indubbiamente il cambiamento legislativo avrebbe importanti ricadute sull'attività dei difensori, ma solo qualitative, non quantitative. E' con l'avvocato che si inizierà a discutere a chi assegnare la casa di comproprietà, cosa che oggi non avviene, a causa dell'automatismo della sua attribuzione al "collocatario", che non esisterà più. E' attraverso l'avvocato che si valuteranno le risorse di ciascun genitore e si individueranno e attribuiranno a ciascuno i capitoli di spesa e i compiti di cura, anziché subire pressoché ineluttabilmente, come oggi, la cifra che il giudice stabilirà. E d'altra parte non sarà più il caso di insinuare immaginari abusi, trasformare "fisiologiche" e bilaterali liti familiari in univoci comportamenti violenti, trasformare una pasticca contro il mal di testa in una costante dipendenza da psicofarmaci. Una riformulazione, quindi, per l'avvocato, che ne migliorerebbe e nobiliterebbe le prestazioni, evitandogli anche di assumere i rischi delle accuse strumentali. Pericolose soprattutto se si confermeranno ed estenderanno recenti pronunce di alcune corti di merito, per altro altamente rappresentative, come il Tribunale per i minorenni di Milano e il Tribunale civile di Roma. Dal primo (decreto del 4 marzo 2011) arriva la prima utilizzazione in cinque anni e mezzo della sanzione prevista dall'art. 155 bis comma 2 c.c., ovvero la lite temeraria per avere pretestuosamente tentato di escludere un genitore dall'affidamento. E dalla prima sezione del Tribunale civile di Roma una sanzione finalmente significativa (50.000,00 €) per danno morale inflitta a una madre "collocataria" per avere ostacolato i rapporti tra padre e figlio, anche in tal caso attivando la strategia delle denunce infondate. Si tratta di provvedimenti che indubbiamente segnalano la via da percorrere.

Avv. Matteo Santini* Pres. Centro nazionale studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori

Prof. Marino Maglietta* Pres. Crescere Insieme

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