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L'avvocatura tra Don Ferrante e Ned Ludd

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOIl Congresso di Milano, facile previsione, ha avuto di straordinario solo l'inutilità per la totale mancanza di analisi approfondite e soprattutto di proposte innovative; l'assenza dei politici ha poi certificato l'irrilevanza sociale dell'Avvocatura. Non interessa qui fare processi, per qualcuno ingenerosi, per altri inutili; ma piuttosto tentare di tracciare la rotta per dialogare con la realtà. Il CNF, come il povero Don Ferrante di manzoniana memoria perso nella sua biblioteca, ha "strologato" negando la peste ed è morto nella strenua difesa del "Mugnai"; l'OUA ha invece cavalcato, un ribellismo "luddista" privo di visione. Il movimento, nato in Inghilterra a cavallo del 18°/19° secolo contro l'introduzione delle macchine utensili; prese nome da Ned Ludd che ruppe per protesta contro la disoccupazione ed i bassi salari un telaio meccanico; (la famosa Giannetta filatrice); la storia ha mostrato, ma evidentemente non insegnato a molti; come fosse Ludd ad avere torto, nell'opporsi al cambiamento. Dal dilemma di Amleto tra "il sopportare nell'animo le frombole ed i dardi dell'oltraggiosa fortuna" (CNF) e "l'opponendosi ad essi perire" (OUA) si può uscire; cavalcando la tigre! Ma come? Innanzitutto con sano realismo, prendendo atto che il dogma vincente è la sussunzione dell'Avvocatura nel concetto di impresa; con le "specialità" di svolgere una funzione sussidiaria nell'amministrazione della giustizia e quella ontologico della difesa; che però resta fatto individuale. Le soluzioni possibili vanno trovate iniziando dalla rappresentanza. Il reticolo ordinistico ridisegnato come un mero ufficio del sistema giustizia, nella linea di out-sourcing di funzioni pubbliche imposte ai privati ed a loro spese; sopravvive perché la costituzione prevedere l'obbligo di difesa tecnica e l'esame di stato. Con l'esame unico nazionale però i "giochi" saranno finiti. Il CNF co-gestirà il concorso e l'albo dei Cassazionisti, gli ordini locali gli albi locali per l'organizzazione a nostro carico del patrocinio dei non abbienti e delle difese d'ufficio. La giurisdizione domestica è ormai compromessa, le norme deontologiche sono ormai etero-normate; il prevalere del principio di concorrenza, la libertà assoluta di pubblicità, le tariffe ridotte a parametro deciso dalla sola P.A. senza neppure la previsione di "mero concerto"; la ridefinizione delle circoscrizioni: sono questi gli elementi normativi che ridisegnano, privandolo di significato prima che di funzione, il sistema ordinistico. La stessa residua attribuzione agli ordine della formazione è una trappola che scarica ancora una volta sull'Avvocatura oneri gravanti in gran parte sulle istituzioni, e che gli Ordini non potranno sopportare, salvo poi essere censurati per l'inadempienza. Chi vuole la prova del nove rifletta sull'irrilevanza dell'Avvocatura nei consigli giudiziari ed il contentino dell'accesso ai Confidi. Ben si comprende come l'Ordine nazionale o locale non ha alcuna, possibilità di assumere la rappresentanza socio-politica dell'Avvocatura; a prescindere dalle valutazioni sulla classe dirigente e la sua selezione, che definire inadeguata è carità di patria. Anche se occorre per onestà dire che "...rari nantes apparent in gurgite vasto...". In questa situazione il vagheggiato Consiglio Superiore dell'Avvocatura è un orpello, una duplicazione utile solo all'inesausta sete di poltrone di qualcuno. I maestri del liberalismo insegnano che in democrazia è legittima la dinamica degli interessi; questi altrettanto legittimamente si porranno in termini collettivi così producendo strutture stabili di rappresentanza. Facendo perno sugli artt. 2, 3,2° e 18 Cost.; rivendichiamo dunque con orgoglio la natura corporativa del ceto forense; che nessuno potrà tacciare di "casta" dal momento che svolge, a propria cura e spese, funzioni sussidiarie essenziali nel sistema giustizia e non partecipa alla determinazione coattiva dei propri compensi. Applicando preveggente con analogia l'art. 39, 2° Cost. avremo la forza che deriva dalla centralità del Congresso democraticamente eletto. Conosco le obbiezioni: la funzione difensiva, il decoro, la tradizione (quale?), ecc..: argomenti da "noblesse oblige", ma vestiti sdruciti dal mondo cambiato: dall'alluvione degli albi, dalla disorganizzazione/costi della giustizia, dalla crisi economica, dal deficit di formazione. Ricordate Wordsworth... Se niente può far che ritorni all'erba il suo splendore...! L'agire invece come corpo sociale portatore di interessi anche economici consentirà di porci con libertà di azione di fronte agli interessi collettivi antagonisti; le istituzioni statali e locali pasticcione ed inadempienti; i sindacati dei lavoratori e quelli degli imprenditori, il sistema bancario, ecc..Solo se si riconosce come specie del genere impresa, l'Avvocatura potrà ottimizzare la sua "specialità" chiedendo per il resto "parità di trattamento" e/o equo contemperamento o stipulare alleanze; in virtù della necessaria tutela anche collettiva del diritto di difesa. Restare chiusi in Forte Alamo regalerà gloria e beaux gestes, ma ci condannerà all'irrilevanza trasformando in peso insostenibile il nostro dovere di difesa ridotto a mero munus individuale. Il vero antagonista del futuro sarà però il consumismo che già assedia la cittadella; con l'accesso agli atti disciplinari, le norme sull'astensione, la formalizzazione esasperata del contratto d'opera professionale. Un sistema basato sulla difesa para-pubblica e su A.E.C. è all'orizzonte. Questo argomentare vale a maggior ragione per le altre professioni; tra le quali il raccordo verticistico si è dimostrato inadeguato, mentre è essenziale la ricostruzione della classe media oggi riassorbita nel sistema sociale binario. La ricostruzione può avvenire solo dal basso, dal consenso ed anche per questo i Congressi, e perché no! il Congresso dei Congressi; appare l'unica via percorribile. Come i marinai di Tennyson "...molto perdemmo, ma molto ci resta... tempio d'eroici cuori".

Roberto Zazza*

Avvocato del Foro di Roma

Presidente Forum delle Professioni

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