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Roma (foro)

Elezioni Ordine Avvocati Roma: stravince Galletti

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Cambia totalmente la geografia politica dell'Ordine degli Avvocati di Roma all'esito delle votazioni conclusesi il 19 Gennaio 2019.

La lista dell'avvocato amministrativista e tesoriere uscente Antonino Galetti stravince le elezioni, ottenendo l'elezione di tutti i propri sedici candidati e divenendo il presidente in pectore, dopo la meteora della presidenza dell'avv. Alessandra Gabbani, un'avvocato sconosciuto alla maggior parte dei colleghi, che ha sostituito per poco più di un mese l'avv. Mauro Vaglio, dimessosi per aver optato per la Cassa Forense, e che non si è nemmeno ripresentata.

La lista dell'avv. Mauro Vaglio è stata la grande sconfitta, pur essendosi classificata al secondo posto con sette consiglieri ed ha pagato la scissione non solo con l'avv. Antonino Galetti, ma anche le polemiche seguite alla sua sfortunata candidatura al Senato con il Movimento Cinque Stelle.

Gli altri due candidati eletti appartengono alla lista Nicodemi / Cesali, che, però, segna la sconfitta proprio dell'avv. Massimiliano Cesali, primo dei non eletti.

Tonfo per la lista dell'Associazione Forense Emilio Conte, dopo la rinuncia alla candidatura dei propri capolista avv.ti Antonio Conte e Livia Rossi, consiglieri uscenti divenuti ineleggibili in seguito alla pronuncia della Cassazione civile, SS.UU., con la sentenza 20/12/2018 n° 32781.

Altro tonfo quello dei candidati dell'U.I.F. (Unione Italiana Forense), associazione che l'avv. Elisabetta Rampelli ha tentato di resuscitare senza però avere l'umiltà di comprendere che le operazioni politiche che tentano di rimettere in piedi vecchie sigle defunte hanno speranza di successo solo ove il promotore abbia l'autorevolezza (e la volontà) per contattare i protagonisti delle stagioni aveva amalgamato.



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Clamorosa iniziativa giudiziaria di 51 cittadini siciliani SULLE ELEZIONI LA TEGOLA DEL «PAGA PORCELLUM»

Mentre infiamma la campagna elettorale, 51 siciliani indipendenti hanno aderito all’iniziativa «Paga Porcellum» di Insieme Consumatori, una battagliera associazione presieduta dall’avv. Romolo Reboa, autore, insieme all’avv. Maria Rosaria Cusumano, dell’azione giudiziaria collettiva.
Avanti la Sezione Elettorale del Tribunale civile di Messina (RG 6433/2017) è stato infatti presentato un ricorso di circa 40 pagine, con il quale i 51 cittadini chiedono il risarcimento dei danni per essere stati privati della possibilità di esercitare il loro diritto di voto conformemente al diritto costituzionale.
La causa trova origine nella sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale che, in seguito ad ordinanza di rimessione proprio del Tribunale di Messina, dichiarò l’illegittimità della legge elettorale che il suo stesso autore definì «Porcellum», con un chiaro riferimento al maiale per le modalità che avevano portato alla sua approvazione.
L’approfondita analisi del diritto costituzionale e comunitario degli avv.ti Romolo Reboa e Maria Rosaria Cusumano ha messo in evidenza come lo Stato sia obbligato a risarcire i danni derivanti dalla lesione dei diritto costituzionali degli elettori.
I 51 ricorrenti hanno ricordato che il diritto di voto è il diritto politico per eccellenza e che la loro violazione produce “effetti prolungati e permanenti». Pertanto chiedono che il risarcimento del danno venga determinato dal Tribunale secondo equità, ma comunque in misura non inferiore ad € 1.500,00 per ogni anno dal 2005.
A supporto di tale calcolo minimo, gli avv.ti Romolo Reboa e Maria Rosaria Cusumano hanno usato i parametri della c.d. Legge Pinto sull’equa riparazione per i ritardi giudiziari come riferimento, sul presupposto che il valore della democrazia è equiparabile almeno a quello della giustizia. Sulla base di tale calcolo, è possibile stimare che dal 2005 ogni cittadino ha subito un danno nell’ammontare di circa € 15.000,00.
«Nel quantificare l’entità del risarcimento ci siamo posti il problema degli effetti sulle finanze dello stato di una sentenza di accoglimento che costituirà precedente per altre decisioni analoghe» hanno dichiarato gli avv.ti Romolo Reboa e Maria Rosaria Cusumano «e per questo abbiamo optato per i parametri della legge Pinto sull’equa riparazione per ritardata giustizia che erano stati determinati dal legislatore tenendo presente l’elaborato giurisprudenziale».
Poi, con un affondo tecnico e politico, gli avv.ti Romolo Reboa e Maria Rosaria Cusumano spiegano che «il parametro è quello della legge Pinto prima delle modifiche del dicembre 2015 (che la rendono di difficile attuazione e ne hanno ridotto i risarcimenti) volute da questo Parlamento anche in considerazione del fatto che è stata la Corte Costituzionale, nella sentenza n.1/2014, a scrivere che “è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione”».
L’Avvocatura dello stato si è difesa, negando il diritto al risarcimento ed il collegio, presieduto dal Pres. Minutoli (giudici a latere Amodeo e Orifici), dopo la discussione del ricorso, si è riservato.
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Gli Avvocati Romolo Reboa e Maria Rosaria Cusumano, avanti il Tribunale di Messina.

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Avvocati e soci di capitali

Tristemente, l’Avvocatura si accinge ad entrare nell’era dei soci di capitale. L’innovazione era nell’aria da molto tempo ma l’Avvocatura era sinora riuscita a fronteggiare le smanie espresse dai “poteri forti”sul punto. Poi, tramite l’annuale disegno di legge sulla concorrenza (ahimè, subito approvato dalla Camera con amplissima maggioranza), l’imposizione ha preso forma nonostante le evidenti distorsioni che il nuovo assetto ineluttabilmente comporterà. Assisteremo alla nascita di studi legali composti da Avvocati la cui attività verrà plasmata dai “grandi clienti” e cioè da banche, compagnie assicuratrici e facoltosi gruppi industriali. Prevedibilmente,saranno questi i soci di capitale. Essi, tuttavia, si rivolgeranno solo agli studi legali di propria appartenenza e partecipazione. Gli Avvocati di queste strutture saranno, quindi, costretti a precludersi la facoltà di porsi liberamente al servizio di clienti di altra estrazione e ciò in cambio del gettito finanziario che sarà loro assicurato od anche soltanto prospettato. Di conseguenza, gli Avvocati che accetteranno di lavorare in tali strutture, perderanno l’indipendenza. Di contro, gli Avvocati che non accetteranno ciò, non vi verranno ammessi e perderanno una consistente parte delle fonti di loro sostentamento. Resteranno, tuttavia, liberi: più poveri ma più liberi. Tuttavia, i liberi Avvocati non saranno gli unici a manifestare una grave rimessione: il nuovo assetto forense comprometterà anche la tutela dei diritti e, perciò, il più delicato baluardo della democrazia stessa. Che ne sarà del riserbo professionale del difensore, imperituro obbligo e diritto di ogni Avvocato? Con l’avvento dei soci di capitale, potrà mai essere precluso a tali partner l’accesso alle informazioni riservate del “suo” (essendo socio) studio legale? Ragionevolmente, il socio di capitale non potrà essere privato del diritto di conoscere - apertamente od anche indirettamente - tutti gli affari dello studio legale di cui è egli stesso socio. In tale veste, potrà conoscere degli incarichi acquisiti, del loro contenuto e della parcellazione. Accedendo ai carteggi delle cause, potrà anche conoscere di questioni riservate che riguardino i suoi stessi concorrenti, in un contesto di evidente conflitto di interesse. Giungeremo al paradosso: potrà l’Avvocato legittimamente opporre il segreto professionale a magistrati ed ispettori della Guardia di Finanza ma non ai suoi soci di capitale! Eppure, più d’una volta la stessa Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha riaffermato il diritto all’assistenza dell’Avvocato e che tale difensore debba manifestarsi indipendente e riservato, sottolineando che l’invadenza nel segreto professionale possa avere ripercussioni tanto sull’amministrazione degli affari di Giustizia, quanto su quei diritti garantiti dall’articolo 6 della Convenzione. E che dire dell’impatto sulla Cassa Forense? È ragionevole ritenere che  i soci di capitale non saranno Avvocati e, quindi, non avranno obiettivi pensionistici. Essi mireranno essenzialmente a percepire i profitti derivanti dalla fruttuosità del capitale investito. Utili, dunque, difficilmente riconducibili alla contribuzione forense ed al sistema retributivo- solidaristico che deve improntare la nostra Cassa per garantirne la futura stabilità economico-finanziaria. Perché allora questa frettolosa apertura agli evitabilissimi soci di capitale? Tra coloro che la pensa diversamente da me, qualcuno afferma che i soci di capitale servono per apportare i mezzi finanziari che consentano agli Avvocati l’espansione degli studi legali e loro migliore organizzazione. Ebbene, a costoro rispondo con il senso che ebbe ad esprimere un sommo Avvocato: “è forse lecito che si compri l’indipendenza e la riservatezza degli Avvocati?”

Alessandro Graziani 

avvocato del Foro di Roma 


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La fine dell'unità dell'avvocatura

Repubblica il 17 giugno scorso ha dedicato un paio di pagine alla ormai conclamata crisi del ceto professionale; crisi reddituale e generazionale; correttamente inquadrata nella liquefazione delle classi medie. I dati reddituali riportati, assunti a parametro prevalente riguardano però il periodo 2007/2015. Milano & Finanza del 19/06/15 rilancia la nota querelle tra l'antitrust ed il CNF risalente ai lontani anni della presidenza Amato (... da chi??). Al fondo c'è la rimeditazione sulla natura imprenditoriale o meno della professione di avvocato; apparentemente risolta dall'art. 5, 2° c., lett. e) della Lg 247/12, che resta però un'astratta dichiarazione di principio se non si declina in positivo; se cioè non si definisce nel concreto rapporto tra attività e normazione il "tertinum genus". Temi non nuovi. Ancora prima il Corrierone del 14/06/13 rilevava il rischio incombente di una crisi tra generazioni e sottolineava la gravità di un sistema di formazione inidoneo e l'assenza di qualunque sistema di Welfare. Su Economy del 12/10/11, presentando un libro sul sistema pensionistico, si sottolineava l'oggettiva contrazione dei redditi degli Avvocati per molti al limite della soglia di povertà e la mancanza di qualunque ammortizzatore sociale. Questo il titolo dell'articolo: "Il paradosso dell'Avvocato (proletario)". Le domande retoriche sono: ma questi non erano gli stessi che riempivano nel 2006 paginate di osanna alle lenzuolate di Bersani? Perché oggi questa riviviscenza di interesse? Sono veramente scomparse le presunzioni socio-ideologiche di allora; di fronte alla realtà c'è un leale ripensamento? Purtroppo è carità pelosa!! Non erano però mancate in anni antecedenti le riflessioni più articolate di De Vico (Piccoli... Marsilio 2010); o i ripensamenti di Galgano su Contratto e Impresa o i tentativi di Prandstraller (da ultimo "La Rinascita del Ceto Medio" Angeli 2011). Esiti pratici? Nulla! Splendide le pagine sulla libertà dell'avvocatura, di quel galantuomo e gran giurista di Giorgio Orsoni, ma chi le ha lette? E l'Avvocatura? Tanti i mugugni della base, verrebbe da dire la pletora; che frequenta quotidianamente le aule; velati per molto tempo da comprensibile pudore per il personale disagio economico; irritati (eufemismo) per le condizioni e gli strumenti di lavoro - compresi i Codici e le Novelle. L'associazionismo, che aveva vissuto momenti di gloria, si è spento negli anni chiuso in una improduttiva autoreferenza e peggio a volte aperto allo scodinzolio prono di fronte al Masaniello od al Ministro di turno. A riprova: la crisi di adesioni specie giovanili si è ormai estesa anche alle Camere Penali (cfr Avv. Comi in il Garantista 13/06/15): queste almeno salde nella difesa del ruolo dell'Avvocatura e dei diritti del cittadino nel processo. Il CNF arroccato a difesa della giurisdizione domestica e del concetto di "non impresa" ha comunque portato a casa una legge professionale che pur dal forte profumo d'antan, ha evitato la nefandezza del DL 183/12. Certo la sua composizione non lo ha favorito nel trovare la soluzione ai fenomeni emergenti; nessuno dei suoi membri infatti pare essere un "non formato" a basso reddito, ma con la nuova presidenza "eppur si muove". Dell'OUA desidero non parlare perché le questioni di famiglia si risolvano in casa. Mi limiterò ad indicare nel 2008 l'anno di cesura tra due modi di intenderla ed a richiamarne l'attenzione alla novelle vague del CNF. La Cassa infine sconta la sindrome Equitalia; è l'Ente esattore! Tuttavia è proprio alla Cassa che dobbiamo l'unico tempestivo studio scientifico sulle mutazioni dell'Avvocatura. Mi riferisco allo studio commissionato al Censis nel 1997, ispiratore di un metodo seguito subito in ambito OUA dall'Ufficio Studi e nei contro rapporti di Marco Ubertini. La scelta, carità pelosa dicevamo! La scelta di Repubblica di datare al 2007 il punto di crisi dell'Avvocatura non è condivisibile, perché lega l'origine un complesso fenomeno sociale, ed oggi antropologico; all'inizio dell'ultima grande crisi economica mondiale; mentre questa lo ha solo acclarato e ne ha rivelato in maniera ineludibile l'esistenza. Nel citato Corrierone poi il parametro di riferimento, indicato come un miraggio irraggiungibile resta la casta produttrice di "posizioni di rendita categorie privilegiate, casta di patenti e benestanti". È vero che c'è una questione generazionale, ma la casta di cui si parla, ammesso che sia sempre esistita nella sua versione agiografica, non esiste più almeno dagli anni 80'. E propalare queste baggianate è solo funzionale da un lato alla definitiva frantumazione del ceto e dall'altro a significare la loro incapacità di comprendere. Come scrive De Vico: "i professionisti non hanno mai goduto di buona stampa non sono mai stati troppo simpatici ed anzi a lungo sono stati percepiti, come portatori di una rendita di posizione" (op. cit. pag. 160). E Giuliano Amato: "certo è che il lavoro autonomo non è entrato né nell'anima né nella cultura di sinistra e dei progressisti in genere..." (in editoriale 3/2009 Il Lavoro 2009). La verità è che: "i professionisti... hanno pagato il sistema di relazioni imperniato sulla grande politica, la grande impresa ed il grande sindacato" (Di Vico op. cit. pag. 162). Eppure a ben leggere il citato rapporto Censis del 1997 le tendenze apparivano evidenti. Solo il 16,4% dei giovani iniziavano la professione nello studio legale di famiglia; mentre soltanto il 28,4% dichiarava che l'avvocatura consentiva di realizzare una vocazione; l'11% riteneva di concorrere al corretto funzionamento della giustizia; mentre il 48,9% privilegiava l'autonomia e l'indipendenza. Tra gli elementi negativi il 6,8% riteneva che non consentisse l'accumulo di risparmi personali; l'11,2% che fosse meno redditizia di altre occupazioni e l'8% che avesse perso la sua tradizionale rilevanza sociale. Quanto all'opinione che gli Avvocati avevano di se il 42,6% riteneva di essere un professionista come un altro e solo il 3,9% di essere membro di una comunità professionale selezionata. Alla domanda quale fosse il limite reddituale per abbandonare la professione il 59,4% professava amore eterno "a prescindere", ma un buon 14,1% poneva la propria soglia tra i 15.000 ed i 30.000 euro. Quanto alle cause del sovradimensionamento degli Avvocati solo il 5,5% riteneva che vi fosse un incremento delle aspettative di mercato; mentre il 47,9% riteneva la professione come una scelta residuale in mancanza di meglio. Si potrebbe proseguire, ma già così ce n'è abbastanza. Un rapido sguardo agli studi sulle classi sociali di Sylos e Labini, mostra come negli studi del 1960 non venisse dato alcun rilievo all'esistenza delle classi medie in conformità all'impostazione classista dell'autore; mentre nel testo degli anni 80' si dava atto di questa ormai ineludibile componente sociale. Sotto altro profilo gli studi di Sergio Cotta (La sfida tecnologica - Mulino 1968) indicava con chiarezza come il mercatismo moderno fondato sulla globalizzazione e gli standard portasse alla costruzione di una società bipolare. Già quindi ben prima del 2007 era ipotizzabile con sufficiente precisione la situazione attuale le cui cause non sono riconducibili ad una casta che ha resistito alla concorrenza, né a crisi economiche recenti, ma alle "correnti di quota" rappresentate, anche nel mondo post ideologico, dal permanere di analisi classiste o iperliberiste e da fenomeni socio economici certamente non condizionabili dal nostro modello di avvocatura. Non ultimo il processo di integrazione europea che assume il servizio giustizia in termini efficientistico-economici funzionali alle imprese e ridisegna l'avvocatura sui modelli anglosassoni accentuatamente privatistici, mentre il modello italiano ha in se l'irrisolto contrasto tra funzione pubblica e attività privata. State sereni! A chiudere il cerchio ed a predisporre la zattera di salvataggio (... è quella della Medusa però) ci pensa la Camusso (da il Garantista 14/04/15): "Quella di oggi è una giornata storica per la CGIL: quella dell'apertura della configurazione al mondo degli autonomi: partite iva, collaboratori e professionisti"; "Già da qualche anno la prima confederazione italiana ha cambiato approccio sul lavoro autonomo"; "Se un tempo era da abolire tutto quello che era fuori dal perimetro del contratto nazione di lavoro, adesso proprio le principali confederazioni inseriscono nelle intese di categoria enti bilaterali per gli autonomi". In quest'ottica sta nascendo lo Statuto dei lavoratori alternativo, al quale si sta lavorando... Ora è tutto chiaro! Grazie all'ospitalità del Direttore nel prossimo numero esporremo come tutto quanto accaduto fosse stato previsto; e come il cronicizzarsi della crisi abbia non solo spezzato l'unità dell'avvocatura sotto il profilo economico ma ne abbia anche modificato la coscienza di se ed addirittura modificato l'antropologia.

Avvocato del Foro di Roma

Roberto Zazza

Dirigente UIF


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Campagna elettorale: le prime liste

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOLe nuove elezioni per il rinnovo dei Consigli dell'Ordine degli Avvocati 2015 resteranno impresse nella memoria dell'Avvocatura italiana, per i tanti colpi di scena che negli ultimi mesi hanno animato la scena elettorale.

Tante le polemiche e le peripezie che stanno caratterizzando questa tanto attesa tornata elettorale e che di seguito ripercorreremo.

Quando si credeva ormai di essere rientrati nella normalità ed anche a Roma (come in tutti gli altri Ordini d'Italia), a seguito della nota ordinanza del Tar del Lazio, era stata fissata la nuova data della tornata elettorale (sospesa l'otto gennaio u.s.), per l'elezione dei nuovi 25 componenti del Consiglio, nei giorni dal 9 al 12 marzo 2015, è arrivata la comunicazione ferale del COA di Roma che differiva a data da destinarsi le operazioni elettorali.

Decisione unanime, dettata dall'invito del Consiglio Nazionale Forense, che appunto ha ravvisato l'opportunità di sospendere le elezioni, in virtù dell'ordinanza del Consiglio di Stato n.735/2015 del 15 febbraio 2015 sul Regolamento per il rinnovo dei Consigli degli ordini!

Ma facciamo un passo indietro.

Come è noto nel pieno della campagna elettorale ed a pochi giorni dal voto, i COA d'Italia, chi con largo anticipo chi a ridosso delle elezioni, sono stati costretti a differire le operazioni di voto a data da destinarsi.

Ciò perché alcune associazioni forensi unitamente a singoli avvocati avevano adito la giustizia amministrativa per chiedere il riesame del decreto che aveva rigettato l'istanza di misure cautelari provvisorie in ordine al nuovo regolamento emanato dal CNF.

In accoglimento a tale istanza, il Tribunale amministrativo del Lazio aveva quindi sospeso, con decreto del 7 gennaio scorso (n. 6/2015 sul ricorso n. 15512/2014), gli effetti del regolamento per le elezioni dei consigli degli ordini (dm n. 170/2014) fino al 14 gennaio 2015, data della trattazione in sede collegiale.

Dinanzi alla decisione della giustizia amministrativa anche il COA di Roma, che, nonostante i ricorsi proposti, aveva comunque fissato la data di inizio delle elezioni per il 14 gennaio 2015, ha dovuto capitolare, e nell'assemblea dell'otto gennaio (ndr. in data sette gennaio è stato reso noto il decreto cautelare n. 6/2015, con il quale il Presidente del TAR del Lazio aveva accolto l'istanza di riesame del decreto n. 6538/2014 sospendendo così "gli effetti del provvedimento impugnato fino alla trattazione in sede collegiale della domanda cautelare alla Camera di Consiglio già fissata") aveva deliberato la sospensione dell'imminente tornata elettorale, in attesa del provvedimento giudiziario.

Rendendo così ancora più incandescente il clima elettorale, già surriscaldato per gli eventi occorsi, che ha visto le liste concorrenti al voto scambiarsi parole al vetriolo.

Numerose polemiche sono infatti piovute sulla decisione del COA di Roma, ritenuta "tardiva" da molti, poiché in seguito alla presentazione dei ricorsi, tempestivamente il Ministero della Giustizia, con una circolare aveva sollecitato gli Ordini a rinviare le elezioni. Secondo il ministero, infatti, sarebbe stato più opportuno "svolgere le elezioni quando la cornice normativa sarà connotata da maggiore chiarezza per effetto della pronuncia, sia pur in sede cautelare, del giudice amministrativo". Invito, però, che pochi ordini forensi, compreso quello di Roma, avevano fatto proprio. Ma è cosa nota che linfa vitale delle competizioni elettorali siano proprio le polemiche!

A placare temporaneamente le polemiche e quindi a far ripartire nuovamente la macchina elettorale (spingendo così gli ordini, tra cui quello romano, ad annunciare le nuove date della tornata elettorale), la decisione del TAR del Lazio, che con l'ordinanza n°151/2015 aveva respinto la domanda incidentale di sospensione del regolamento elettorale forense approvato con decreto del Ministro della Giustizia del 10.11.2014, n. 170.

Per i giudici infatti, i motivi di ricorso "non apparivano assistiti da sufficiente fumus alla luce di una corretta lettura dei commi 2 e 3 dell'art. 28, l. 31 dicembre 2012, n. 247, dei quali il Ministro, nell'impugnato Regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei Consigli degli ordini circondariali forensi di cui al decreto 10 novembre 2014, ad avviso dei giudici, ha dato corretta attuazione."

Il Consiglio di Stato, con l'ordinanza n. 735/2015 del 20 febbraio, ha accolto però, con sorpresa di tutti, il ricorso cautelare avverso tale ordinanza, proposto da una delle associazioni ricorrenti l'ANAI - Associazione nazionale avvocati italiani, sollecitando quindi il Tar alla fissazione di una nuova udienza di merito (fissata per il 20 maggio) dal momento che aveva ritenuto condivisibili le censure dei ricorrenti che evidenziavano il contrasto tra la disciplina dettata dalla legge n. 247 del 31 dicembre 2012 e il nuovo regolamento impugnato in tema di tutela delle minoranze.

Da qui la scelta degli Ordini coinvolti nella vicenda, di differire ancora una volta, la tornata elettorale.

In attesa quindi dell'udienza del 20 maggio, ormai prossimo, che sarà l'occasione per porre fine a questa bagarre elettorale e di conoscere le nuove date elettorali, essendo la nostra mission fare informazione, cercando di operare come sempre nell'interesse di tutta l'Avvocatura, dedichiamo questo spazio alla presentazione delle liste impegnate in queste elezioni sinora a noi note.


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