Diritti, rovesci, doveri
Mercoledì 11 Dicembre 2013 19:17
Scritto da Gianni Corto Dell'Aiuto
E' mio diritto. Quante volte sentiamo ripetere questa frase? E noi avvocati molto più degli altri, specialmente dai clienti che si sentono lesi nelle loro ragioni, aspettative, pretese. Negli atti civili, dopo avere enunciato il fatto, esponiamo le ragioni di diritto. Nel penale si chiede che venga applicato correttamente (ergo, a favore del nostro postulante). Possiamo risalire alle origini del diritto romano per vedere che, almeno questo schema, non è mutato: Da mihi factum, dabo tibi ius. Da quando si è imposto, appunto, lo Stato di diritto, la sfera delle situazioni giuridiche soggettive si è allargata, per non dire dilatata. Il loro riconoscimento e la loro tutela passano dal Codice di Napoleone che, all'articolo uno, ci dice che "Qualunque Italiano gode dei diritti civili." Traduzione forse non impeccabile ma efficace del francese Tout Français jouira des droits civils. Il contenuto dei diritti si è modificato per alcuni di essi, valga per tutti, come esempio, la proprietà che, definita come il diritto di godere e disporre di un bene nella maniera più assoluta, vede oggi i limiti previsti già nella costituzione. Ma, a fronte di alcune rivisitazioni, i concetti di base sono gli stessi, basati sul principio (ancora) dello Stato di Diritto, dove la salvaguardia delle libertà dell'uomo assume un valore dominante e predominante. Non vuole essere questo intervento, però, una lezione, o ripasso di concetti che, per un operatore del diritto (di nuovo!) si presumono acquisiti. Basta ricordare con le parole di Santoro Passarelli che, laddove al singolo venga riconosciuto un diretto potere per la realizzazione di un suo interesse, si può individuare un diritto soggettivo. Non dilunghiamoci ora a distinguere quelli relativi da quelli assoluti, i reali, i patrimoniali, i potestativi. Sono solo categorie accademiche. Quello che, onestamente, risalta è l'aumento esponenziale dei diritti. Non che ciò sia un male (anzi), ma l'elenco sembra si stia allargando a dismisura e, probabilmente, genera delle incertezze e difformità non solo nella applicazione nelle aule di giustizia (e meno male, altrimenti noi avvocati come potremmo vivere?), ma anche nella loro accezione concreta, ripercuotendosi su piani sociali e politici. Diritto alla casa, diritto allo studio, diritto al lavoro, diritto alla privacy, diritto alla salute, diritto all'ambiente, diritto all'acqua, diritto di sciopero, sono solo alcuni fra in più in voga oltre che sui testi universitari anche sulla stampa (che ne fornisce spesso un'interpretazione poco chiara) e nelle piazze, dove ci si riunisce per esercitare i diritti a manifestare il pensiero e a protestare, previo accertarsi del libero diritto di associazione, salvo poi non volere essere ripresi dalle telecamere per tutelare il proprio diritto alla privacy (che sarebbe più opportuno ricordare che nel nostro ordinamento è meglio e più correttamente definita tutela dei dati personali sensibili, ma di questo riparleremo. Vogliamo poi menzionare il diritto di recesso nei contratti e quello di accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni? Oggi uno dei più insigni giuristi che abbiamo in Italia è andato oltre in un suo libro che, non a caso, ha intitolato Il diritto di avere diritti. Stefano Rodotà è sempre stato paladino in tal senso, oltre che attento osservatore della realtà, e oltre a quelli più noti, indica, tra gli altri, il diritto all'oblio che, chi scrive, ritiene debba essere tutelato completamente. Ma Rodotà parla anche di diritti dell'identità, del post mortem e, preso atto di come la realtà virtuale e la rete web stiano cambiando il mondo, di tutti gli aspetti connessi alle tecnologie. Ma che cosa deve intendersi come diritto? O meglio: quale è il concetto, e di conseguenza il limite, di ciascun diritto? Il diritto al lavoro viene interpretato come diritto "al posto di lavoro" e talvolta il diritto "a quel posto di lavoro". Così come il diritto allo studio è stato spesso visto come il diritto "al titolo di studio." E il diritto al cibo ha avuto dilatazioni abnormi nei casi delle cosiddette spese proletarie e quello alla casa nelle occupazioni di immobili vuoti. Ma siamo tutti pronti a censurare chi abusi del proprio diritto, specialmente se portatore di una divisa o titolare di un qualsiasi potere: da quello dell'impiegato o di un insegnante, fino ai genitori. Per non parlare del diritto alla privacy che, secondo non pochi, riguarda anche tutti gli aspetti della vita familiare, domestica, la targa dell'auto, quello che il vicino può vedere dal balcone e così via. E si sente parlare anche di diritto al parcheggio, inteso non come posto auto all'interno di un condominio, bensì ad uno spazio nei centri storici e vicino alla propria abitazione. E' il momento di fermarsi e ricordarsi per un attimo che, non solo a livello terminologico, a fronte di un diritto, posizione tutelata e di supremazia, vi deve essere anche una posizione di soggezione che permetta a quella prevalente di trovare il proprio riconoscimento e la relativa tutela. Davanti ad un diritto vi è un dovere. Banale, ma spesso dimenticato. E se alcuni doveri si sostanziano in un semplice permettere agli altri di godere del loro status tutelato, sono a loro volta numerosi i diritti che impongono un comportamento non meramente passivo da parte degli altri. Altri che sono non solo privati ma anche, spesso, lo Stato, passando dagli enti intermedi. Insomma l'altra faccia della medaglia o, se vogliamo, l'insieme di elementi che portano alla costruzione di un diritto. Ergo, una categoria non solo sacrosanta, ma essenziale in ogni società civile, è stata portata alle sue più estreme dilatazioni, dimenticandosi completamente di che cosa vi è di fronte al diritto e come per vedere il riconoscimento di una propria tutela sia necessaria la collaborazione di altri, a cominciare da se stessi. Non voglio certo agganciarmi a precetti quale il biblico "Non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te," concetto che, peraltro, ritroviamo anche in Talete e, prima ancora, Pittaco, filoso di Mitilene, il quale enunciò un concetto che vorrei vedere applicato alle liti condominiali: "Non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui". In sintesi non è certo un eufemismo affermare che, oggi, spesso, il diritto, viene interpretato come una assoluta pretesa, e come tale appunto, si pretende di tutelarla, rivolgendosi alla giustizia, talvolta a sproposito, ovvero si cerchi di farsela da soli. Non è intenzione fare moralismi, ma viene alla mente la frase fin troppo abusata di John Fitzgerald Kennedy "non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese", frase che, in Italia, specialmente in un momento politico come questo, delicato, peculiare e, si spera, irripetibile, possa essere riconsiderata e, magari, applicata . Rodotà parla del diritto di avere diritti. Siamo tutti d'accordo, ma forse è anche il momento di ricordarsi dei doveri.
Gianni Dell'Aiuto*
Avvocato del Foro di Roma