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Etica

L'obsoleta figura del buttafuori

buttaavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOCon l'entrata in vigore della Legge 94 del 15 luglio 2009, c.d. "pacchetto sicurezza", è stata regolamentata la figura dell' "addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi" (es. discoteche e locali notturni; compresi spazi parzialmente e temporaneamente utilizzati a fini privati, ma comunque inseriti in luoghi aperti al pubblico). Si è sostituita l'obsoleta figura del "buttafuori", e facendone un vero professionista la nuova normativa (L. cit. e Decreto del Ministero dell'Interno del 6 ottobre 2009) ha previsto precisi requisiti, il superamento di uno specifico corso di addestramento in psicologia, diritto, prevenzione incendi ed elementi di pronto soccorso, l'iscrizione ad un apposito elenco tenuto presso la Prefettura, nonché la piena riconoscibilità mediante l'esibizione, per tutto l'espletamento del servizio, di un determinato tesserino di colore giallo (recante la scritta rossa "assistenza" e numero identificativo sul retro).

L'art. 5 del D.M. 06/10/2009, definisce i compiti dell'Addetto ai Servizi di Controllo:

• a) controlli preliminari: a.1) osservazione sommaria dei luoghi per verificare la presenza di eventuali sostanze illecite o oggetti proibiti, nonché di qualsiasi altro materiale che possa essere impropriamente utilizzato mettendo a rischio l'incolumità' o la salute delle persone, con obbligo di immediata comunicazione alle Forze di polizia e alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti; a.2) adozione di ogni iniziativa utile ad evitare che sia creato ostacolo o intralcio all'accessibilità' delle vie di fuga e comunque a garantire il regolare svolgimento delle attività di intrattenimento;

• b) controlli all'atto dell'accesso del pubblico: b.1) presidio degli ingressi dei luoghi di cui al precedente art. 4 e regolamentazione dei flussi di pubblico; b.2) verifica dell'eventuale possesso di un valido titolo di accesso qualora previsto e, nel caso di biglietto nominativo o di un'età minima prevista per l'accesso, verifica del documento di riconoscimento, e del rispetto delle disposizioni che regolano l'accesso; b.3) controllo sommario visivo delle persone, volto a verificare l'eventuale introduzione di sostanze illecite, oggetti proibiti o materiale che comunque possa essere pericoloso per la pubblica incolumità o la salute delle persone, con obbligo di immediata comunicazione alle Forze di polizia ed alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti;

• c) controlli all'interno del locale: c.1) attività generica di osservazione per la verifica del rispetto delle disposizioni, prescrizioni o regole di comportamento stabilite da soggetti pubblici o privati; c.2) concorso nelle procedure di primo intervento, che non comporti l'esercizio di pubbliche funzioni, ne' l'uso della forza o di altri mezzi di coazione o l'esposizione a profili di rischio, volto a prevenire o interrompere condotte o situazioni potenzialmente pericolose per l'incolumità o la salute delle persone. Resta fermo l'obbligo di immediata segnalazione alle Forze di polizia e alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti, cui, a richiesta, deve essere prestata la massima collaborazione. Sono state previste rilevanti sanzioni amministrative che vanno da 1.500 a 5.000 euro sia per chi svolge tali compiti in maniera abusiva o difforme a quanto stabilito, sia per i gestori dei locali che impiegano soggetti diversi da quelli iscritti nell'elenco o non danno comunicazione al Prefetto di avvalersi del personale iscritto. Con l'apertura della stagione estiva, e dei locali balneari di intrattenimento e spettacolo, si auspica che scattino i dovuti controlli per consentire un divertimento sano, all'insegna della sicurezza e per prevenire e sanzionare l'abusivismo nel settore della vigilanza e della sicurezza all'interno dei locali della movida cittadina praticato da improvvisati "buttafuori".

ALFREDO ROVERE

DIRIGENTE ISPETTORE MINISTERO DELLA GIUSTIZIA


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L' Avvocatura e la "sua" responsabilità

respavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOCari amici e lettori, come a tutti "tecnici" del settore è noto e ahimè da tutti noi ampiamente percepito, la Riforma forense si è affacciata a ridosso del Natale 2012, ha indossato un bel vestito rosso e una soffice barba bianca e, con la forma e la sostanza del caro e dolce babbo Natale, il 25 dicembre scorso si è presentata sotto il nostro gioioso e incantevole albero. Solo che questo particolare Babbo aveva con sé, al posto del tradizionale sacco, una bella ventiquattrore rossa fiammante, nuova e grande, da cui ha tirato fuori un regalo annunciato e atteso ma non sperato: la modifica del sistema forense italiano! Da questa "borsa" ha cominciato a tirare fuori tanti pacchi dono che hanno cominciato a essere "scartati" il 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore ufficiale della Riforma. La cosa particolare è che questi regali vengono scartati in momenti diversi sicchè dopo il dono di Natale e le uova di Pasqua, nell'autunno 2013 si scarterà un altro pacco dono. Infatti, in questo periodo dell'anno, è previsto l'ingresso ufficiale dell'obbligo per noi avvocati di stipulare l'assicurazione per la responsabilità professionale, anche per non sentirci discriminati dai medici e dai notai. Parlarne in modo ironico e leggero certo non elimina la serietà, se non, drammaticità delle conseguenze: una grande flotta di clienti incentivati a farci causa di risarcimento danni! Quante volte, almeno dall'inizio del praticantato, ci è stato insegnato che il peggior nemico dell'avvocato è il cliente? Forse, in vista di queste previsioni potrebbe fare invidia al migliore dei serial-killer. E' legge e diritto vivente che l'obbligazione dell'avvocato è di risultato e non di mezzo e, quindi, si è obbligati a far tutto quanto è nella professionalità, competenza e preparazione di ciascuno per tutelare al meglio il cliente. Purtroppo, però, quando, nonostante si sia adempiuto al massimo il proprio compito, le cause, oltre ad essere vinte, possono anche essere perse. A chi non è capitato di avere un assistito "agitato" contro di noi per non essersi vista riconosciuto quanto richiesto al quale si è cercato di spiegare, nei termini più semplici possibile, la citata natura dell'obbligazione professionale dell'avvocato! La risposta del cliente? "Avvocato, lei non ha fatto nulla, lei mi ha fatto perdere! Ma che avvocato è! Non la pago!". Forse si potrebbe dire che l'obbligo di un'assicurazione per responsabilità professionale è una maggiore tutela per la categoria o che è uno strumento che ridona autorevolezza al nostro operato. Certo, al di là di belle parole, il risultato effettivo è davanti agli occhi di tutti: il cliente famoso che non solo non ha capito quanto si è cercato di spiegare ma che si presenta con una pistola giocattolo che, anziché sparare acqua o altro, tira fuori il noto slogan "Le faccio causa!". L'Avvocatura, già ampiamente criticata e bersagliata, si troverà, così, nei prossimi mesi a girare con la ventiquattrore, non rossa fiammante, ma pesante del fardello della "sua" nuova responsabilità!

Paola Tullio

Avvocato del Foro di Roma

Addetto stampa di A.T.R.


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Automatic lawyer

automaticavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOProbabilmente molti di noi che hanno superato gli ... "anta" ricorderanno che ballavamo, all'epoca della disco-music, la canzone di Dee Dee Jackson Automatic lover. Bene, oggi con la stessa colonna sonora potremo ancora ballare, cambiando solo poche parole, e dire di essere diventati "AUTOMATIC LAWYER". E purtroppo non mi riferisco agli strumenti informatici o telematici che talvolta ci aiutano nella professione. Come penso tutti voi, ricevo con sempre più allarmante frequenza offerte di società, enti, siti e quant'altro, che offrono i loro servizi per incrementare la mia clientela. Offerte per pubblicità, convenzioni, promozioni via web tramite siti, pagine di giornali, essere inseriti in liste di avvocati specializzati o che offrono sconti per le più svariate categorie di potenziali clienti. La più recente, è che mi ha sinceramente sconcertato, è quella di una compagnia telefonica che offre il contatto diretto. Mi spiego meglio per coloro che hanno avuto la fortuna di non avere ricevuto questa offerta e coloro che, opportunamente, non hanno sprecato tempo ad ascoltarla. Il servizio proposto (ovviamente non gratis, ma pur sempre fiscalmente deducibile), consiste nella possibilità per l'avvocato di essere inserito tra i primi nominativi in una lista e messo direttamente in linea con il cliente, da un operatore telefonico, sulla base della località scelta, o della specializzazione che l'utente telefonico richiede. Il tutto con un servizio 24 ore su 24. Immagino la scena, così come mi è stata presentata dalla gentile operatrice. Nel più totale dubbio su come scegliere un avvocato (perché gli hanno arrestato il figlio o deve impugnare un'assemblea di condomino; oppure opporsi ad una cartella esattoriale o far interdire un genitore troppo prodigo che ha sposato la badante) un qualsiasi italiano medio si rivolge al servizio, messo a disposizione dall'operatore telefonico (N.B. lo stesso con cui sceglie il ristorante o l'albergo più vicino; oppure un idraulico o un fiorista), e un gentile operatore lo metto in contatto diretto con lo studio legale che prontamente risponderà alla richiesta. Quindi coloro che tra i nostri colleghi sceglieranno questo servizio dovranno essere sempre a portata di telefono, o comunque avere tra i propri collaboratori qualcuno che possa rispondere prontamente al quesito. Anche nelle ore notturne, ho chiesto. Mi hanno risposto affermativamente! Forse sono strano, ma io pensavo che un avvocato fosse scelto sulla base della conoscenza diretta, del passaparola tra i clienti soddisfatti, per la notorietà, per la bravura. Oggi saremo scelti da questa micidiale versione della roulette russa! Ma il professionista che risponde e, fiducioso nella riconoscenza umana, elargisce il proprio parere telefonico, che possibilità ha di essere remunerato? E se l'utente telefonico, che ha bisogno di un parere legale in maniera tanto impellente da rivolgersi ad un operatore telefonico, dovesse parlare con una segretaria per fissare un appuntamento o con un praticante non in grado di rispondere? Immagino chiederebbe all'operatore un altro avvocato disponibile. Al di là della possibile facile ironia che questa nuova forma di procacciamento clienti può generare, appare evidente come la figura professionale stia andando verso forme di mercato che non sono più quelle di una volta, in cui il ruolo del legale era di dispensatore di saggezza. Ricordiamo che nello studio di S. Ivo avvocato, patrono della categoria, il cliente bussava con i piedi per portare con le mani i doni con cui ricambiava il sapere elargito dal dottore. Dietrologia a parte, oggi sappiamo bene che dobbiamo combattere con leggi di mercato diverse ed una clientela decisamente più informata di quella con cui si confrontavano i nostri predecessori, oltre a doverci adeguare a dinamiche concorrenziali difficilmente immaginabili quando abbiamo iniziato la professione. Oggi possiamo farci pubblicità e usare strumenti sempre più nuovi e comunque estranei alla datata e forse obsoleta immagine della toga indossata da Azzeccagarbugli. A proposito, ricordiamoci che il pavido personaggio manzoniano restituì a Renzo i famosi capponi, comportamento che non sono in grado di dire se oggi troverebbe emuli. In ogni caso, francamente, immaginare che per avere clienti dobbiamo attendere la chiamata di un operatore di un call center, essere scelti solo base della vicinanza a casa o dell'investimento nel servizio telefonico, perdonatemi, lo trovo avvilente. E considero offensivo il "prodotto" che mi è stato proposto. A livello personale e di categoria. Da molte parti, giustamente, si dice che siamo sotto attacco. Istituzioni, politica, mediatori, magistrati, consulenti, periti, notai attaccano la nostra categoria. Lasciamo i nostri rappresentanti a difenderci. Quelli istituzionali e quelli delle associazioni. Ma per favore non combattiamoci anche noi, da soli, dal nostro interno, svilendoci con l'accettazione di mezzi di pubblicità e procacciamento clienti che fanno venire definitivamente meno ogni criterio logico per la scelta di un avvocato, da sempre, e giustamente, basato sulla fiducia, sul rapporto personale, sulle competenze di un professionista. In questa direzione viene da riflettere sulle certificazioni di qualità, ISO 9001 che molti studi, come le normali imprese, ottengono per certificare il loro operato. Sui corsi di specializzazione. Sui crediti formativi. Sui master. Ma forse già sul nostro titolo di studio e l'abilitazione alla professione. Perché non cominciare da questo? Guardiamo, ad esempio, gli studi legali stranieri dove, vicino al nome di ciascun professionista, anche nel caso di un piccolo studio unipersonale, aggiungono l'università di laurea, i titoli e le specializzazioni riconosciute ufficialmente (non quelle prese in pseudo scuole o istituti che nascono come funghi). E tralascio in questa sede di fare approfonditi riferimenti ai noti fenomeni di abilitazioni conseguite all'estero, adeguatamente e ben pubblicizzate come metodi per evitare un esame ostico, ma non insuperabile come dimostra il sempre crescente numero di iscritti all'albo. Questi sistemi hanno sostituito il precedente turismo per la sede di svolgimento dell'esame. E prima ancora qualcuno viaggiava alla ricerca di una sede universitaria meno ostica. Attrarrò strali e polemiche, ma sono fatti notori. Forse per riflettere la qualità del nostro lavoro e del nostro operato potremmo pensare proprio a questo e ripartire dal piccolo. Senza dover ricorrere a roboanti pubblicità, pagine di giornali, oppure il procacciamento clienti tramite operatori telefonici, potrebbe bastare, come strumento di autocertificazione e pubblicità, veritiera e corretta, indicare nelle nostre carte intestate, l'università di laurea e la sede di Corte di Appello dove è stato superato l'esame di abilitazione. Come per le imprese, del resto, è prevista la pubblicità di molti, forse troppi, elementi e dati identificativi, anche per i professionisti ben potrebbe essere prevista la messa a conoscenza di alcuni semplici dati, peraltro rilevanti. Chissà che anche a livello di autodisciplina i consigli dell'ordine non possano chiedere ai propri iscritti di indicare nelle loro carte intestate, oppure pubblicarli sull'albo, la sede di laurea e la Corte di appello dove l'esame è stato superato. O forse qualcuno deciderà di iniziare questa semplice, ma veritiera, forma di pubblicità.

Gianni Dell'Aiuto*

Avvocato del Foro di Roma


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Crisi economica: il ruolo delle banche

abancavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLONegli ultimi anni della Repubblica di Weimar, tra il 1930 e il 1932, il programma di austerità attuato dal governo Brüning – in risposta alla fuga di capitali e alla crisi economica mondiale – non fece altro che accelerare la catastrofe e ciò che ne seguì. Tuttavia, gli sviluppi attuali in Europa dimostrano che la classe dirigente non è in grado (o non vuole) imparare dalla storia. Nelle ultime settimane, il governo greco e quello spagnolo hanno deciso, infatti, di imporre misure di austerità che superano di gran lunga quelle attuate dal cancelliere tedesco nei primi anni '30. Alla luce delle esperienze del secolo scorso, ciò potrebbe sembrare follia pura; invece tale mossa ha il supporto dei politici di ogni colore – conservatori, liberali, verdi, socialdemocratici e "sinistre" varie. Quattro anni dopo il crollo della Lehman Brothers – origine dell'attuale crisi economica – l'ultimo Global Financial Stability Report, pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, rende chiaro che il rischio di un collasso del sistema finanziario permane e che anzi, i segnali di un tale evento prossimo sono in aumento. Il principale pericolo è l'ulteriore peggioramento della crisi nella zona euro, che emerge da squilibri congeniti in essa. Per le cosiddette economie "periferiche", l'adozione dell'euro come moneta comune ha fatto sì che esse non possano più contare su una diminuzione del valore delle monete nazionali per mantenere i loro mercati di esportazione (c.d. "svalutazione competitiva"). Di conseguenza, soffrono da circa un decennio di un deficit della bilancia dei pagamenti. Questo è stato coperto da un afflusso di capitali dalle economie più forti, in particolare dalla Germania – unica e grande beneficiaria dell'introduzione dell'euro. L'afflusso di capitali ha fatto lievitare la domanda e ha fornito importanti mercati per le esportazioni tedesche. Ora, la liquidità nelle banche non viene riciclato alla periferia, ma è invece essere depositati presso le banche centrali o in titoli di Stato relativamente sicuri. Salvataggi bancari sono stati accompagnati dall'imposizione di programmi di austerità. Il "risanamento del bilancio" è un eufemismo per i tagli di bilancio, il cui impatto è quello di ridurre la domanda attraverso tagli ai servizi sociali e ai posti di lavoro del settore pubblico, portando ad un'ulteriore contrazione economica, seguita da richieste di ulteriori tagli. Allo stesso tempo, il capitale finanziario esige che i salari reali siano ridotti e lo sfruttamento dei lavoratori intensificato. Di conseguenza, il Fondo Monetario Internazionale ha chiesto "riforme strutturali di ampia portata" al fine di rafforzare la "competitività": ciò significa che, dato che i Paesi in difficoltà non possono svalutare la loro moneta, devono effettuare quella che viene definita una "svalutazione interna", al fine di ridurre i costi d'impresa, soprattutto i salari, e quindi diventare competitivi nei mercati internazionali mercati. Senza rompere il potere dell'aristocrazia finanziaria, una catastrofe non può essere evitata. Le grandi banche e le imprese devono essere espropriate e nazionalizzate, i profitti degli speculatori devono essere confiscati e le fortune enormi devono essere tassate in maniera massiccia. La rabbia è visibilmente in aumento, il numero di scioperi, proteste e manifestazioni è chiaramente in aumento, anche se i sindacati fanno tutto il possibile per isolare e strangolare loro. I sindacati e le parti sociali temono una tale mobilitazione di più di ogni altra cosa. Questi apparati burocratici hanno da tempo interrotto ogni collegamento con gli interessi dei lavoratori. I loro operatori appartengono alla schiera dei benestanti classe media e sono legati alle banche, imprese e governi da mille fili. Mentre i governi di tutto il mondo le scuole chiudono, licenziare i lavoratori e tagliare il sostegno ai poveri, vecchio e malato, l'oligarchia finanziaria che governa il mondo aumenta la sua ricchezza e potere. I governi di tutto il mondo hanno salvato le banche per un valore di migliaia di miliardi di dollari. Essi hanno massicciamente sovvenzionato questi giganti, le istituzioni finanziarie private, e sono pronti a salvare di nuovo se e quando necessario. I decenni che precedono il crollo di Wall Street del 2008 ha visto un arricchimento drammatico di questo elemento sociale e il rimodellamento della politica per soddisfare le sue esigenze.

Gabriele Sabetta


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Funzione socio-economica dell'Avvocatura

avvocavv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOUn ordine professionale è molte cose ed una; parafrasando Giordano Bruno. Una struttura amministrativa, un istituto giuridico, un ordinamento, un centro di interessi, un soggetto politico, un fatto sociologico. Come in un blended, o se preferite in un Chianti; il mutare, anche solo di uno dei componenti la miscela; ne altera il sapore fino a renderla imbevibile. Nelle cose degli uomini poi, non è dato il nunc et semper; il gradimento, e l'efficacia cambiano con la storia, che non conosce progressi lineari ed infiniti. Se dunque l'Ordine è un ente pubblico associativo territoriale senza scopo di lucro, tuttavia è anche un associazione riconosciuta nella sua struttura. Come insegna P. Rescigno l'adesione dell'Avvocato all'Ordine mantiene "il carattere consensuale e quindi contrattuale, che è alla base dei gruppi, anche di quelli in cui ci troviamo inseriti con un carattere di necessità" (lectio: anno 2004/5 Univ. Suor O. Benincasa pag. 45). Storicamente infatti l'Ordine nasce nel 1804 e si consacra nel 1874 quando già gli Avvocati avevano una storia plurimillenaria di libertà e di servizio. Seguendo ancora Rescigno "Appartiene al nostro patrimonio costituzionale la regola che in linea di principio le formazioni sociali garantite non abbiano rivestire una particolare forma giuridica" (op. cit. 38); non è la personalità giuridica di diritto pubblico l'elemento ontologico. L'avvocatura svolge un lavoro intellettuale, ma certamente anche economicamente apprezzabile, poiché professionale e cioè a tempo prevalente e con impegno organizzativo, a volte anche minimo, ma certo stabile. È quindi portatrice di interessi che, con buona pace degli agitatori di cappi e similari; sono legittimi in una società democratica; come sostenuto anche da Dahrendorf (colpa però anche della nostra incapacità comunicativa se è ormai prevalente lo scemenziario della casta!!). Fermiamoci per ora alla percezione comune; è indiscutibile che l'avvocato svolga non solo la propria attività di prevalente interesse pubblico e di valenza costituzionale - già solo questo giustifica l'essere Ordine, ma anche una concorrente attività di assistenza e consulenza, a volte propriamente negoziale; che non essendo coperta da riserva può essere svolta da chiunque (forse qualcuno avrebbe dovuto spiegarcelo, invece di confondere la nostra speranza con la giurisprudenza costante; e spiegarlo anche all'esterno; chè gli avvocati in quanto tenuti al rispetto delle tariffe e della deontologia erano svantaggiati sul mercato. In breve l'Ordine regola sia l'agire pubblico riservato che quello economico privato dell'Avvocato, ma questa regola ha di fronte a se due distinte realtà disomogenee: il munus ed il libero mercato (che come insegna Irti non esiste in natura, ma è definito dalle regole date). Etsi ordinem non daretur; tuttavia non potrebbe negarsi agli Avvocati il diritto sancito dall'art. 2 Cost.; cosicché la loro organizzazione sarebbe comunque un soggetto socio-politico. Non v'è dubbio infine che l'Ordine, in quanto gruppo sociale, costituisce un ordinamento giuridico (Rescigno op. cit. pag. 39; S. Romano "L'ordinamento giuridico - Sansoni 1967"), cui sono ovviamente connaturati i tre poteri normativo, esecutivo e giudiziario; variamente atteggiati, ma certo separati essendo immanente nell'ordinamento costituzionale tale principio democratico. La domanda è dunque: come si pone oggi rispetto a tali concorrenti approcci l'Ordine definito dalle recenti norme? Madamina il catalogo è questo: incremento della burocratizzazione del rapporto con il cliente informative - ex privacy, mediazione - di varia natura scritte e sanzionate; delega gratuita di fasi del servizio giustizia, quali la gestione organizzativa del patrocinio dei non abbienti e della difesa d'ufficio. La recente sentenza SS.UU. (n. 1782 del 11/01/11-26/01/11 sulla natura tributaria dei nostri contributi associativi la dice lunga sulla burocratizzazione dell'Ordine nell'ambito dell'amministrazione; invadenza da parte dell'amministrazione sulla nostra organizzazione interna, con lo strumento del "parere vincolante" favorevole del Ministro in varie e delicate decisioni e l'offensivo potere attribuite al Presidente del Tribunale di scegliere i nostri "giudici" (qui e nel tirocinio si crea una zona opaca, che amplia quella dei consigli giudiziari; essi si bisognevoli di riforma) e prefigura la futura corvè; abolizione delle tariffe, ma non del tutto sostitute da uno strano marchingegno di cui è ancor presto dire (cfr: Condello, "I nuovi compensi... Guida al diritto sett. 2012); riduzione degli spazi di autonormazione con la continua integrazione a volte ridicolmente inutile, ex lege dei canoni deontologici; quanto alla riforma della fase territoriale del procedimento disciplinare basti qui dire che dimostra una totale sconoscenza di fatto e diritto dell'Istituto e, lunghi dal risolverne le vere strettoie (P. Sandulli - I nuovi percorsi della tutela, pag. 407ss. - Aracne 2006) se possibile le aggrava. Quanto all'organizzazione generale del servizio giustizia il messaggio è chiaro; tramite la riscrittura d'imperio delle circoscrizioni e l'istituzione di sezioni specializzate si è in grado di determinare unilateralmente la sorte socio economica dell'avvocatura e selezionare la qualità/quantità del servizio per territori e categorie. Per sintetizzare l'Ordine è oggi ridotto ad un ufficio tra i tanti, nei quali è articolata l'organizzazione del processo; in particolare la gestione e controllo di quel soggetto ineliminabile (almeno allo stato) che è il difensore. È tragica l'ipocrisia che stilla dall'art. 2, 3° del DPR 137/12; quando è proprio il Ministero, tra pareri vincolanti, riscritturazioni, tasse, tariffe fuori mercato, riserve ecc...; in grado di espungere selettivamente, sia pure a posteriori, gli Avvocati dall'Albo e dal mercato. Quel che qui rileva è ancora una volta l'insoluta commistione in unica normazione di due attività qualitativamente diverse, esercitate con unica struttura spazio-tempo dalla stessa persona. Figlia di tali confusioni è l'invadenza del consumerismo nel rapporto professione e nella giustizia come attività intellettuale. Aspettiamo la prima class action ex Lg 198/09 o l'inibitoria ex art. 37bis codice del consumo, aggiunto dall'art. 5 Lg 27/12. Si accelera dunque un processo porterà all'adozione di un modello di giustizia economicistico di tipo anglo-sassone; fondamentale tassello ne è la previsione di società professionali con soci di puro capitale. La mancata attuazione poi dell'OdG Calvi e del pregevole ddl Flick rende ancor oggi applicabile all'astensione forense le stesse regole incongrue dello sciopero economico-politico. Ma il vero "trappolone" sta nella formazione continua. La formazione riguarda allo stato 230.000 persone il che comporterà un onere organizzativo "continuo" insopportabile per gli ordini territoriali; aggravato da evidenti asimmetrie tra ordini metropolitani e ordini distrettuali, malgrado la loro riduzione in atto. Il CNF è ridotto ad un ufficio ministeriale addetto ai programmi scolastici soggetti al previo parere favorevole del Ministro. Tanto questo è vero che il previo parere favorevole diventa parere vincolante nella scelta degli enti terzi, anche di non iscritti all'albo che ex art. 7, 2° DPR 137/12 possono essere autorizzati all'organizzazione dei corsi. Il mega-business è in pieno sviluppo! agli ordini non resterà che aumentare la tassa annuale e realizzare ex art. 7, 5°, corsi in cooperazione o convenzione "con altri soggetti" (?). Già in una conferenza presso l'Università di Bologna nel 2008 avevo affrontato il problema, evidenziando come i redditi medi dei colleghi fossero nel 75% c/a dei casi incompatibili con i costi dei corsi di qualità e con la loro durata. Poiché però la violazione dell'obbligo di formazione è assistita da sanzione disciplinare avremo un evidente conflitto tra un Ordine che non può assicurare un servizio qualitativo e calmierato all'Avvocato precario, e che pure, lo stesso Ordine, dovrà sanzionare. Si profila un laissez-faire che aumenterà la distanza tra Baroni e contadini del diritto destinati ad un precariato perpetus. Affidarsi alle Regioni infine ex art. 117 Cost. e vana speranza come posso personalmente testimoniare. Alla società binaria corrisponde un'avvocatura binaria; la giustizia già lo è! La vicenda andrà letta quindi nell'ambito della crisi delle classi medie; qui non è possibile l'editore non ci da spazio. Eppure, se si avranno coraggio e lungimiranza qualcosa si potrà ancora fare per l'avvocatura e per la tutela effettiva dei diritti e degli interessi; e con le nostre sole forze. Ne parliamo alla prossima. Sursum corda. (Parte prima).

Avv. Roberto Zazza

Presidente del Forum delle Professioni

Delegato di Roma al Congresso di Bari


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