REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO,
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE IX
IL GIUDICE DOTT. MICHELE CATALDI
HA PRONUNCIATO LA SEGUENTE ORDINANZA EX ART. 702 BIS C.PC.
NEL GIUDIZIO AVENTE N.R.G. 54000/20012
Gli avv.ti Paolo Trancassini e Domenico Bellantoni hanno chiesto con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. la condanna di Renato Francesconi a pagare loro euro 26.851/51, comprensive di c.p.a. ed i.v.a., ma da integrare con interessi legali, per i compensi professionali relativi all’attività professionale da loro scolta, su mandato del convenuto, nei seguenti giudizi civili:
Il convenuto, cui era stato concesso il termine per costituirsi sino a dieci gg. prima dell’udienza del 13.3.2013, si è costituito il 4.3.2013, chiedendo il rigetto della domanda degli attori e proponendo domanda riconvenzionale di condanna degli stessi – alternativamente o in solido al risarcimento dei danni che gli avrebbero provocato con la loro condotta professionale, che assumeva caratterizzata da scarsa diligenza professionale.
Preliminarmente, sull’ammissibilità del ricorso, da parte dell’avvocato che agisce per ottenere l’adempimento dei compensi per prestazioni giudiziali in materia civile, al procedimento sommario di cognizione c.d.”puro” o “facoltativo” di cui all’art. 702 bis c.pc.
Il ricorrente ha utilizzato lo strumento processuale del procedimento sommario di cognizione codicistico, alternativo, a norma dell’art. 702 bis c.p.c., al giudizio ordinario, o a quello monitorio, e non il procedimento speciale di cui all’art. 14 del d.lgs. 1.9.2001, n. 150.
Prima che l’art. 51, 1°, 18.6.2009, n. 69, inserisse nel codice di procedura civile, dopo il capo III del titolo I del libro IV, il capo III bis, intitolato “Del processo sommario di cognizione” e composto dagli articoli da 702 bis a 702 quater c.p.c., l’avvocato poteva agire, per ottenere la condanna del cliente a pagargli i compensi professionali, o nelle forme del procedimento di cognizione ordinario; o, in alternativa, con il procedimento per ingiunzione; ovvero, sempre in alternativa, con il procedimento speciale di cui agli artt.28 s.s. l. 13.6.1942, n. 794, ove si trattasse di compensi per prestazioni giudiziali in materia civile.
Introdotto nel sistema processuale il procedimento sommario di cognizione disciplinato dagli artt. 702 bis s.s. c.p.c. e configurato, nelle materie rimesse alla trattazione e decisione del Tribunale in composizione monocratica, quale rito semplificato alternativo a quello ordinario, si è offerta quindi all’avvocato l’ulteriore possibilità di agir, verso il cliente, anche con tale strumento, quando il giudizio venga instaurato davanti al Tribunale.
Tuttavia, l’art. 54, 1° e 2°, l. 18.6.2009, n°69, ha contemporaneamente conferito al Governo anche la delega ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale, realizzando il conseguente necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
La delega legislativa è stata esercitata con il d.lg 1.9.2011, n.150.
La tecnica legislativa adottata dal legislatore delegato non appare tuttavia del tutto coerente con il fine di semplificazione effettiva dei riti civili – e forse neanche con i principi, i criteri direttivi ed i limiti della delega di cui all’art. 54, 1°, 18.6.2009, n. 69 – poiché non si è esaurita nell’individuare categorie di controversie alle quali applicare l’uno o l’altro dei modelli di giudizio speciale di riferimento individuati dalla legge delega, ma ha innanzitutto inciso sulla disciplina stessa dei singoli modelli, modificandola in parte per dettare disposizioni comuni alle singole controversie cui essa deve applicarsi. Così, nel capo I del d.lg. 1.9.2011, n. 150, dedicato alle Disposizioni generali, gli artt. 2 e 3, introducono le disposizioni comuni, rispettivamente, alle controversie che, ai sensi del successivo capo II, sono regolate dal rito del lavoro, e, ai sensi del successivo capo III, sono sottoposte al rito sommario di cognizione, ma contengono delle significative differenze rispetto al procedimento di cui agli artt. 409 ss c.p.c. ed a quello di cui agli artt. da 702 bis a 702 quater c.p.c..
Dunque, i modelli di rito del lavoro e di rito sommario di cognizione che costituiscono la cornice procedimentale comune alle varie categorie di controversie elencate nel decreto legislativo delegato sono già, almeno in parte, difformi, rispetto ai loro archetipi disciplinati nel codice di rito. A ciò si aggiunga poi che, nel disciplinare ciascuna singola specie di controversia alla quale deve applicarsi il rito di destinazione, ognuno degli artt. da 6 a 13 (per quanto riguarda le liti regolate dal rito del lavoro) e da 14 a 30 ( per quanto riguarda le cause regolate secondo il procedimento sommario di cognizione) del decreto delegato si apre disponendo che a quella specifica categoria di lite si applica il modello di rito (lavoro, sommario o ordinario) prescelto dal legislatore, “ ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo”.
In particolare, l’art. 14 d.lg. 1.9.2001, n.150, stabilisce che:
“ 1. Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
2. E’ competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale.
3. nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
4. L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile”;
Il dato letterale appena richiamato non sembra potersi interpretare nel senso che il legislatore abbia voluto incidere, sul complesso degli strumenti di tutela preesistenti, nel senso di sopprimere la possibilità di ricorrere al procedimento ex art. 702 bis c.p.c. e di configurare il rito speciale di cui all’art. 14 d.lg. 1.9.2011, n. 150 come unica alternativa al giudizio ordinario, a parte la tutela monitoria.
Viceversa, l’intenzione del legislatore sembra esclusivamente quella di disciplinare ex novo il procedimento speciale di cui agli artt.28 s.s. l. 13.6.1942, n. 794, sostituendo alle forme procedimentali descritte negli artt. 29 e 30 l. 13.6.1942, contestualmente abrogati, quelle dettate dall’art. 14 d.lg. 1.9.2011, n.150.
Pertanto, l’art. 14 d.lg. 1.9.2001, n. 150 ha soltanto rimodellato il rito speciale già applicabile, in alternativa, alle controversie previste dall’art. 28 l. 13.6.1942, n. 794, che infatti non è stato abrogato dal d.lg. 1.9.2011, n. 150, ma solo riformato, e che determina quindi a monte l’area di applicazione dello stesso art. 14 d.lg. 1.9.2011, n. 150.
Tuttora, quindi, l’avvocato che agisca nei confronti del cliente per ottenere il pagamento dei propri compensi professionali avrà a disposizione, quali strumenti alternativi, oltre che il ricorso monitorio (sulla cui ammissibilità o meno, anche ai sensi dell’art. 636 c.p.c., dopo che è stato abrogato il sistema tariffario preesistente non è possibile dilungarsi in questa sede, essendo problematica estranea al caso di specie), la citazione ordinaria, il ricorso di cui all’art. 702 bis c.p.c. e – ove si tratti di compensi per prestazioni giudiziali in materia civile – quello ex artt. 14 d.lg. 1.9.2011, n. 150 e 28 l. 13.6.1942, n. 749.
Ed è appena il caso di ricordare che notevoli sono le differenze tra il procedimento sommario di cognizione c.d. “puro” o “ facoltativo” di cui all’art. 702 bis c.p.c. d il rito sommario di cognizione che, per effetto del combinato disposto degli artt. 3 e 14 d.lg. 1.9.2011, n. 150 si applica alle fattispecie previste dall’art. 28 l. 13.6.1942, n. 794.
Infatti, nel secondo, a differenza del primo, la composizione del Tribunale (che coincida con l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera è collegiale; le parti possono stare in giudizio personalmente; non si applicano i comuni secondo e terzo dell’articolo 702 ter c.p.c. e l’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile.
Spetta quindi al ricorrente, in subiecta materia, nel proporre presso il Tribunale (unico ufficio giudiziario davanti al quale è ammissibile il procedimento di cui agli artt. 702 bis c.p.c., e quindi unica autorità di fronte alla quale può porsi il dubbio sulla specie di procedimento effettivamente incardinato9 un ricorso introduttivo di un procedimento sommario di cognizione, che abbia per oggetto i compensi di un avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile, precisare quale dei due mezzi alternativi di tutela (art. 702 bis c.p.c. o artt. 3 e 14 d.lg. 1.9.2011, n. 1509 intenda esperire.
In mancanza di espressa indicazione, il giudice di merito, nell’esercizio del suo potere di interpretazione e qualificazione giuridica della domanda, potrebbe eventualmente desumere quale sia stata la scelta del ricorrente dall’indicazione specifica della composizione collegiale o monocratica del Tribunale, piuttosto che dall’illustrazione di causa petendi e petitum della domanda (di regola sostanzialmente coincidenti nei due procedimenti e quindi non selettive del rito); dovendo comunque concludere, in mancanza di specificazione esplicita o implicita del ricorrente, per la qualificazione del ricorso come procedimento ex art. 702 bis c.p.c., in quanto strumento di tutela che costituisce (nelle controversie assegnate alla decisione del Tribunale in composizione monocratica) la generale alternativa al rito di cognizione.
Ancora preliminarmente, la domanda riconvenzionale del convenuto è inammissibile, come eccepito dalle controparti, per essersi costituito tardivamente il convenuto.
Infatti, pare convenuta si è costituita in data 4.3.2013, ovvero 9 gg. prima della fissata udienza del 13.3.2013.
I ricorrenti hanno eccepito che il convenuto si è costituito in ritardo rispetto al termine di cui all’art. 702 bis, 3°. C.p.c., secondo il quale il Giudice assegna “il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza”
Va premesso che il dato testuale normativo è tutt’altro che univoco, non essendo chiaro se tra la data di costituzione del convenuto e l’udienza fissata devono intercorrere almeno dieci giorni, o non più di dieci giorni.
La risposta dovrebbe dedursi dalla funzione che si assegna al termine, che non è quella di garantire al convenuto un adeguato spazio temporale per predisporre le proprie difese: considerato che il termine minimo legale di comparizione è determinato con riferimento al termine di costituzione del convenuto (ricorso e decreto vanno notificati al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione), la circostanza che il Giudice possa variare quest’ultimo non incide sul primo: il convenuto avrà sempre almeno trenta giorni per predisporre la sua comparsa di risposta.
Il termine di costituzione del convenuto è invece funzionale alla difesa del ricorrente attore, che deve avere adeguato tempo per conoscere le difese del convenuto, prima dell’udienza.
Inoltre, come è stato osservato in dottrina, il decorso di un adeguato lasso di tempo tra la costituzione del convenuto e l’udienza è necessariamente funzionale alla possibilità, per il giudice, di conoscere e studiare adeguatamente gli atti di costituzione di ambedue le parti, attività essenziale rispetto ad un procedimento che il legislatore ipotizza a concludersi, con la decisione, anche nella medesima prima udienza.
Pertanto, anche alla fine di consentire al giudice di modulare adeguatamente il termine in questione, rispetto alle esigenze della singola causa e del suo ruolo, sembra preferibile la lettura secondo la quale devono intercorrere almeno dieci giorni tra la data di costituzione del convenuto e l’udienza e che il termine sia in ipotesi ampliabile discrezionalmente solo nel senso dell’ulteriore anticipazione della costituzione rispetto alla data d’udienza.
Nel caso in specie, con il decreto monocratico del 26.11.2012, è stato appunto assegnato alla parte convenuta il termine “di dieci giorni prima della data fissata per l’udienza” per costituirsi.
Il convenuto, costituendosi in data 4.3.2013, ovvero 9 gg, prima della fissata udienza del 13.3.2013, non ha quindi rispettato il termine assegnatogli dalla legge e dal decreto del Giudice.
Non rileva, ai fini della verifica della tempestività della costituzione, che il termine scadesse in data festiva, ovvero domenica 3.3.2013.
Infatti, l’art. 155, 4°, c.p.c., diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in giorno festivo, opera con esclusivo riguardo ai termini cosiddetti a decorrenza successiva, e non anche per quelli che si computano “ a ritrorso”, con l’assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, in quanto, altrimenti, si produrrebbe l’effetto contrario di un’ abbreviazione di quell’intervallo, in pregiudizio delle esigenze garantite con la previsione del medesimo (Cass., Sez. 1, sentenza n. 19041 del 12/12/2003, ex plurimis. Nello stesso senso, sulla scadenza di termini a ritroso il sabato: cass. Sez. L, sentenza n. 11163 del 07/05/2008).
Come eccepito dai ricorrenti, la conseguenza rilevante, nel caso di specie, della tardiva costituzione della parte convenuta è la decadenza della stessa parte dalla facoltà di proporre nei loro confronti la domanda di condanna al risarcimento dei danni.
Nel merito, le domande dei ricorrenti vanno parzialmente accolte, in quanto:
Le spese del giudizio:
seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, applicando il D.M. n°140/2012, considerati il valore, la natura e la complessità della controversia ed il numero, l’importanza e la complessità delle questioni trattate.
Non avendo il d.m. 20.7.2012 n. 140 previsto parametri specifici per il rito sommario di cognizione, in forza dell’art. 7 della stessa fonte i compensi del difensore, in sede di liquidazione giudiziale delle spese a carico del soccombente, vanno liquidati applicando, in via analogica, i medesimi parametri dettati per l’attività giudiziale espletata nel rito ordinario di cognizione, tenendo però conto, nella concreta determinazione e valutazione dell’attività espletata:
P.Q.M.
IL TRIBUNALE DI ROMA, IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA, DEFINITIVAMENTE PRONUNCIANDO, OGNI ALTRA ISTANZA, DOMANDA ED ECCEZIONE DISATTESA, COSI’ DECIDE:
Provvisoria esecutività come per legge.
Roma, 25.3.2013.
Minuta depositata il 3.4.2013.
IL GIUDICE
Dott. Michele Cataldi
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