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Danila Tozzi Correva l’anno… Iniziavano così i racconti di una volta dove i protagonisti che rappresentavano sempre uno il Bene e l’altro il Male si fronteggiavano senza esclusioni di colpi per terminare con il solito scontato, seppur rassicurante, finale della vittoria del buono sul cattivo. Correva l’anno… 1992 e un pool di magistrati di Milano diede vita a “Tangentopoli”, una delle più vaste operazioni di “bonifica” da una corruzione in cui era precipitato il Paese per collusione tra partiti e imprenditori che portò alla decapitazione di una intera classe politica e la fine della cosiddetta Prima Repubblica. Furono eliminati per via giudiziaria i partiti legittimati a governare e resero legittimi i partiti non legittimati a farlo. (In quell’occasione furono indagati 3.200 persone, venne chiesto il rinvio a giudizio per 2.575 processati, e ottenuto 577 condanne di cui 153 con sentenza passata in giudicato). Esiste dunque un problema “giustizia”? La risposta è: sì. Correva l’anno… 2000 e si parlava di riformare la “giustizia” perché il suo carico di questioni irrisolte, da lunghi e svariati anni, pesava e pesa come un macigno sulla vita politica, economica e sociale dell’Italia. Perché se è vero che tra gli elementi costitutivi di un tessuto civico e di uno stare insieme in modo corretto ci sia la precisa amministrazione della giustizia allora il nostro Paese corre un serio pericolo, constatato che proprio il diritto è il punto fondamentale intorno a cui ruotano le scelte di chi governa e le reazioni di chi è governato.

Correva l’anno… 2002 e il passaggio epocale con la crisi del vecchio sistema dei partiti, ha riaperto forzatamente il dibattito sulle scelte politiche da effettuare nell’ambito di inevitabili riforme politiche, sociali ed economiche. E dove la voce giustizia appare sempre più importante. Perché una domanda sorge spontanea: cioè in che modo essa possa incidere nel rapporto tra le garanzie offerte dallo Stato e la possibilità di un maggior sviluppo degli individui e della intera comunità.

Tanto più che oggi la sempre più crescente espansione della conoscenza tecnologica e scientifica “costringe” a dare risposte all’opinione pubblica su tali temi anche dal punto di vista dei diritti, dei doveri e della loro tutela. Correva l’anno… 2007 e sulla giustizia è andato avanti il dibattito tra la confusione e l’incertezza generali anche e soprattutto per un inestricabile groviglio di norme e iter di applicazione che hanno generato quando non solo con-fusione di competenze una pericolosa sovrapposizione di cariche, incarichi allontanando così la possibilità di accertare eventuali responsabilità personali e indicare i motivi delle lungaggini dei processi e le alterazioni dell’intero sistema giudiziario. E proprio su questi temi si accendono infuocati dibattiti politici su cui si sta giocando anche il destino dell’attuale maggioranza in Parlamento.

Tutto ciò ha comportato la difficoltà del singolo cittadino a orientarsi in questo bailamme di proposte e situazioni senza riuscire appunto a formarsi una sua equilibrata opinione in cui poter attribuire, ai vari protagonisti in qualche misura coinvolti nella questione giustizia, colpe e responsabilità. D’altronde chiunque non può non notare come la durata media dei processi in Italia abbia tempi biblici e la possibilità di veder risolti contenziosi e storie a carattere anche penale in tempi relativamente brevi sia tuttora un’utopia. Certo si potrebbe obiettare che come tutti i sistemi non perfetti ma perfettibili ancora molto c’è da fare ma è imperdonabile che uno stratificarsi di circostanze e condizioni possano arrivare a danneggiare, in modo anche serio, il cittadino. Determinando oltretutto un maggior divario tra il potere giudiziario e la popolazione e una più diffusa sfiducia nel suo operato. A questo punto quindi si pone improcrastinabile una vera e “sana” riforma in cui siano compresi anche i diversi pareri e posizioni ma indispensabile per far riacquistare quel senso di sicurezza troppo spesso dimenticato nella pastoia di litigi e controversie. Bisogna aggiungere che va riconosciuto il ruolo determinante che riveste la magistratura, nella lotta al crimine, sia individuale sia organizzato, e in alcuni episodi di malcostume politico.

E’ vero che pur esistendo meritevoli azioni sopravvivono però troppi nodi ancora irrisolti e il sopraggiungere di nuovi potrebbero compromettere l’ossatura dell’intero sistema giurisdizionale finora formato. Correva l’anno…2010 e tutto è rimasto come prima…Perché si sa le favole sono roba per bambini e non sempre il male vince sul bene. La partita sul piano politico infatti è ancora aperta e il finale tutto da scrivere.

 

Danila Tozzi