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Tra riforma e controriforma

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOCon la riforma dell'Avvocatura del governo Monti sembrava vi fosse stata una piccola vera rivoluzione: il mondo forense entrava finalmente nell'università. Dopo tanti anni di proclami su come i novelli giuristi, dopo aver dato l'anima sui libri, fossero sostanzialmente impreparati ad affrontare le sfide del mondo forense, la riforma aveva previsto che il praticantato potesse iniziare già durante gli ultimi 6 mesi di università e l'aveva ridotto a 18 mesi dai 2 anni precedentemente previsti. In Italia però per un passo in avanti se ne fanno sempre due indietro; così ad una riforma compiuta segue sempre una controriforma. Chi ha buona memoria ricorderà che a fine 2012 il governo Monti, di fatto senza più maggioranza parlamentare, diede parere contrario alla controriforma dell'avvocatura (la riforma era stata già fatta ad inizio anno). La legge però passò ad ampia maggioranza, segno forse di un consenso generale dei partiti almeno nel contrastare il governo. Il tirocinio dunque rimane di 18 mesi, ma la sua anticipazione per i laureandi decorrerà dal 2015 e sarà subordinata ad una convenzione tra Conferenza nazionale dei presidi di Giurisprudenza e il Consiglio Nazionale Forense e ad accordi applicativi in sede locale. L'entusiasmo generalmente scarso dell'avvocatura però fa prevedere che tali accordi non giungano presto e, in definitiva, che vi non sarà un'applicazione celere. Inoltre la medesima riforma pone dei dubbi sul ruolo che dovranno assumere le scuole di formazione, data l'ambiguità del testo normativo. Infatti, se al 9° comma dell'art. 41 la legge recita "[...] il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali [...] è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno", il successivo art. 43 prevede che "il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge". Dunque si pone il dubbio se tale pratica sia aggiuntiva ed obbligatoria o, come è stato finora, alternativa alla pratica presso gli studi legali. Vogliamo qui ricordare come la mancanza del nostro sistema non sia tanto nella preparazione teorica dei giuristi, quanto in quella pratica: ad esempio negli Stati Uniti, dove gli avvocati sono considerati e remunerati molto più che in Italia, l'università dura solo 3 anni ed ha un profilo assai più pratico. In tal senso una scuola per le professioni legali non potrà mai avere la stessa concretezza della pratica forense. In tale confusione il Direttore della nostra testata nonché presidente dell'associazione Insieme Consumatori ha scritto ai rettori delle quattro maggiori università romane (Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre, LUISS) per chiedere chiarimenti sulle convenzioni per il tirocinio universitario. Infatti, anche se il tirocinio ante lauream non dovesse essere calcolato come praticantato professionale, lo stesso potrebbe essere concluso sin d'ora in previsione del 2015 o comunque considerato nella formazione dello studente universitario quali crediti formativi universitari (CFU). A tali sollecitazioni, purtroppo, non ha fatto seguito alcuna risposta. Per ogni nuova legge si pongono puntualmente problemi interpretativi. La nuova normativa del tirocinio e dell'esame forensi per ora si è limitata a riscrivere con altre parole la sostanza della legge previgente, cambiando solo periodo di tirocinio. Tutto sommato, forse era meglio un buon nulla di fatto.

Massimo Reboa