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Trasporti di animali, viaggia l’inciviltà

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Il peggiore traffico di animali avviene alla luce del sole: non si tratta infatti di quello ben più noto e clandestino di animali esotici, ma del trasporto di bestiame dai luoghi di allevamento a quelli di macellazione. Il nostro Paese è purtroppo profondamente coinvolto da questo fenomeno per la sua posizione geografica.

Infatti i trasporti avvengo lungo tragitti internazionali di cui molti porti italiani, di collegamento verso le altre sponde del mediterraneo, sono snodi principali.

Gli animali, esseri senzienti, possono percorrere anche 2.500 KM su strada o effettuare viaggi di quattro giorni, compressi e senza cibo, acqua, cure, spesso senza scendere dai mezzi di trasporto.

Molti muoiono ed infatti si sono verificati casi eclatanti come quello di Bari, pochi anni fa, quando furono trovati 115 bestiole morte su due camion parcheggiati nel porto in piena estate.

Il problema principale è che questi traffici avvengono sostanzialmente in clima di tolleranza: anche quando la normativa, italiana o comunitaria, viene applicata con precisione, i vincoli per i trasportatori e le aziende coinvolte sono così blandi che il traffico non viene sostanzialmente interrotto.

Si ribalta dunque una situazione che si verifica frequentemente, per la quale le leggi sono buone ma non vengono applicate. Stavolta è diverso. Per garantire una reale difesa dei diritti degli animali servono nuovo normative, nuovi obblighi, nuovi limiti.

Gli animalisti chiedono proprio un nuovo quadro legislativo che permetta di sancire sostanzialmente la fine di questi viaggi della morte, prevedendo il rafforzamento dei servizi veterinari alle frontiere e dei controlli lungo le strade.

La vera svolta può avvenire imponendo a livello internazionale, per esempio tramite convenzioni, il principio per il quale il bestiame va macellato nel luogo di allevamento, cioè prima del trasporto, e non in quello di consumo.